BOCCHINO – UNA STORIA MAL-DESTRA

Italo Bocchino da’ alle stampe la sua autobiografia. E così viene a galla il lungo rapporto con Francesco Cossiga. Che completa il quadro dei legami mai confessati tra il geometra casertano e vertici dei Servizi italiani. In primis i neopromossi Manenti e Mancini.

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Pissi pissi, dago dago. Cosa ci facevano Italo Bocchino e il commissario Davanzoni, alias il giornalista di Repubblica Giuseppe D’Avanzo, a inciuciare sottobanco per lo meno nel corso degli ultimi dieci anni e passa? Parafrasiamo i flash di Dagospia perche’ qui si parte proprio dal recentissimo “skazzo” a colpi di carta bollata fra il glorioso Roberto D’Agostino e il Bocchino nazionale, dopo che quest’ultimo aveva parlato sul Corriere di certe foto private (che lo ritraevano in hotel con Mara Carfagna) a suo dire utilizzate da D’Agostino per “avvertire” la moglie Gabriella Buontempo. La quale, peraltro, era talmente a conoscenza di quella liaison, da averne gia’ parlato a cuore aperto in un’intervista a Novella 2000.
Ma e’ proprio a margine di questa velenosa polemica che tornano a galla, negli archivi di Dago, i “pissi pissi” su un’altra e ben piu’ insidiosa “tresca”. «Pranzo tête a’ tête settimana scorsa al Bar Hungaria di Roma fra Italo Bocchino e Giuseppe D’Avanzo». Siamo ad aprile 2009 e quelli sono gli stessi mesi in cui infuria il Noemigate, la calata di Silvio Berlusconi a Casoria che il segugio D’Avanzo cavalchera’ sulle colonne del quotidiano da allora in poi, ivi compreso il martellante decalogo delle domande senza risposta all’inquilino di Palazzo Chigi. Ed anche quei tête a’ tête – c’e’ da giurarci – proseguono, con aggiormanenti costanti e, soprattutto, fughe di notizie dall’interno di un Pdl in apparenza granitico e invece, di fatto, gia’ lacerato da quella fronda sotterranea che segnera’ la nascita del Fli di Gianfranco Fini e Italo Bocchino.

ATTENTI A QUEI DUE
«Il fatto e’ – commenta a mezza bocca un vecchio paparazzo dei vip – che Bocchino e D’Avanzo, in apparenza su fronti opposti, hanno invece sempre avuto diversi punti di contatto, entrambi giornalisti professionisti, l’origine partenopea… se non fosse anche per quell’alone, mai confermato, della vicinanza ai Servizi segreti, piu’ volte evocato per “Davanzoni”, meno noto per Italo».
Se infatti era stato Francesco Cossiga a parlare, per il cronista di punta di Repubblica, di una “iscrizione a libro paga” nelle barbe finte, utilizzando il proverbiale tono allusivo da “qui lo dico e qui lo nego”, a proposito di Bocchino l’ipotesi di una protezione tanto altolocata non era stata mai apertamente espressa. Di piu’: gli interrogativi sulle diverse vicende giudiziarie in cui il geometra-parlamentare dell’Agro aversano se l’e’ incredibilmente cavata (vedi caso Romeo o Telekom Serbia), rimbalzano da sempre, senza che pero’ sia stata trovata una spiegazione attendibile. Proviamo, allora, a cercarla noi.

L’ITALO SERVIZIO
La notizia e’ di inizio marzo: un autentico terremoto scuote i vertici degli 007 nostrani dopo le promozioni a sorpresa di uomini come Alberto Manenti e Marco Mancini. Il primo, Manenti, prossimo alla pensione per sopraggiunti limiti d’eta’, si ritrova sulla poltrona di numero due all’Aise, il servizio segreto militare. E sempre nell’ex Sismi arriva la nomina a sorpresa di capocentro Aise a Vienna, fra le piu’ importanti sedi europee, per Marco Mancini, reduce da due scandali come il caso Abu Omar e lo spionaggio di casa Telecom.
Curioso. Curioso davvero, perche’ tutte e due le alte cariche dei Servizi vanno ad incrociare, in un modo o nell’altro, la storia vera di Bocchino, quella che non compare nelle riviste di gossip ne’ si proclama nei talk show televisivi.
Partiamo da Manenti, per tornare subito a Telekom Serbia. Quella brutta storia, la madre di tutti i depistaggi all’italiana, nasce infatti da una interrogazione parlamentare firmata giusto dieci anni fa da Italo Bocchino con Maurizio Gasparri. E si tratta, per giunta, di un’interrogazione abortita, visto che non fu mai presentata. Ma sara’ quella la miccia da cui scoppiera’ l’intero scandalo, tanto da finire al centro dell’interrogatorio di un imbarazzato Nicolo’ Pollari, per anni al vertice dei Servizi in Via Nazionale, dinanzi alla Procura di Torino. E’ il 7 marzo del 2001 quando Bocchino annuncia alla stampa che presentera’ un’interrogazione a risposta immediata sui finanziamenti illeciti a Slobodan Milosevic. Dopo aver accusato Romano Prodi di aver varato l’operazione Telekom-Balcani «grazie ad ambienti massonici italiani», Bocchino lascia chiaramente intravedere una complicita’ dei Servizi italiani in tutta la vicenda. E tira in ballo il colonnello Alberto Manenti.
«Il reparto Sismi guidato da Manenti – si leggeva nell’interrogazione mancata – fece piu’ di una relazione, chiedendo dettagli ulteriori: successivamente fu inviata un’informativa al Cesis e, infine, dopo qualche mese fu resa una nota di compiacimento, con ordine comunque di non interessarsi piu’ della vicenda, in quanto gia’ nota». Gli informatori di Bocchino dunque, coloro che ispirarono il testo di quell’atto parlamentare rimasto nel cassetto, erano fin da allora, marzo 2001, personaggi ben addentro nei Servizi italiani.
Ed e’ per questo che nel 2004 i pm torinesi Marcello Maddalena e Bruno Tinti, nell’ambito delle indagini sul caso Telekom, convocano prima Bocchino, poi il colonnello Manenti, quindi il generale Pollari, ma nessuno degli ultimi due riesce a fornire una spiegazione convincente. A quel punto Bocchino deve ammetterlo: a passargli le notizie per l’interrogazione “fantasma” – dice ai pubblici ministeri – e’ stato Marco Rizzo, «uomo – scrive Peter Gomez sull’Espresso – ben introdotto al Sismi, tanto da conoscere i nomi di copertura di vari 007 e a definirsi, in un’intercettazione, un agente segreto», nonche’ grande amico del depistatore numero uno della Commissione Telekom Serbia, Antonio Volpe.
Cosa sappiamo sui rapporti fra Italo Bocchino e i Servizi deviati di Marco Rizzo? Di sicuro oggi la storia si ripete. Perche’ a ottobre 2010 dal Copasir si registra una strana fuga di notizie. E’ quella riguardante Italo Bocchino, che denuncia di essere stato pedinato dalle barbe finte mentre incontrava in piazza San Silvestro Marco Mancini: proprio lui, il destinatario della fulminea promozione a capocentro di Vienna lo scorso 4 marzo 2011. Un’investitura – secondo Panorama – caldeggiata dallo stesso Bocchino e piovuta come manna dal cielo per lo 007, che era uscito prudentemente di scena dopo il coinvolgomento nella vicenda Abu Omar, da cui si era salvato grazie alla protezione del segreto di Stato.
Ma tanto Rizzo quanto Marco Mancini erano stati dentro fino al collo anche nello spionaggio “sporco” di casa Telecom, in quel famigerato Tiger Team capitanato da Giuliano Tavaroli. Senza contare lo stretto legame fra Pollari e Mancini, ma anche fra quest’ultimo ed Emanuele Cipriani, l’investigatore privato iscritto alla massoneria, nonche’ intimo di Maurizio Gelli, figlio del venerabile della P2 Licio. Perche’ Bocchino continua ad incontrare, sul finir del 2010, un personaggio compromesso come Mancini? «Forse c’entra qualcosa in questa frequentazione – dicono negli ambienti politici napoletani – un personaggio come il senatore Sergio De Gregorio, di strettissimo entourage Pollari, nonche’ candidato del listino Bocchino quando questi, nel 2005, era in corsa per la presidenza della Regione Campania».

BOCCHINO VITA E OPERE
Il futurista Bocchino, intanto, accolto a braccia aperte da una storica editrice di sinistra come Longanesi, consegna ai posteri le sue gesta in un’autobiografia appena uscita, dal titolo “Una storia di destra”, presentata a Roma addirittura da Walter Veltroni. Nel volume ricorda la lunga amicizia col grande picconatore scomparso. «Avevo 28 anni quando lo conobbi», rievoca. E pare che da allora non si siano lasciati piu’. Si’, sarebbe proprio Cossiga la “buona stella” di Bocchino, questa anche la chiave di volta dei suoi rapporti tanto frequenti – seppur mai confessati – con uomini di punta dei Servizi segreti italiani. Qualcuno ricorda in proposito gli autorevoli depistaggi di Cossiga durante il caso Telekom Serbia. Che a Bocchino poteva costare caro, a partire dalla interrogazione abortita e, soprattutto, dai milioni della Fin Broker, finanziaria di San Marino, provenienti dalla maxi tangente Telekom ed elargiti ai coniugi Bocchino, proprio mentre Italo sedeva implacabile nella commissione parlamentare d’inchiesta.
Scrive, Bocchino. Perche’ di se stesso puo’ parlare, evidentemente, solo lui, o al massimo qualche agiografo. Al quotidiano Libero, che gli aveva dedicato qualche articolo, ha spedito 18 denunce per stalking. E a febbraio e’ riuscito a bloccare l’uscita di un libro gia’ stampato che si occupava, fra l’altro, del coinvolgimento di Bocchino in Telekom Serbia. Silenzio.

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