PAPERONI D’ITALIA / L’IRESISTIBILE SCALATA DEL RE DEI FARMACI, STEFANO PESSINA

E’ balzato dal settimo al secondo posto nella hit dei Paperoni d’Italia, la speciale classifica stilata annualmente da Milano Finanza sui più ricchi della Borsa. Un nome sconosciuto ai più, quello di Stefano Pessina, il re della distribuzione farmaceutica, che vanta partecipazioni da 18 miliardi di euro. Davanti a lui, e alle sue spalle, nomi ben più noti alle cronache finanziarie e non solo.

Guida incontrastato la graduatoria, ormai da anni, il patròn di Luxottica, Leonardo del Vecchio, dall’alto dei suoi 24,1 miliardi di euro. Superdistanziati al terzo posto – e più che raddoppiati da Pessina – i fratelli Benetton, con 8,8 miliardi. Segue la coppia Miuccia Prada-Patrizio Bertelli con 8,5; appaiati ((8,4) altri due fratelli, Gianfelice (storicamente in pole position per il vertice di Confindustria) e Paolo Rocca; poi un altro tandem, Agnelli-Nasi, a quota 5,8. Fa un passo in avanti anche Silvio Berlusconi, che si attesta all’ottavo posto, e con un carniere di partecipazioni che passa da 3 a 4,5 miliardi.

Un cognome che va per la maggiore ed evidentemente porta fortuna, Pessina, visto che il costruttore milanese Massimo Pessina viaggia sempre più con il vento in poppa e da un paio di mesi ha anche messo la ciliegina sulla torta del suo impero mattonaro: l’Unità, in sella alla Piesse con il fedelissimo super manager della sua Pessina costruzioni, Guido Stefanelli.

Ma quale sarà mai il segreto di Pessina due, il noto (anzi ignoto) alle cronache ma al secondo posto nella magnifica lista dei miliardari del nostro Paese? Una magica fusione, iniziata tre anni fa e portata a termine nel 2014: protagonisti del matrimonio il gigante dei drugstore statunitensi Walgreens e la Alliance Boots di Pessina, una sorta di fratellino minore italiano già in forte espansione europea e non solo.

Ecco qualche cifra sui due sposi. Sede a Chicago, colosso mondiale delle farmacie, Walgreens può contare su 11 mila punti vendita e 370 centri di distribuzione sparsi in 20 paesi. Ogni giorno ben 8 milioni di americani entrano in uno degli oltre 8000 drugstore sparsi capillarmente in tutti gli States e le vendite per il 2014 hanno toccato la stratosferica quota di 74 miliardi di dollari. Non è finita, perchè Walgreens gestisce ben 400 Healthcare Clinic e ambulatori, anche in questo caso disseminati negli Usa. Nei progetti aziendali c’era lo spostamento della sede legale in un paese dalla fiscalità più favorevole (ad esempio la Svizzera) ma il progetto è stato poi accantonato, per non “irritare” Obama & C. L’industria farmaceutica (non solo produzione, evidentemente, ma anche distribuzione) storicamente negli Usa è il principale finanziatore delle campagne presidenziali, sia in campo democratico che repubblicano: miliardi a destra e a manca, senza grosse differenze quantitative, stesso copione del resto seguito dall’industria petrolifera e da quella delle armi.

Forti anche i numeri in casa Pessina. 120 addetti per le truppe di Alliance Boots (sede legale a Lugano), che può contare su 340 centri di distribuzione e 450 punti vendita. Ogni anno vende 4,3 miliardi di confezioni, tra farmaci e prodotti nel settore “beauty”, fornendo la bellezza di 170 mila farmacie. Parte a Napoli l’inarrestabile scalata di Stefano Pessina, che da alcuni piccoli depositi di prodotti farmaceutici acquartierati sulla collina di Posillipo, va un po’ alla volta alla conquista dei mercati europei, unendo le proprie forze (Alleanza farmaceutica) a quelli di una rampante farmacista monegasca, Ornella Barra e la sua Di Pharma. Prima tappa la Francia, dove viene partorita Alliance Santè, poi è la volta dell’Inghilterra, con Alliance Unichem. Non basta, è quindi il tempo di volare alto, con lo sbarco in Russia e poi in Cina (qui la partnership col potente grossista Nanjing Pharmaceutical). E’ del 2007, comunque, l’acquisto di Alliance Boots, un affare da 22 miliardi di dollari, secondo gli esperti “la più grossa operazione di leveraged buyout in Europa”: tecnicamente, quando si acquista qualcosa senza soldi propri, ma con l’esclusivo intervento di banche, finanziarie o simili. In questo caso la dea bendata, per Pessina e Barra, si chiama KKR, una società di private equity. Poi seguirà la maxi operazione Walgreens, con un primo passaggio di azioni Alliance Boots nel 2012 (il 45 per cento), e poi un anno fa il restante 55 per cento.

Ora sul ponte di comando, in qualità di presidente e amministratore delegato, siede il numero uno di Walgreens, Greg Wasson, suoi vice Pessina e l’immancabile Barra (un bel salto rispetto alle prime farmacie di Lavagna, in Liguria).

A settembre 1992 la Voce “scoprì” l’astro nascente – e del tutto ignorato dai media – di Pessina, in una cover story dal titolo “Pillole d’oro”, che allora da Posillipo cominciava i suoi sbarchi europei alla conquista delle prime fette di mercato francese e portoghese. E ricostruivamo gli esordi di quell’impero, partiti dalla Sicilia, con gli amici Zappalà di Catania. Una dinasty, quella siciliana, che si occupava di farmaci come diversificazione rispetto ai tradizionali affari di famiglia: ossia mattoni, calcestruzzo, compravendite immobiliari, agricoltura, società finanziarie, un impero da una ventina di agguerrite sigle. Altri grandi amici i napoletani Prototipo e Cozzolino (questi ultimi titolari di svariate farmacie cittadine).

Così rievocava il suo decollo Pessina in un’intervista alla rivista specializzata “Tema Farmacia”: “lavorando alla ristrutturazione dell’azienda di mio padre mi resi conto che quel tipo di lavoro era piuttosto semplice, facile e facilmente duplicabile. Subito dopo i miei amici Zappalà mi hanno offerto di entrare con loro nella Safarm di Catania, un’azienda che era allora terza in Italia nella distribuzione intermedia farmaceutica e che loro, avendola appena rilevata, volevano ristrutturare con la mia collaborazione”.

Uno dei segreti del successo, riscontrò la Voce, era una forte liquidità. Così raccontava Paolo Bertoldi, titolare della Unifarm di Trento: “Occorre un grosso impegno di soldi per sfondare. Le scorte di magazzino, per un’azienda di medie dimensioni, non possono essere mai al di sotto di una ventina di miliardi”. Perfino l’asettico “Tema Farmacia” chiedeva a Pessina di far luce sui misteri del suo successo, domandandogli: “I farmacisti si chiedono spesso dove abbia preso i soldi per creare tutto questo. I più benevoli parlano di crediti agevolati, i più malevoli addirittura di capitali di provenienza illecita. Qualcuno è anche convinto che lei sia un’emanazione di Farmindustria”. E Pessina pronto: “si è molto parlato di questo e si sono dette le più grandi sciocchezze. I capitali che servono sono soprattutto quelli di giro: dobbiamo finanziare le forniture ai clienti e questi per nostra fortuna sono di primissima qualità. Quindi – spiegava ancora – non c’è nessuna difficoltà a smobilizzare, a cedere i crediti vantati nei loro confronti e questo alimenta l’espansione: anzi, più fatturiamo, più disponibilità abbiamo”.

Elementare, Watson, scriveva a settembre 1992 la Voce. Elementare anche adesso, una enorme liquidità grazie alla maxi fusione a stelle e strisce.

 

nella foto, Stefano Pessina

 

PER APPROFONDIRE

leggi l’inchiesta della Voce di settembre 1992

inchiesta Pessina-settembre 92

 

 

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