IL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI MADE IN RENZI-NENCINI. 200 COMODI ARTICOLI PER LA TRASPARENZA FUTURA….

Parola, parole, parole, melodiava Mina. E in un mare di parole & promesse sono naufragati, da vent’anni e passa, tutti i progetti e i buoni (sic) propositi in tema di “appalti”, per un minino di controllo e vigilanza. Perchè è proprio dagli appalti facili che germoglia la gigantesca malapianta della corruzione e traggono linfa vitale mafie & camorre sempre più imprenditrici.

Ma ecco il nuovo Verbo che avanza, in sella i puledri di razza della scuderia Renzi. In prima fila, per l’occasione, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, ex margherita, e il suo viceministro Riccardo Nencini, ex garofano e segretario del nuovo Psi renzizzato, nonché vero padre della grande Riforma che porterà Trasparenza nella secolare giungla di mafie & corruzioni, madre tutte le tangentopoli di turno, dal Mose all’Expo, dal dopoterremoto ’80 alla Salerno-Reggio Calabria, dall’Alta velocità a Mafia Capitale.

Ecco i punti salienti della cura miracolosa, il cui varo è previsto entro i primi di marzo, dovendo superare gli ultimi scogli per la piccola montagna di articoli da approvare, oltre 200 (alla faccia della legge snella). All’orizzonte, infatti, si staglia una data ormai ultimativa, ossia il 18 aprile, dead line per il recepimento della direttiva europea 2014 in materia. E al solito il Belpaese è fanalino di coda.

Suona la fanfara di Repubblica: “Appalti trasparenti con stop a varianti e freni alle lobby”. Sogno o prossima realtà? Dal quotidiano fondato da Scalfari una ventata di ottimismo: “obiettivo dichiarato del provvedimento è quello di dare un taglio a sprechi e corruzione e rilanciare gli investimenti nell’edilizia”. Ma ecco, in presa diretta, le profezie firmate Nencini: “Il nuovo Codice degli Appalti si muove all’interno di una cornice semplificata e fortemente innovativa. Certezze sulla esecuzione delle opere, riduzione delle stazioni appaltanti, sostegno a piccole e medie imprese e al made in Italy. E finalmente avremo la regolamentazione delle lobby e il debat public”. Per la serie, una normativa americanizzata al punto giusto (anche se le potentissime lobby Usa sono “regolamentate” dai tempi di Lincoln), con una toccatina alla francese in materia di “debat public”, in soldoni il parere sempre espresso e regolarmente calpestato delle comunità locali, di associazioni e movimenti.

Ecco i Fiori che germoglieranno dalla Terra – e dalla Riforma – promessa. Tassello base sarà uno stretto rapporto con l’Anac, l’autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, che brevetterà una sorta di bollino verde per le amministrazioni “virtuose” e varerà un “rating” per le imprese che gareggiano nei bandi, ai quali sovrintenderanno dei “commissari” che dovranno iscriversi ad un albo ad hoc.

Passiamo ai nodi. Ossia agli ultraventennali bubboni che hanno storicamente consentito il via libera ai saccheggi delle casse pubblica ad opera di mafiosi, camorristi & imprese colluse (anche e soprattutto con i politici di riferimento), le cosiddette “portappalti”. Sfogliamo il libro delle Promesse firmato Nencini: “La possibilità di introdurre varianti ai progetti originari – descrive la speranzosa Repubblica – sarà ammessa solo in un pugno di casi elencati dal Codice”. Un pugno? Boh. “Finirà in soffitta – viene aggiunto – anche la pratica che prevedeva di assegnare le gare al massimo ribasso: ora l’opera sarà assegnata in base all’offerta più vantaggiosa, tenendo sempre conto dei prezzi, quindi, ma anche degli standard di qualità”. Soffitte o cantinole a parte, è prevista anche la “digitalizzazione delle imprese” e la tanto celebrata regolamentazione delle lobby: amministrazioni ed enti aggiudicanti – viene proclamato – dovranno pubblicare tutti i contributi ricevuti da “portatori di interesse”, sempre in tema di “lavori pubblici, forniture e servizi, sia in fase di programmazione che nelle fasi di progettazione ed esecuzione”.

Nota un medio imprenditore uscito dal mercato delle vacche in tema di appalti pubblici qualche anno fa: “è uno dei cancri più grossi, mai estirpati, e volutamente, dalla nostra politica alla quale ha fatto comodo regolare i suoi interessi con le imprese di riferimenti, spesso e volentieri sedendosi a tavola con i mafiosi di turno, per movimento terra, calcestruzzo, subappalti e via di questo passo. Adesso si scopre l’acqua calda, cose che si dicono da vent’anni e passa sulle varianti facili, le revisioni prezzi, le sorprese geologiche, caso mai i certificati antimafia che non sono serviti mai a nulla. La vera questione non è fare 200 articoli che solo sulla carta stringono le maglie degli appalti e portano trasparenza. Ma la reale volontà politica di combattere mafie e corruzioni. E a me pare che tale volontà continui ad essere solo e unicamente virtuale. Alla faccia del libero mercato”.

 

Nella foto Riccardo Nencini e Matteo Renzi

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