MORO / DOVEVA MORIRE. MA DOPO 40 ANNI LA SCENEGGIATA CONTINUA

Aldo Moro, a 40 anni da quell’omicidio di Stato.

E’ finita in flop l’ultima commissione parlamentare d’inchiesta sul caso, capitanata dall’ex Dc poi Margherita quindi Pd Giuseppe Fioroni. Che adesso ha anche la faccia tosta di dare il suo contributo all’inutile fiume d’inchiostro versato fino ad oggi. E’ infatti fresco di stampa “Moro – Il caso non è chiuso – La verità non detta”, firmato a quattro mani con la giornalista Maria Antonietta Calabrò per le edizioni Lindau.

Un altro ceffone alla memoria, dopo le litanie delle ultime settimane, inaugurate dalla sequela di ricostruzioni griffate sulla sua ex Repubblica da Ezio Mauro. Il quale ha avuto il coraggio di fare il bis, con il docufilm “Il Condannato – Storia di un sequestro”, contenente tra l’altro “l’incalzante intervista alla brigatista Adriana Faranda”, come si autocelebra nelle invasive pubblicità sui media.

Giuseppe Fioroni. Sopra, Aldo Moro

Peccato che il super storico Mauro non abbia rivolto alla bierre una domanda semplice semplice: come mai il suo compagno di vita e di militanza, Valerio Morucci, era in combutta già allora con i Servizi segreti di casa nostra? Mistero nel mistero.

Torniamo al libro del secolo partorito dal tandem Fioroni-Calabrò. Eccoci alle rivelazioni (sic). Una concerne i 10 miliardi di lire che papa Paolo VI avrebbe messo a disposizione per pagare i bierre, provenienti da un miliardario franco-israeliano, e mai utilizzati.

L’altra riguarda una notizia filtrata un mese prima del sequestro e dell’eccidio di via Fani: l’allarme – secondo gli autori – arrivava da Beirut. In realtà un dettagliato messaggio era pervenuto, appunto un mese prima, ai Servizi di casa nostra via Gladio, circa il fatto che fervevano i preparativi per rapire lo statista scudocrociato.

Tutto il giallo è stato dettagliato e ricostruito per filo e per segno, dieci anni fa esatti, da Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato, autori dell’unico libro che – a tutt’oggi – abbia fatto luce su quella strage e soprattutto sulla regia dell’operazione. “Doveva Morire”, il titolo del volume in cui emerge con estrema chiarezza il ruolo giocato dai Servizi e da pezzi da novanta della Dc di allora, come Francesco Cossiga e Giulio Andreotti.

Con la ciliegina sulla torta dell’inviato speciale della Cia e uomo di Henry Kissinger, al secolo Steve Pieckzenic. Che sbarcò in Italia per coordinare quel Comitato di Crisi guarda caso formato per dieci undicesimi da componenti della P2. E Pieczenick rivelò a Imposimato e a Provvisionato, ed anche al giornalista francese Daniel Amara (autore di un libro-intervista) tutta la trama: Moro ‘doveva morire‘, dava troppo fastidio e quel compromesso storico con l’eurocomunista Enrico Berlinguer non si doveva fare.

Va rammentata un’altra significativa circostanza. In occasione di una delle presentazioni di “Doveva Morire” a Maiori, sulla costiera amalfitana, un anziano signore si avvicinò ad Imposimato per parlargli. E raccontò d’una vicenda che, da sola, illumina la scena. “Facevo parte – disse – di una squadra speciale dei carabinieri che arrivava da Milano. Ci trovammo sotto il covo in cui era prigioniero Moro. Stavamo per farvi irruzione quando, pochi minuti prima, il nostro comandante ricevette l’ordine di rompere le fila e far ritorno in caserma”. Siamo stati (Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola) testimoni di quella rivelazione.

Come mai ci ritroviamo ancora adesso a discutere di auto rosse oppure blu, di indirizzi e covi, di spiate e controspiate, quando il quadro è talmente chiaro e nitido che solo chi non vuol vedere non vede?

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