CIMITERO DI NAPOLI / CHIUSO DA 4 MESI, LA VERGOGNA CONTINUA

Da oltre 4 mesi la zona monumentale del cimitero di Napoli, quello più antica, è ancora chiusa, interdetta all’accesso dei cittadini, sempre più infuriati contro il Comune che aveva garantito un rapido ripristino dell’area, ed anche contro ‘Metronapoli’, che nel corso degli anni ha letteralmente devastato il territorio cittadino, dal centro storico fino a Capodichino, dove non c’è solo l’aeroporto ma anche il Cimitero di Poggioreale. Presidente onorario ne è il ‘padre’ del metrò  partenopeo, Ennio Cascetta, per anni assessore regionale ai Trasporti (nell’era Bassolino) e poi Capo Unità di Missione al Ministero delle Infrastrutture.

 

Una storia ai confini della realtà.

Che comincia il 6 gennaio, quando una cappella dove erano custoditi circa 200 loculi viene travolta dalle acque. Una scena da horror movie: macerie, bare scoperchiate, spoglie e ossa ovunque, poveri resti evidentemente ormai non più identificabili.

Il motivo? I lavori per la ‘nuova’ linea della metropolitana di Napoli, cominciati – udite udite – 46 anni fa, nell’ormai lontanissimo 1976, quindi ormai alle soglie del mezzo secolo.

La società ammette le sue responsabilità, assicura rapidi lavori di ripristino e lo stesso fa il Comune di Napoli che garantisce una completa riapertura del cimitero per il 19 gennaio.

Menzogne.

Piazza una pezza a colori l’assessore comunale ai Cimiteri, Vincenzo Santagada: “Purtroppo il fiume d’acqua che ha fatto irruzione il 6 gennaio è stato fermato solo il 1 febbraio e tutti i rilievi svolti fino al 17 febbraio hanno consentito di accertare che la collina è sprofondata di un millimetro al giorno”.

Imbestialiti i familiari dei 200 morti oggi senza sepoltura. Non sanno più a quale santo votarsi, dopo le vibrate proteste. Stanchi di chiedere, inutilmente, di far presto, sperano almeno in una prova del DNA per poter ritrovare qualche resto dei loro cari.

Infuriate, comunque, anche le migliaia di napoletani che si vedono impedito l’accesso a tutta la parte monumentale. Riceviamo diverse mail con proteste di fuoco.

Ecco il testo della più recente: “Domenica scorsa sono andato al cimitero, ho parcheggiato vicino all’aeroporto di Capodichino, ho comprato qualche mazzetto di anemoni per portarli dove stanno mia madre e mio padre, ho percorso la lunga scalinata dove c’è la parte alta del cimitero, traverso la strada e trovo tutto sbarrato: impossibile l’accesso. E’ una vergogna che neanche in un paese del quinto mondo succede! E come mai nessuno informa? Come mai se ne fregano di dare notizie ai cittadini? E’ possibile che da noi tutto diventa eterno? E cosa fa il neo sindaco Gaetano Manfredi, che di professione è anche ingegnere?”.

Lavori eterni, osserva il lettore. Come eterno – ne abbiamo fatto cenno – il percorso dei lavori iniziato nel 1976 con una sfilza di anomalie da autentico Guinness dei primati, percorso che la Voce ha seguito e documentato passo passo fin da quell’anno. Potete consultare tanti articoli e inchieste nel nostro archivio, tramite la casella ‘cerca’.

E ne troverete per tutti i gusti.

I primi appalti per il movimento terra affidati alle ‘ruspanti ruspe’ del clan dei Casalesi; progetti totalmente inesistenti, tanto che si racconta come sia stata utilizzata, a livello ministeriale, la tesi di laurea di uno studente di ingegneria; i primi, veri progetti affidati allo studio del ministro berlusconiano alle Infrastrutture dell’epoca, Pietro Lunardi.

Partenza, comunque, senza neanche lo straccio di una ‘VIA’ (Valutazione d’impatto ambientale) che occorre anche per una allestire una veranda; lavori affidati alla crema dei mattonari finiti in Tangentopoli; disastri monumentali, archeologici, paesaggistici a non finire, come macroscopiche lesioni alla Galleria Umberto e a Palazzo Reale, la chiusura per un anno al traffico della strategica  ‘Galleria della Vittoria’, il crollo di un’intera ala dello storico ‘Palazzo Guevara’ alla Riviera di Chiaia (dove sono morti o agonizzanti gli alberi della ‘Villa Comunale’ perché costretti – causa lavori – a bere acqua marina).

Un autentico museo degli errori, degli orrori e delle devastazioni. Per anni denunciato da associazioni e gruppi, con la magistratura che ha aperto e subito chiuso un paio d’inchieste (resta in vita il processo per il crollo a Palazzo Guevara). Vani i continui j’accuse di un coraggioso geologo, Riccardo Caniparoli.

Sul tema, comunque, potete leggere un interessante saggio, ‘La MetroCricca’, frutto di una collaborazione tra la Voce e le battagliere ‘Assise di Palazzo Marigliano’, costola del mitico ‘Istituto Italiano per gli Studi Filosofici’ fondato dall’avvocato Gerardo Marotta. Lo trovare scorrendo sulla barra a destra del sito della Voce.

Almeno per conservare la ‘Memoria’ di scempi degni di una neo ‘Mani sulla Città’.

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