PARMALAT / TUTTE LE ACROBAZIE FRANCESI. E I VECCHI TRUFFATI ?

Ricordate il clamoroso crac Parmalat che esattamente 15 anni fa sconvolse mezzo mondo finanziario e rappresentò forse il primo vero dramma per i risparmiatori che si videro falcidiate le fatiche di una vita?

Bene, da un bel po’ la società ha valicato i confini dopo tutte le traversie giudiziarie che hanno portato – ovviamente – all’arresto del capobanda, Calisto Tanzi. E dopo un lungo interregno guidato in qualità di commissario straordinario da Enrico Bondi, tutto è finito nelle mani della famiglia transalpina dei Besnier, già titolari di Lactalis.

S’è quindi creato un colosso del latte che può contare su impianti e forza lavoro in entrambi i paesi (e non solo) e su capitali in prevalenza transalpini, che tendono ad accentrare naturalmente nelle loro mani il controllo finanziario e gestionale dell’azienda. Che viaggia, guardando a certi numeri, con il vento in poppa: gli stabilimenti, ad esempio, sono passati da 69 a 93, gli addetti da 14 mila a 26 mila (anche se nell’era Tanzi si sforavano le 40 mila unità).

Lo stesso giro d’affari, nonostante tutti problemi, è addirittura cresciuto del 40 per cento – da vero guinness del primati su cui qualche riflettore andrebbe pur acceso – lievitando da 4 miliardi di euro a 6,6 miliardi. Una bella montagna di soldi in cui nuotare…

Marc Bernier

Le cifre, però, si possono leggere in vario modo.  Il neo supermanager Marc Bernier (che mesi fa ha preso il posto di Jean Geurin, da non confondere con i membri della dinasty), nonostante tutte le cifre positive sbandierate, sul versante italiano ne fornisce invece una da brividi: “Le vendite di latte in Italia sono calate del 25 per cento negli ultimi 5-6 anni ma noi abbiamo difeso la nostra leadership senza ristrutturazioni”. Cosa vuol dire, tradotto in termini comprensibili per i comuni mortali?

Che è stata solo un’operazione speculativa quella della dinasty dei Besnier, pronti a scippare un marchio notissimo in tutta Italia e nel mondo per poi promuoverlo principalmente (se non unicamente), all’estero, dando vita ad unità produttive ad esempio in Sud America?

Del resto il Sud America è stato da sempre uno dei pallini di mister Tanzi, che aveva cominciato ad investirvi e aveva già iniziato, a fine anni novanta, a trasferirivi ingenti quantitativi di capitali. Quelli poi mancati all’appello dopo il super crac.

Lontani gli anni felici dell’amicizia con l’inossidabile Ciriaco De Mita, che solo pochi giorni fa ha ufficialmente comunicato di voler dare il suo addio alla vita politica, per dedicarsi solo a studi e interventi accademici. C’era, allora, il latte bianco che fluiva copioso nelle casse Dc, come del resto veniva con grande allegria accolto nelle segreterie degli altri partiti. Latte non olet.

E’ stato un lungo percorso della vita politica italiana. Che la lasciato lungo quello stesso percorso tante famiglie fregate e buggerate per aver investito nel titolo Parmalat i risparmi di una vita e sono state solo parzialmente risarcite.

Dando il via al vero e proprio valzer di super crac bancari che da Siena portano all’Etruria fino al Veneto, per citare solo i bubboni più bollenti. Senza contare i crac sparsi in mezza Italia di finanziarie spuntate dal mattino alla sera come i funghi offrendo tassi da favola: per fare solo due esempi in Campania con il gruppo Socofimm, anch’esso guarda caso di simpatie demitiane, e il gruppo De Asmundis. In quei casi valanghe di risparmiatori rimasti – ancora oggi – molto spesso senza il becco di un quattrino. Ed eravamo a cavallo tra la fine degli anni ’80 e ’90, ancora vacche grasse rispetto alle economie e finanze da fame (per i cittadini) come oggi.

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