TANGENTOPOLI / ESCE “L’ULTIMA NOTTE DI RAUL GARDINI”

L’ultima notte di Raul Gradini” è il titolo di un fresco di stampa per le edizioni di ‘Chiarelettere’. Lo firma il giornalista e scrittore Gianluca Barbera. Ecco, di seguito, i passaggi salienti di una intervista rilasciata a Sara Perinetto per ‘Affaritaliani’.

“Nel libro ripercorro un fatto reale grazie a un protagonista fittizio, Marco Rocca, giornalista d’inchiesta che segue la vicenda Enimont, innestata nel filone Mani Pulite, il processo chiave di tutte le inchieste nate da Tangentopoli e che riguarda una ipotetica maxitangente da 150 miliardi che i Ferruzzi avrebbero pagato ai partiti. Rocca entra in scena la mattina del 23 luglio 1993 a Palazzo Belgioioso, dove è appena stato trovato il cadavere di Raul Gardini. Subito si rende conto che le indagini verranno archiviate per suicidio, ma non è convinto che questa sia la verità”.

“La sentenza che stabilisce che si è trattato di suicidio è legata a un elemento probatorio chiave ma ambiguo, un bigliettino trovato sul comodino con cui Gardini dice addio ai propri familiari. La prima perizia stabilisce che la scrittura era sì di Gardini, ma di 11 mesi prima. La seconda data il bigliettino a pochi minuti prima della morte, il cui orario però non è mai stato accertato”.

“Sulle mani di Gardini, poi, il guanto di paraffina non ha rivelato polvere da sparo. I magistrati dell’epoca dissero che c’era stato un errore nel rilevamento tecnico: non sarebbe una novità, ci sono spesso errori nelle inchieste italiane che inquinano il quadro indiziario. Altro elemento dubbio è la pistola, all’inizio nelle mani di Raul e in un secondo momento sul tavolo: chi l’ha spostata?”.

“Per tutto il romanzo le due ipotesi, omicidio e suicidio, rimangono in equilibrio, ma alla fine non mi sottraggo e propongo, attraverso il parere del protagonista, una ricostruzione plausibile dei fatti. Diciamo che il protagonista scopre la verità, che però, comunque, rimane ambigua. Ma questo libro non è solo un giallo: la mia intenzione era raccontare la storia familiare dei Ferruzzi, che è importante e non è stata mai raccontata”.

“Alla morte del fondatore Serafino Ferruzzi, nel 1979, anche quello un evento misterioso, il genero Raul Gardini viene messo a capo di questo gruppo, che porterà a essere leader anche internazionale”.

“E’ all’apice fino alla fine degli anni ’80 ma poi decide di mettere gli occhi su Eni, la cassaforte dei partiti, la più grande azienda statale italiana. Gardini dà così vita ad Enimont, una joint venture tra le due società più grandi della chimica, Eni e Montedison, di cui il 40 per cento è controllato da Gardini, un altro 40 per cento da Eni e il restante 20 per cento sono azioni sul mercato. Quindi nessuno comanda”.

“Questa operazione produce un guadagno per la Montedison di Gardini, su cui avrebbe dovuto pagare mille miliardi di lire di tasse allo Stato. Gardini aveva acconsentito all’operazione in cambio di uno sconto su queste tasse: una promessa che De Mita fa ma non riesce a mantenere. Allora Gardini comincia a comprare le azioni sul mercato diEnimont per acquisirne il controllo, fino a dichiararlo pubblicamente, ‘la chimica sono io’. Craxi se lo lega al dito e blocca tutto. Da lì nasce la maxi tangente con cui Gardini voleva sbloccare la situazione, ma la famiglia, terrorizzata dalla politica, lo esautora dai suoi incarichi”.

Antonio Di Pietro. In apertura Raul Gardini con le figlie

“Quella mattina Gardini doveva recarsi in procura per parlare con Antonio Di Pietro. Per lui è stato un colpo durissimo perché la testimonianza di Gardini avrebbe cambiato la storia d’Italia, rivelando dove erano andati a finire quei 150 miliardi della maxi tangente”.

“Se davvero è stato un suicidio, è spiegato dal fatto che Gardini in quel periodo era molto teso, aveva passato tutto il giorno precedente con i propri avvocati. L’idea di finire in prigione lo terrorizzava, anche perché in quel periodo i magistrati usavano il carcere preventivo per far leva sui testimoni. Tre giorni prima era morto Gabriele Cagliari, suo concorrente, arrestato per tangenti e tenuto in uno stato psicologico di pressione per indurlo a parlare e che invece l’ha portato al suicidio”.

“In realtà, non è stato chiarito praticamente nulla: primo fra tutti, non si sa dove siano finiti i due terzi della madre di tutte le tangenti”.

La Voce ha scritto diversi pezzi sul giallo della morte di Gardini. Potete   trovare i principali cliccando sui link in basso. E leggerete cose ancora oggi molto interessanti suo ruolo giocato da Antonio Di Pietro in quella tragica story.

 

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