SBLOCCA CANTIERI / ECCO IL “CODICE” PRO FACCENDIERI E MAFIOSI

Sblocca cantieri, mafie & corrotti ringraziano. Non poteva combinar di peggio la controriforma sul codice degli appalti che per due anni praticamente fa piazza pulita di quegli ostacoli che ancora – pur flebilmente – arginavano le possenti infiltrazioni della malavita organizzata nel mondo degli appalti e nelle vastissime praterie dei subappalti.

Forse solo un aperitivo per il ministro degli Interni Matteo Salvini, lo Sceriffo che in questa occasione veste i panni del maggiordomo per spalancare porte e portoni ai clan in cerca di commesse milionarie. Con un Luigi Di Maio ottimo vice maggiordomo, per dare una verniciata di trasparenza all’opacità più totale.

La reale volontà del titolare del Viminale, infatti, era quella di abbattere quello scomodo e inutile codice, senza se e senza ma. Un codice che – ha più volte sottolineato il presidente dell’Anac Raffaele Cantone – non andrebbe proprio toccato, semmai migliorato.

Raffaele Cantone. In alto i vicepremier Luigi Di Maio e, a destra, Matteo Salvini

Non si tratta certo di normative, quelle fino a ieri vigenti, capaci di escludere le mafie, ma quantomeno di contenerne la diffusione in modo definitivamente cancerogeno. Come tutti sanno, infatti, le maglie non sono ben fitte, tanto che spesso e volentieri le sigle partorite dal sempre florido ventre mafioso si aggiudicano subappalti in tutte le regioni italiane, come ha appena dimostrato il clamoroso esempio dei lavori per il ponte Morando a Genova, che prima ancora di cominciare già vedono in pole position un paio di sigle riconducibili ai clan di camorra.

 

COME TI AMMAZZO LA LEGALITA’

Ma vediamo, in rapida carrellata, tutti i peggioramenti previsti dalla nuova non-normativa, che azzera quei pochi ostacoli fino ad oggi posti sulla marcia trionfale di camorra, ‘ndrangheta e mafia lungo la via di appalti e subappalti per milioni di euro.

Giravano voci negli ambienti ministeriali: “Verranno toccati tre quattro punti base ma vedrete che la soglia dei subappalti non verrà modificata”.

Detto fatto, quella soglia è stata modificata eccome, passando da quota 30 ad un molto più comodo (per le imprese mafiose) 40 per cento. Alla faccia dell’economia in difficoltà, delle nostre aziende in crisi: cosa ti combino invece? Alzo la soglia dei subappalti facili al 40 per cento, tanto per favorire quelle in forte odore di malavita organizzata. Una boccata di ossigeno – se ce n’era bisogno – per clan & cosche!

Osservano non pochi addetti ai lavori: “Già oggi quel 30 per cento è una manna, figurarsi il 40, quando il certificato antimafia certo non basta per garantire la verginità delle imprese. Sarebbe invece stato opportuno mantenere o abbassare quella quota, ma soprattutto fare in modo che i controlli siano approfonditi, reali, concreti e non all’acqua di rose, come neanche un detective di primo pelo. Oggi le mafie se la ridono e stappano lo champagne”.

Siamo solo alle prime battute.

 

RIBASSI, REVISIONI E VARIANTI: UNA CUCCAGNA!

Ricordate la tecnica del “ribasso”, una delle chiavi più adatte per aprire la serratura di tantissimi appalti fin dagli anni del dopo terremoto e seguita fedelmente dalle imprese degli “amici” e quelle mafiose per aggiudicarsi commesse con enorme disinvoltura?

La base è 100, io lo faccio per 60 e vinco. Poi strada facendo apporto le solite “varianti in corso d’opera” perché trovo le “sorprese geologiche” e quindi vanno adottate tutte le “revisioni prezzi” del caso.

Un armamentario ben consolidato, un ‘sistema’ oliato a perfezione.

Così ti fanno adesso lorsignori? Invece di eliminare quel sistema perverso, invece quanto meno di pensare a dei controlli ferrei, lo incentivo, stendo tappeti rossi, apro la porta e dico ‘benvenuti’. Sì, perché adesso il ribasso-lasciapassare per faccendieri e mafiosi è ammesso per appalti fino a 2 milioni di euro.

Il ponte crollato a Genova

E chissenefrega, poi, della qualità dei lavori, delle opere scadenti consegnate che caso mai fanno già schifo dopo un anno. Come accadde 35 anni fa con il villaggio monstre di Monteruscello, la Pozzuoli bis messa su in fretta e furia sotto la spinta di un bradisima taroccato: case costruite con materiali che peggiori non si poteva, già in fase di crollo – senza alcuna scossa sismica – dopo pochi mesi, pareti e colonne che venivano giù come neanche nei primi kolossal di Maciste.

Siamo solo all’inizio, perché le ‘sviste’ ben viste della normativa ammazza regole continuano ancora.

C’è infatti tutto il capitolo degli “Albi”. Fino ad oggi le stazioni appaltanti dovevano selezionare i commissari di gara all’interno di un Albo redatto dall’Anac, ossia l’Autorità Anticorruzione: quindi un minimo di garanzia sulla trasparenza nella scelta dei commissari stessi.

Oggi invece che succede? Le stazioni appaltanti hanno totale libertà di scelta: per la serie, mi scelgo il commissario che voglio, caso mai un ingegnere amico, e via da un conflitto d’interessi all’altro. Normale? E’ fisiologico nel mondo delle imprese e degli appalti? Dice: per sburocratizzare. E allora consegniamoci armi e bagagli in mano a corruttori e mafiosi, senza perdere altro tempo.

Osserva un tecnico: “A questo punto torna a pieno regime il film già tante volte visto degli appalti cuciti su misura addosso a questa o a quella impresa, stavolta vinco io, domani vinci tu. Alla faccia del mercato, della libertà d’impresa. Più soffocati di così non si può”.

 

COME MI AFFIDO & MI CONTROLLO

Ed eccoci alla ‘variante’ studiata su misura. Si tratta del cosiddetto “appalto integrato”, ottimo, ingegnoso marchingegno per delegare tutto all’impresa, senza più alcun controllo. Sul fronte dei lavori pubblici, fino ad oggi spettava alle amministrazioni locali (o comunque statali) il compito di approvare questo o quel progetto esecutivo prima di affidare i lavori alle imprese.

Oggi cambia tutto, e saranno le imprese stesse ad elaborare i loro progetti esecutivi: come dire, tutto in casa.

Quindi posso fare in modo che quei lavori durino quanto più a lungo possibile: alla faccia di tutte le sburocratizzazioni e velocizzazioni in iter, procedure ed esecuzioni.

E chissenefrega se lo stesso Cantone ha più volte rammentato che negli appalti integrati “la commistione tra progetto e opera rischia di incidere sulla qualità dei lavori. E di farci fare molti passi indietro”.

Osservano i fautori della odierna, totale deregulation: “Moltissimi comuni italiani, anche quelli di medie dimensioni, hanno uffici tecnici del tutto insufficienti, lenti, farraginosi. Se ci affidiamo a loro campa cavallo”.

Invece è meglio, più semplice affidare tutto alle imprese: che a questo punto progettano, si auto-controllano, eseguono i lavori, si auto collaudano. E caso mai si auto giudicano o trovano una toga ‘amica’, come ormai è un giochetto da ragazzi con il mercato giudiziario imperante.

Osservano alcuni tecnici: “E’ la solita piaga mai guarita nel settore dei lavori pubblici. Invece di rendere più efficaci i sistemi di controllo per garantire i cittadini sulla qualità delle opere, sull’equità della spesa pubblica e sulla non-infiltrazione mafiosa, si fa esattamente il contrario. Stiamo tornando anni indietro, ci mancano solo le commissioni di colludo dove trent’anni fa e passa pullulavano i magistrati, poi esclusi per il semplice fatto che non era poi possibile aprire un’inchiesta seria su quell’opera, su quell’appalto. Vogliamo tornare anche a quello, con il vento che tira?”.

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