Il magnate umanitario mangia-paesi, George Soros, è sempre in agguato. Un pescecane che come pochi annusa il sangue della sua preda lontano un miglio.
Ora capita con Hong Kong, alle prese con i subbugli e una pesantissima instabilità. Perché non profittarne adesso, che la pentola è in ebollizione?
Il segnale fa capolino nientemeno che dalle pagine del Wall Street Journal, in cui giorni fa è stato pubblicato un suo editoriale, nel quale viene dichiarato senza mezzi termini che il nemico suo e del mondo è oggi la Cina. E che il suo interesse a sconfiggere i cinesi “va oltre gli interessi nazionali statunitensi”. Più chiari di così.
E a quanto pare le prime mosse sullo scacchiere sono già in atto. Secondo alcuni analisti finanziari, infatti, si sarebbero verificate negli ultimi giorni grosse vendite allo scoperto di titoli di Hong Kong. Ottime e abbondanti per contribuire ad aggravare la crisi. A vendere, ovviamente, sigle e società dell’arcipelago griffato Soros.
Già più di vent’anni fa, nel 1997, si verificò uno scenario simile: crisi ad Hong Kong, manovre speculative messe in campo dal magnate di origini ungheresi. Ma la situazione, alla fine, non precipitò, per gli interventi del governo cinese che riuscì a piazzare costose toppe sulla falla.
E analogo il copione ad inizio anni ’90. La bolla scoppia in Inghilterra, dove l’assalto di Soros mette l’economia britannica in ginocchio.
Ma pesantissime le conseguenze anche in Italia, con il premier di allora, Giuliano Amato, costretto ad una manovra lacrime e sangue.
Ora il pescecane torna a nuotare nei mari cinesi.
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