Allevamenti intensivi – Il potente J’accuse di Limbery

Allevamenti intensivi e zootecnia selvaggia: temi bollenti che non solo gridano vendetta sotto il profilo della violenza più inaudita contro i cosiddetti “animali”, ma stanno costituendo anche la base per la ormai prossima situazione di non ritorno sul versante ambientale, con una sempre più accentuata devastazione dei nostri territori. Non basta, perché anche la nostra salute è in pericolo, per via di una alimentazione del tutto sbagliata.

E’ questa la drammatica analisi di Philip Limbery, il ricercatore britannico autore del volume “Dead Zone”, un potente j’accuse contro gli allevamenti intensivi e l’industria alimentare, solo a caccia di profitti, fregandose di ogni rispetto per “uomini”, “animali” e ambiente.

Il libro di Limbery

Il libro è stato presentato il 19 febbraio al Museo Pan di Napoli, come momento base della quinta edizione dell’“Animal Day Napoli”, che si è caratterizzata anche per l’esposizione “Stopthemachine”, dedicata proprio all’illustrazione, con grandi panelli, delle cifre di un disastro ormai più che annunciato.

“Siamo oramai sull’orlo dell’abisso – sottolinea Limbery – e a questo punto o cerchiamo di attuare una vera e proprio rivoluzione oppure ci dobbiamo rassegnare alla catastrofe”.

“Ho documentato nel mio libro come gli allevamenti industriali siano oggi una enorme calamità e sotto vari profili. Assistiamo inermi ad un massacro di animali, privati della possibilità di pascolare liberamente e invece costretti in gabbie o angusti recinti. Succede per le mucche, i bufali, i polli, le galline. Il perché di tutto questo è nei profitti della grande industria: da quella dei mangimi a quella alimentare fino a quella farmaceutica, proprio perché animali tenuti in cattività si ammalano più facilmente e quindi hanno bisogno di antibiotici”.

“Siamo di fronte ad un autentico paradosso: se gli animali potessero pascolare e nutrirsi liberamente, non solo rispetteremmo la lori libertà e non causeremmo loro atroci sofferenze, ma potremo anche risparmiare un sacco di soldi, perché gli allevamenti intensivi costano e sprecano”.

Che fare? Limbery ha indicato la sua strada: “Anni fa pensavo di girare per gli allevamenti e aprire tutte le gabbie, liberando gli animali che vi erano imprigionati. Ma sarebbe rimasto un atto a sé, senza raggiungere la soluzione del problema. Attraverso la onlus ‘Compassion’ che abbiamo messo in piedi in questi anni, invece, stiamo portando avanti un discorso con governi, amministrazioni e anche industrie, soprattutto con le grandi catene commerciali, per convincerle a vendere solo carni e uova di animali che non arrivano da allevamenti intensivi, ma da quelli che li fanno pascolare liberamente”.

“Tenete presente, per fare solo una cifra, che in Italia il 95 per cento dei pollo sono allevati in modo intensivo, coì come l’85 per cento dei polli. Con la Coop abbiamo da poco sottoscritto un’intesa per quanto riguarda le uova, con l’utilizzo di quelle provenienti da galline non costrette a stare in recinti, gabbie o in batterie che sono dei veri lager”.

“Un monito per tutti. Riducete il consumo delle carni, e comunque quello che decidete di consumare fatelo con carne di allevamenti liberi. Lo stesso discorso vale per le uova. Consumate più verdura, facendo comunque anche qui attenzione che non sia contaminata da pesticidi. E’ una rivoluzione che dobbiamo decidere di fare tutti insieme, perché ne va il nostro destino”.

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