TOM BEHAN / UN INGLESE IN LOTTA CONTRO MAFIE & INGIUSTIZIE

Ci manca da otto anni, mezzo irlandese, mezzo inglese, mezzo napoletano, Tom Behan, il vero “intellettuale organico” nel senso più gramsciano, un rosso che più rosso non si può.

Aveva diviso la sua vita a metà, come una vera apple, fifty fifty tra la sua Università del Kent, dove insegnava italianistica, e l’Orientale di Napoli, dove ovviamente la sua materia era letteratura inglese.

Nell’inchiesta di ieri, dedicata alla trentennale penetrazione di mafia, camorra e ‘ndrangheta nelle regioni del centro nord e poi all’estero, abbiamo parlato dei tanti contributi pubblicati dalla Voce negli anni. Last but non lesst, tra i più efficaci proprio perchè realizzati da uno studioso britannico, con la sua grande capacità di analisi storica e sociologica, i contributi di Tom Behan. Scrisse per la Voce inchieste e articoli, lo ospitammo per settimane a casa nostra per studiare le raccolte della Voce, i volumoni che abbiamo cominciato a raccogliere dal 1972 (nella prima edizione fino al 1980) e dal 1984 al 2014, quando poi siamo stati costretti a interrompere le pubblicazioni cartacee.

L’ultimo libro di Tom Behan, che vediamo nella foto in alto

Ma lui se ne è andato nell’estate 2010, quando stava ancora lavorando a quell’ambizioso programma: raccontare dieci storie di forntiera, dieci vite di anticamorra e antimafia militante, dieci vite sacrificate e assai poco note, presto sparite dai radar dell’informazione cloroformizzata e omogeneizzata.

Ecco cosa scrisse la Voce per ricordarlo: “negli ultimi mesi Tom stava lavorando ad un nuovo libro-inchiesta sulle mafie italiane. Voleva raccontare le storie vere di chi aveva pagato con la vita le denunce, l’impegno. Fra l’altro, intendeva raccogliere documenti sull’omicidio di Franco Imposimato, il sindacalista della Face Standard ucciso da una micidiale connection di camorra e Casa nostra per fermare le indagini di suo fratello, il giudice Ferdinando Imposimato, che attraverso i crimini della Banda della Magliana stava per  arrivare a verità roventi”.

Cominciò a scrivere di camorra addirittura del 1996, “The Camorra”, quando aveva iniziato le sue lezooni all’Orientale di Napoli, il mitico Istituto partenopeo in cui hanno insegnato “Letteratura americana” Gordon Poole, uno gli attivisti più impegnati sul fronte del pacifismo (ancora oggi vive a Napoli) e Percy Allum, il primo autore sul sistema di potere della Dc pubblicato in Italia, una pietra – come si suol dire – miliare.

E’ di oltre quindici anni fa (quindi ben prima del celebratissimo “Gomorra”) il “masterpiece” di Tom, “See Naples and die”, nel quale mostrava una perfetta conoscenza dei meccanismi e dei comportamenti della camorra prima targata don Raffaele Cutolo e poi dominata dai sempre più emergenti clan dei Casalesi. Il libro ebbe un tale successo in Inghilterra, che poi venne tradotto anche in Italia, appena rinfrescato e pubblicato da Newton Compon Editori. Cambiava solo il titolo: “Il libro che la camorra non ti farebbe mai leggere – Ritratto di un Paese in ostaggio della criminalità organizzata”.

Un intelligenza e una capacità multiforme, la sua. Aveva scritto di Benito Mussolini e dalla sua “resistibile ascesa al potere”. Fino al giallo di Aldo Moro, con una serie di inediti che al solito la stampa di regime eclissa. Fino all’autodistruzione della sinistra, un tema oggi più che mai attuale: perchè chi lo firmava era un vero uomo e militante di sinistra, duro e puro. Fu uno dei fondatori e animatori del “Socialist Worker”, una testata inizialmente di ispirazione trokskista, che cercava di portare il suo forte contributo creativo ad un radicale cambiamento nelle politiche del Labour Party, sempre più ‘Tatcherizzate’.

Ricordo una sua battuta al vetriolo su Tony Blair, all’epoca il leader incontrastato. Per lui bastava un cambio di vocale per ottenere l’effetto politico: e così BLAIR si trasformava in BLIAR, e la parola Liar significa Bugiardo, per la serie di Bufale (ben ante litteram!) ‘atomiche’ che il premier inglese faceva ingurgitare ai suoi connazionali: a cominciare dalle “armi di distruzione di massa” trovate nell’Iraq di Saddam Hussein. La Fake news del secolo – confezionata via Niger dal premier britannico – che provocò la disastrosa guerra d’aggressione Usa che tutti conosciamo.

Contro tutte le guerre, le fandonie, le ingiustizie. Per una una società civile degna di questo nome. Senza aver il minimo timore di pronunciare la parola Socialismo, quello vero.

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