Forse è già rassegnata a concludere senza alcun merito l’esperienza di sindaca, spinta allo sbaraglio, a un impegno che farebbe tremare i polsi anche al più esperto e sgamato amministratore senior di grandi città. Forse le hanno mostrato le analisi dei sondaggisti che la ghigliottinano nell’ipotesi di un nuovo uno contro uno con candidati come il dem Giachetti e la Meloni e affermano che quattro elettori su dieci del M5s hanno cambiato intenzione di voto. Forse ha continuato a indossare la fascia tricolore in delirio di dipendenza da notorietà, riprese televisive, frequentazione di ambienti e personaggi Vip, auto di servizio e scorta. La palese fragilità psicofisica l’ha costretta a contorni di personaggi finiti nella rete della giustizia, di tutor incompetenti, di coinquilini 5Stelle che le hanno dichiarato apertamente guerra. Caos della giunta, dimissioni di Marcello Minenna, indagine sull’assessora Paola Muraro, arresto di Raffaele Marra, inchiesta sulle nomine e infine l’uragano delle polizze assicurative “dono” di Marra: sono tutte le grane che ha dovuto affrontare la sindaca Virginia Raggi in sette mesi in Campidoglio. Ora il consiglio comunale le ha chiesto di esserne informato nella seduta del Campidoglio di domani e per giovedì ha convocato una seduta straordinaria sulla controversa questione dello stadio di calcio in quel di Tor di Valle. E lei che fa? Con armi, bagagli, figlio ed ex coniuge saluta tutti e si concede un vacanza in montagna, immortalata dai fotografi sul treno in partenza. Il blog del “comico” non commenta ma si intuisce un suo “vaffa” soffocato dal mea culpa per aver avallato e forse sollecitato la candidatura della Raggi al governo della capitale. Di grana in grana. Il comune denominatore del “sistema politica” contagia tutti lo sbrindellato ventaglio dei partiti. Il Pd non è più l’isola della sinistra democratica e si rappresenta come un arcipelago conflittuale, degli opposti, di frazioni conservatrici, sprazzi di sinistrismo, ondeggiamenti, inclusioni ed esclusioni di soggetti da rottamare e rampanti senza storia. Il no alla decadenza da senatore del condannato Minzolini chiarisce l’irricevibile ambiguità di questo Pd. La flotta del centro destra naviga senza radar, veleggia con vistose sbandate, temporanei rientri in rotte comuni, collisioni e abbordaggi, giri di boa asincronici. Ma il fenomeno si chiama 5Stelle. Mistero inglorioso d’Italia, il consenso elettorale certificato dai sondaggi sembra ignorare i suoi guai giudiziari, percentualmente rilevanti se misurati con l’esiguità dei comuni amministrati, le lotte intestine, la tirannica gestione del fondatore e di alcuni suoi gregari, un paio sprovvisti di curricula adeguati (“giovani come tanti con un futuro di emigranti in cerca di lavoro” ), uno di loro rimandato ad ottobre dall’Accademia della Crusca perché studi l’uso del congiuntivo. Da ultimo il fuggi-fuggi di pentastellati dal Movimento. E il “comico”? Spazza via con un colpo di accetta un caposaldo del “nuovo” sbandierato da sempre, ovvero la sovranità dei “cittadini” manifestata con il clic di internauti , disconosce la legittimità dei consensi espressi alla candidatura di Marika Cassimatis a sindaca di Genova e impone il suo prescelto, con il bravo, bene, bis del binomio Di Maio-Di Battista, huppies designati dal capofila e dall’erede Casaleggio nientemeno che a premier e vice primo ministro di un ipotetico governo pentastellato. Che anno questo diciassette.
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