“Caro Babbo Natale, portami una pistola, un fucile, una spada…”

Si comincia da bambini, specialmente se maschietti e con genitori orientati a scelte educative del tipo “fatti rispettare, colpisci prima di essere colpito, attento, in questa società vige la legge del più forte, impara a difenderti attaccando, non mostrarti debole”: incitamenti conclusi con il fatidico “Sii uomo”.

Il 25 Dicembre è anche e soprattutto la festa di bambini e nella letterina a Babbo Natale i piccoli, indottrinati da genitori convinti della “legittima difesa” ad oltranza, chiedono pistole, archi e frecce, modelli d’auto della polizia, fucili, pugnali e spade. L’istigazione alla violenza gode di perfezionamenti audiovisivi. Tablet, smartphone, consolle, computer, assorbono in esclusiva ore e ore di gioco con filmati di lotta selvaggia tra super men, mostri tecnologici, creature extraterrestri che sputano fiamme. Di che sorprendersi se i più esposti all’emulazione danno poi origine a baby gang di bullisti, se con altri deviati diventano stupratori, se picchiano i clochard, se alimento la tragica serialità dei femminicidi.

Si rivolge a loro il libero mercato delle armi. Per ora con la sottospecie di pistole fucili ad aria compressa, in vendita, senza alcun limite, nelle armerie che benedicono l’investimento in attività commerciali di settore perché non conosce crisi e anzi è in crescendo di profitti. A monte del successo, dicono gli esperti, due elementi tra a loro connessi. Il punto di partenza è la domanda di sicurezza, alimentata dalla frequenza di episodi della criminalità senza scrupoli: furti negli appartamenti e rapine, in alcuni casi finiti in tragedia con violenze e la morte delle vittime. Non a caso questo governo a trazione leghista intende ampliare l’impunibilità di omicidi per legittima difesa. Niente di sovrapponibile alla risposta xenofoba che da qualche tempo ha trasformato episodi di odio razzista in tiro al bersaglio contro persone con la pelle nera.

E’ che basta entrare in un’armeria e scegliere una pistola, un fucile ad aria compressa, che feriscono senza uccidere, ma che modificate con semplici interventi, diventano armi letali. Per i male intenzionati c’è anche il mercato parallelo di pistole e fucili ad aria compresa di maggiore potenza, costruite in Polonia. Per chi sceglie le vacanze o un viaggio ad hoc, l’accogliente Spagna la vendita con potenza maggiore è consentita.

Per i più “esigenti” è ambita l’alternativa Stati Uniti, dove pistole e altre armi che uccidono sono in vendita come si compra l’insalata al supermercato, senza alcuna limitazione o formalità.

E dove poteva nascere, se non negli Usa, il giovane genio che ha brevettato la costruzione di armi con la stampante 3D? La pubblicità di questa letale invenzione evidenzia una caratteristica della pistola stampata che se la vendita fosse autorizzata farebbe accorrere i terroristi di tutto il mondo: l’arma passerebbe indenne il controllo negli aeroporti e in tutti luoghi tutelati dai metal detector.

Nei giorni scorsi, otto episodi di “caccia al nero”. Nel casertano due giovani razzisti in moto sparano a due ragazzi del Mali e urlano “Salvini, Salvini”. A Roma una bambina rom di 14 mesi, colpita da una pallottola che un uomo ha sparato con una carabina, rischia la paralisi. Un razzista ferisce con un colpo di fucile un operaio di Capo Verde, al lavoro su una piattaforma alta sette metri a Cassola. A Napoli un africano è colpito da un fucile ad aria compressa.

I casi di vittime del razzismo sono molto più numerosi e non sono limitati a un’area specifica del Paese. Dal “Non si fitta a migranti e meridionali” di molte città del Nord leghiste, al becero tifo di ultra, che augurano ai napoletani di finire come Pompei de 79 d.c., ai “buuu” che insultano i calciatori di colore, l’Italia è percorsa da esempi diffusi di xenofobia che mette in discussione l’attributo di Paese dell’accoglienza, antirazzista.


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