STRAGE DEL SANGUE INFETTO / LE ACCUSE DELL’EX MINISTRO GARAVAGLIA

“Ho cercato di portare ordine in una situazione del tutto caotica, allo sfascio. Ho cercato di avere rapporti e interlocuzioni con tutte le direzioni generali. Ma la direzione del farmaco che faceva capo a Duilio Poggiolini era autoritaria e discrezionale”.

Parole taglienti, quelle pronunciate al processo di Napoli per la strage del sangue infetto dall’ex titolare della Sanità da aprile 1993 a maggio 1994 Mariapia Garavaglia. Una vita nel mondo sanitario, prima come parlamentare Dc, poi per anni sottosegretario con Carlo Donat Cattin e Franco De Lorenzo, quindi ministro per un anno.

Dalla sua verbalizzazione esce il quadro di vere guerre per bande tra le industrie farmaceutiche che cercavano di accaparrarsi fette del mercato, spesso e volentieri sulla pelle dei cittadini.

Ma ecco i passaggi salienti della sua verbalizzazione.

La situazione che ho trovato al ministero appena mi sono insediata era molto preoccupante. Mi riferisco alla direzione farmaceutica. Documenti accatastati e ammassati nei corridoi, addirittura alcuni che contevano segreti industriali”.

Una delle cose più gravi era che per le riunioni che venivano svolte non c’era mai alcun ordine del giorno. E’ stata una delle lamentele che ho sentito più spesso levarsi da parte degli esperti, non sapere cosa sarebbe stato affrontato nella riunione, e quindi non potersi prepare in modo adeguato, carte alla mano. Ho cercato subito di cambiare andazzo”.

Protocolli? Beh i documenti in entrata e in uscita per forza dovevano essere protocollati. Ma il caos era di altro tipo”.

Ad esempio i prontuari. Procedure vecchie, farraginose. Ho cercato di semplificare, pur trovandoci in un periodo di ristrettezze finanziarie. Il tetto massino per la spesa sanitaria era stabilito in 10 mila miliardi di lire e ricordo che quell’anno arrivammo a 9 mila e 800”.

Ricordo che tagliammo molti farmaci inutili, ripetitivi e in alcuni casi anche dannosi”.

Tra i casi di farmaci dannosi fu eclatante quello del Kronassial, che oltre tutto consentì un risparmio da 700 miliardi, non bazzecole”.

Avevo rapporti regolari con tutte le direzioni, c’era una riunione fissa tutti i martedì per fare il punto della situazione. Ma rammeto che spesso convocavo singole direzioni, per questo o quel problema. Ricorderete certo che in quei periodi eravamo spesso sulle prime pagine dei giornali”.

La direzione di Poggioini era da un lato autorevole, perchè il personaggio aveva un suo prestigio nazionale e anche all’estero. Ma a mio avviso anche autoritaria e discrezionale. Quella direzione, come del resto le altre, erano del tutto autonome nelle loro scelte, il rapporto con loro non era di tipo politico ma unicamente amministrativo”.

Nella primavera del 1993, quindi a poco dal mio insediamento, ci fu il primo avviso di garanzia per Poggiolini, del quale poi io in autunno chiesi e ottenni le dimissioni. Subentrò Costa e le cose sono migliorate, ripeto sotto il profilo gestionale”.

Ricordo che all’epoca c’era un forte carenza di emoglobina. Feci una riunione con tutti i produttori e minacciai che se non avessero garantito un approvvigionamento significativo avrei dato il via alle importazioni. Per fortuna risposero in modo positivo”.

Per quanto riguarda la produzione di emoderivati preciso che occorreva una autorizzazione di base per le industrie, nel senso che a monte veniva effettuato un controllo molto rigido circa le capacità organizzativve, scientifiche, produttive e quant’altro per quell’azienda. Fatto ciò, dato cioè questa sorta di disco verde per la produzione, gli altri controlli riguardavano il prodotto finale, quindi il farmaco che stava per essere messo in commercio”.

Non eravamo tenuti a controllare, nel caso degli emoderivati, che tipo di plasma o sangue veniva utilizzato, dal momento che il controllo, come detto, avveviva a monte per certificare che quell’azienda fosse idonea alla lavorazione e produzione e poi sul singolo farmaco finale”.

Quindi, se poi alla fine del giro quel plasma o quel sangue veniva dal Congo Belga o dalle carceri dell’Arkansas non era un problema. Perchè il “pacco” arrivava bello che confezionato.

Nell’udienza del 5 giugno gli esperti incaricati dal tribunale dovranno consegnare l’esito della perizia, volta a verificare il nesso causale tra l’assunzione dell’emoderivato (o degli emoderivati) killer e l’insorgenza della patologia, spesso e volentieri mortale.

Quindi il 19 giungo ci sarà un’udienza clou, con la presenza di due testi americani: uno scienziato e un regista, Kelly Duda, il quale in uno choccante docufilm –  “Fattore VIII” – ha dettagliato storia & percorsi di quel sangue assassino, che proveniva senza alcun controllo anche dalla carceri a stelle e strisce.

Il primo teste arrivato a Napoli a testimoniare in questo processo, il super ematologo Piermannuccio Mannucci, candido come un giglio ha avuto il coraggio di verbalizzare: “Mi dicevano che quel sangue era testato, sicuro. Proveniva dalla massaie americane e dagli studenti dei campus universitari”.

Ne vedremo e, soprattutto, ascolteremo delle belle.

 

Nella foto Mariapia Garavaglia

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