Vola su una scopa ‘drone’, vien di notte, reca doni, leccornie e ai cattivi pietre di carbone, ma non è il 6 di Gennaio. E allora? Nicolò Nicolosi, sindaco di Corleone, in margine all’incursione del ministro dell’Interno nella terra che amministra: “Non ci siamo mai piegati alla mafia e non si torna indietro. Le nuove generazioni si sono messe alle spalle la mafia. Siamo contenti che lei sia qui. Corleone si aspetta infatti decisioni per lo sviluppo e il lavoro. Ecco perché anche in consiglio comunale e nella mia amministrazione c’era attesa per la sua presenza, come se dovesse arrivare, scusi l’accostamento, la ‘Befana’, nel senso che adesso attendiamo scelte per il rilancio di questo paese che ha pagato costi altissimi. Ok libertà dalla mafia, precondizione per tutto, ma anche libertà dal bisogno, dalla necessità di infrastrutture e scelte per la crescita”. Fin qui il sindaco che tra le righe ha detto a Salvini, assente ingiustificato alle celebrazioni del 25 Aprile, “Vieni pure, ma con proposte concrete per colmare la frattura tra il Nord leghista e il Sud ignorato dal governo”. A Milano, Maurizio Landini, rivolto a Salvini: “Il governo si ricordi della lotta alla mafia tutti i giorni”.
E’ tardiva, parziale e inadeguata, la risposta dello Stato ai cento casi di apologia del fascismo, di reati che la legge Scelba dovrebbe punire, vietati dalla Carta Costituzionale. Da troppo tempo nuclei di nazifascisti sfidano impunemente l’Italia democratica in un pericoloso crescendo di raduni a braccio teso, slogan del ventennio, striscioni sovversivi, muri imbrattati di svastiche, aggressioni, violenze, provocazioni. Nel giorno della memoria che esalta l’Italia della Liberazione, lapidi di partigiani sfregiate, scritte e svastiche ovunque secondo un disegno preordinato, da Nord a Sud. Da Milano l’ignobile video di una manciata di neofascisti, una settantina, che reggono lo striscione “Onore a Mussolini”, braccia tese e la risposta corale “presente” al capo della gang in trasferta nella città medaglia d’oro della Resistenza con obiettivi eversivi mascherati da tifo laziale. La Digos ne ha denunciati otto. Poca cosa. Erano in settanta e la mancata operazione di bonifica totale, perfezionata con denunce e arresti si spiega. L’indecente parata di Piazzale Loreto si è svolta in assenza delle forze dell’ordine, pur se avvertite per tempo della pericolosa presenza dei neofascisti e delle loro intenzioni. Chi indaga valuta l’ipotesi del reato commesso da ‘bandè’ di ultrà. Intanto, il pubblico mistero milanese Nobili, in accordo con il procuratore Francesco Greco, apre un’inchiesta per manifestazione fascista. Meglio tardi che mai.
Manca, comunque, la “vigilanza democratica” di altri momenti della storia postbellica, quando la piazza ha sventato colpi di Stato e rigurgiti neofascisti. Per fortuna, lampi di ottimismo hanno illuminato l’Italia del 25 Aprile, da Milano alla Sicilia. E si integrano con la presenza di giovani e giovanissimi, consapevoli, determinati a costruire il futuro di Paese pienamente democratico, privo di sovranismi, razzismo, xenofobia, soprattutto liberato da tetra nostalgia del Ventennio.
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