EMANUELA ORLANDI / ORA SALTA FUORI UN VERBALE MISTERIOSO…  

Clamorose rivelazioni su giallo del rapimento di Emanuela Orlandi, avvenuto ormai quasi 40 anni fa, il 22 giugno 1983.

Improvvisamente salta fuori una verbalizzazione – rimasta fino ad oggi ad ammuffire nei cassetti della procura di Roma – del padre di uno dei rapitori della ragazza. Un giovane napoletano che,   addirittura, era stato ‘riconosciuto’ senza ombra di dubbio da un paio di amici di Emanuela ai quali erano state mostrate delle foto segnaletiche.

Il fascicolo d’inchiesta, incredibilmente, è stato archiviato, nonostante la vibrata opposizione dei familiari di Emanuela, che ancora oggi non hanno trovato né giustizia.

Ricostruiamo quei fatti.

Il nome del rapitore (o meglio, uno dei rapitori) è Marco Sarnataro, morto molto giovane, ad appena 46 anni, nel 2007.

E l’anno seguente, per la precisione il 1° ottobre 2008, il padre di Marco, Salvatore Sarnataro (nato a Napoli il 6 febbraio 1940, pensionato, viene riferito nel verbale) rilasciò delle dichiarazioni da novanta presso la ‘Casa di Cura Medicus’ di Tivoli, raccolte dal pubblico ministero della procura di Roma Roberto Staffa e dall’allora capo della Squadra Mobile di Roma, Vittorio Rizzi.

Eccone alcuni tra i passaggi salienti di quanto riferì Salvatore Sarnataro.

Enrico De Pedis, detto Renato. In apertura, Emanuela Orlandi

“Dopo aver lungamente riflettuto ho deciso di riferire quanto appreso da mio figlio in relazione alla vicenda di Emanuela Orlandi. Poco dopo il sequestro, ricordo che eravamo a Regina Coeli, sia io che mio figlio (accusati per spaccio di droga e detenzione di armi, ndr). Mi confessa, durante l’ora d’aria, di aver partecipato al sequestro: mi disse che per diversi giorni insieme ad altri due, ‘Ciletto’ (Angelo Cassani, ndr) e ‘Giggetto’ (Gianfranco Cerboni, ndr),pedinarono la Orlandi per le vie di Roma su ordine di Renato De Pedis, che loro chiamavano ‘il Presidente’”.

Continua il racconto di Sarnataro senior: “Mio figlio mi disse che dopo averla pedinata per giorni, ebbero da De Pedis l’ordine di prenderla. Marco mi riferì che l’avevano fatta salire su una BMW berlina a piazza Risorgimento a una fermata dell’autobus. Quindi la condussero al laghetto dell’Eur, dove la sta aspettando Sergio, che era l’autista di De Pedis. Venni poi a sapere che mio figlio, per questa cortesia, ebbe una Suzuki. Non mi ricordo se Marco mi disse chi specificamente gli diede la moto, se Raffaele Pernasetti  (un altro esponente della Banda della Magliana, ndr) o un altro”.

E conclude: “Non so davvero perché Marco abbia deciso di raccontarmi del suo ruolo nel sequestro, ma io compresi subito che stava passando un periodo di grande paura”.

Sorge spontanea la domanda.

Ferdinando Imposimato

Come mai quel verbale è rimasto a marcire per tanti anni (15 per la precisione) negli uffici della procura di Roma, il solito porto delle nebbie?

Perché non è entrato nel corposo fascicolo processuale, che comunque fino ad oggi non ha prodotto neanche un topolino?

E come mai la story salta fuori adesso?

La ‘Voce’ ha scritto numerose inchieste sul giallo del rapimento di Emanuela Orlandi, firmate soprattutto da Ferdinando Imposimato, il grande magistrato che aveva visto giusto, fin dall’inizio, nella pista che portava alle alte sfere vaticane.

E’ documentato, infatti, che Emanuela per molti mesi (quasi un anno) sia stata ‘ospite’ di un educandato gestito dal Vaticano a Londra.

Addirittura, nella cassaforte vaticana, sono state a lungo custodite carte e documenti che attestano la presenza di Emanuela in quella struttura londinese, negli anni ’90.

Giuseppe Pignatone

Sorge spontanea un’altra piccola domanda. Come mai il Presidente del Tribunale della Città del Vaticano, Giuseppe Pignatone, il quale ha ricoperto per tanti anni il ruolo strategico di procuratore capo a Roma, non ha mai dato e non dà una mano per ritrovare quelle carte e, soprattutto, per dar corpo alla pista che permetta ai familiari di sapere, una buona, la verità sulla sorte di Emanuela?

Perché Papa Francesco, che sta dando la sua vita per Verità e Giustizia, da quell’orecchio pare proprio non volerci sentire, forse per il timore di dover alzare coperchi su tremendi segreti?

 

 

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