VOTO DEL 4 MARZO / NEL VUOTO POLITICO E INFORMATIVO. VIA D’USCITA A 5 STELLE? PRO E CONTRO

Voto del 4 marzo. Informazione azzerata, cloroformizzata, straomologata. Il diritto dei cittadini di conoscere quel che realmente succede nei palazzi calpestato. Giornali carta straccia, tivvù bidone per la monnezza più nauseante. I cosiddetti talk ormai diventati baracconi per nani e ballerine, acrobati delle cazzate più colossali, la fiera delle fake news, quelle vere, le bufale doc.

E dai partiti – meglio chiamarli armate brancaleone nel migliore dei casi, più realisticamente bande di ignoranti patentati e aspiranti ladri – il nulla, lo zero assoluto, programmi di cui anche i bimbi delle elementari riescono a cogliere il vuoto più totale, l’assenza di fosforo, la sola volontà di prendere per il culo gli italiani. E di continuare a mangiare il Paese a pezzi e bocconi.

PROPRIO UN VECCHISSIMO FILM

Insomma, “il vecchio film che va fermato”. Ed è proprio così che il direttore di Repubblica Mario Calabresi titola un suo magico fondo che tocca sul serio il fondo, e dà la perfetta misura di quanto ormai l’informazione sia diventata il perfetto cane da guardia del padrone, un ruolo esattamente opposto rispetto a quello che dovrebbe svolgere.

In questo caso Calabresi è il cane da guardia di mister Matteo Renzi, o se preferite il perfetto maggiordomo: pronto per servire i biscottini del five ‘o clock tea al suo padrone.

Mario Calabresi

In quel temino Calabresi ringhia contro i nemici del suo Dio, che non viene, ovviamente, nominato invano: è troppo Alto rispetto a certe quisquilie terrene. Sussurra solo il nome di un Discepolo, Marco (Minniti) “che ha cercato di dare una risposta articolata al problema migratorio puntando a fermare i flussi ma senza dimenticare patti di accoglienza”. Santo subito.

Ecco la sintesi del Calabresi-Pensiero: “Tre sono i protagonisti principali del film che pensavamo fossero definitivamente usciti dalla scena e dalla storia: Silvio Berlusconi, le pulsioni neofasciste e l’incompetenza manifesta e rivendicata”. Il tris Berlusconi, appunto, Salvini, Di Maio: il centrodestra, la destra e i 5 Stelle.

Quindi spazio per “la flat tax, iniqua nel momento in cui cancella la progressività della tassazione e pericolosa per i costi che caricherà sulle spalle delle nuove generazoni”. C’è poi – prosegue il temino – lo sdoganamento del fascismo, che cresce nei gesti, nei discorsi, nell’odio per il diverso”.

Ma le sculacciate più forti vanno ai grillini, il nemico numero uno, come ha appena dimostrato la campagna tutta a base di Fake news orchestrata da Repubblica sull’inesistente argomento dei rimborsi, media di 4 paginate al giorno come neanche per Tangentopoli. Prosegue il Maggiordomo: “La stanchezza e la voglia di rovesciare il tavolo fanno apparire l’incompetenza una virtù. Non si vede lo sforzo fatto dai tre governi di questa legislatura per restituirci un volto credibile in Europa e nel mondo, lo sforzo per agganciare un minimo di crescita, e il valore della competenza”.

Fantastico, un colpo doppio, due piccioni con una fava. Un uppercut alle ignoranze grilline e un plauso ai tre (ma non erano quattro: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, quale ha dimenticato per strada?) governi abusivi e illegittimi, mai eletti con il becco di un voto e capaci invece di portare l’Italia a frantumarsi contro il Giglio (Magico), proprio come il comandante Schettino.

DESERTO POLITICO E SILENZIO ASSORDANTE 

Parlavo giorni fa con Luciano Scateni, un giornalista di razza come pochi, scrittore acuto, pittore immaginifico, cuor di comunista. Ho negli occhi un suo quadro, fondo rosso, tante falci e martello che man mano diventano sempre più piccole.

E’ il senso di sgomento d’oggi: identità scolorite, utopie al macero, ideali in soffitta. E un assordante silenzio politico, al di là degli schiamazzi da cortile. Un deserto che più arido non si può, nonostante piroette e volteggi di nani e ballerine. E’ umiliante, desolante ricordare un Berlinguer e ritrovarsi un Renzi e un Bersani. Un Berlusconi per un Moro.

Possibile mai – ci siamo domandati e riteniamo che tanti italiani se lo siano chiesto – che per un mese abbondante siamo stati costretti a ingurgitare ad ogni ora del giorno quelle zuppe indigeste e sempre uguali, a bere quella brodaglia che neanche nelle peggiori caserme, e sempre lo stesso condimento, un gigantesco dado che rende tutto schifosamente uguale?

Possibile sentire come un ossessivo martello l’altro temino della flat tax che in ogni paese ha portato soldi e felicità? O che gli immigrati tolgono il lavoro ai nostri e ne vanno subito impacchettati e spediti al mittente almeno 600 mila? Oppure che abbiamo rilanciato il paese ma questo non basta, che l’economia ha ripreso a mille, abbiamo restituito il prestigio all’Italia e abbiamo fatto il biotestamento e le unioni civili?

Possibile ascoltare per ore tali idiozie a ruota libera, servite a tavola da altri Maggiordomi di turno, i  Vespa i Floris i Formigli e mezzibusti al seguito?

Senza mai lo straccio di un contraddittorio? Tanto da farci rimpiangere – udite udite – perfino quei faccia a faccia della certo non mitica America. Incredibile ma vero, per questo voto abbiamo assistito a zero confronti: vietato un Renzi contro Berlusconi, un Salvini Di Maio, un Bersani Renzi, oppure un tutti contro tutti, qualunque cosa potesse dare il segno di un minimo match di idee. Forse perchè le idee si sono azzerate allora zero confronti?

Costretti anche, gli italiani, a sentire le parole del leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, il mancato stragista condannato a nove anni e mezzo mai scontati perchè in dorata vacanza a Londra. E rischiamo di vedere un sottosegretario al Welfare scelto da Salvini tra i picchiatori di Casa Pound.

Tutto quanto fa par condicio…

Ancora. Avete mai sentito un’ideuzza antimafia, un impegno a rafforzare la lotta contro riciclaggi, reinvestimenti illeciti, infiltrazioni sempre più massicce nel tessuto economico, nelle regioni, nelle istituzioni? Zero: perchè per i giochi di lorsignori le mafie sono funzionali, perfettamente organiche, ‘sinergiche’ si direbbe oggi. Quindi, al massimo una mini terapia omeopatica.

CHE FARE?

Che fare?, direbbe un Lenin ormai sepolto in cantina. Poche le strade da battere, scarsissime le alternative. Per chi ha colmato la misura del disgusto, a questo punto non resta che la via dell’astensione; oppure della scheda annullata con motivazione: ‘non mi sento rappresentato da alcun partito’.

Altrimenti c’è solo da seguire lo schema Zeman: “Voterò Movimento 5 Stelle perchè non ci sono altri partiti che mi convincono”. Una riedizione in salsa grillina del montanelliano ‘turiamoci il naso e votiamo Dc’? Stavolta caso mai una sola narice?

In questo mondo di ladri – passando da Lenin a Venditti – forse non resta altro da fare. E c’è proprio una motivazione-contro a spingere di più in questa direzione. Alla classe politica che ha massacrato e poi divorato l’Italia, ai ladri e corrotti, ai tangentisti d’ogni risma, a chi fa soldi con la monnezza sui tumori e i cancri della gente, i 5 Stelle stanno sulle scatole, danno fastidio, non li sopportano. Li temono e tentano in tutti i modi di delegittimarli, come ha pienamente dimostrato l’indecente campagna tutta Fake news sulla cosiddetta – da lorsignori – Rimborsopoli grillina.

Ferdinando Imposimato

Hanno una paura fottuta di perdere i loro stipendi, le loro pensioni e maxi liquidazioni che mai taglierebbero anche con un revolver puntato alla tempia; le loro prebende, gli appalti per gli amici, le consulenze d’oro per gli amici degli amici. E lorsignori temono un grande Vaffa day.

Ferdinando Imposimato ha lottato per una vita contro mafie e ingiustizie, per il diritto alla salute e al lavoro. Prima di finire i suoi giorni, ha lottato come un leone in difesa della Costituzione, percorrendo in lungo e in largo l’Italia per far comprendere i pericoli che stavamo correndo. In vista del voto per il Colle che poi ci ha consegnato robot-Mattarella, alle presidenziali grilline Ferdinando risultò di gran lunga il più votato. Credeva che l’Italia si può ancora salvare, che un altro mondo è possibile.

E’ giusto lottare oggi con lui.

 

ANDREA CINQUEGRANI

 

L’arduo mestiere di elettore

Nell’irrispettosa prassi anti istituzionale, che ha caratterizzato gran parte della presenza parlamentare grillina in Parlamento e fuori delle aule di Camera e Senato, l’ufficio postale di Di Maio ha inviato al Presidente della Repubblica il foglietto con i nomi di un’incredibile formazione di governo ombra, faticosamente messo insieme a valle di una sequenza di rifiuti. Senza fare una piega, il Quirinale, indispettito per lo sgarro comportamentale, ha rifiutato di prendere inconsiderazione il messaggio. Per chiarire di che parliamo basta rifarsi ai media di questi giorni. Silenzio stampa dei pentastellati sul disastroso governo di Roma, esemplarmente confermato dall’approssimazione nell’affrontare la bufera siberiana di “Burian” e dal rituale ricorso all’ingiuria del ragazzo Di Maio che dato dell’assassino al governatore della Campania De Luca, facendosi scudo dell’immunità parlamentare. “Che vi rinunci”, ha risposto l’esponente dem (su cui è igienico stendere un velo pietoso) “Mostri il coraggio di affrontare la querela”. Quisquilie, pinzillacchere (copyright del principe De Curtis): così, la compagine dei 5Stelle liquida l’esodo di convinti dissidenti, le espulsioni di “cittadini” scomodi, il disgoverno in quasi tutti i comuni, fortunatamente pochi, dove l’amministrazione locale li ha messi alla prova, il passo ondivago su questioni epocali (Europa sì, Europa no, via i migranti, accoglienza ai profughi, eccetera, eccetera), le sceneggiate in parlamento, le innumerevoli scorrettezze nei confronti dei presidenti di Camera e Senato, la vicenda “rimborsopoli” che ha coinvolto lo stesso Di Maio e la portavoce di Bruxelles, il linguaggio da trivio della Taverna e chi più ne ha metta.

C’è chi possa far luce sui progetti economici pentastellati per proseguire e, perché no, migliorare il percorso di ripresa economica del Paese? C’è chi possa sciogliere positivamente il nodo di un utopico post elezioni che affidi a Di Maio (sì, non è un errore, all’inconsistente Di Maio) la chance di far nascere un nuovo governo nel segno di alleanze che a suo dire non precludono nessuna simbiosi, neppure con la Lega razzista e omofoba che stizza l’occhio al neofascismo?

Affidarsi a un giovincello che in dispregio della migliore regola di comportamento democratico ha rifiutato il faccia a faccia chiesto da Renzi, sulla rete preferita e con il moderatore designato dal grillino?

Dal via di questa oscena campagna elettorale e già prima, nauseato da quanto l’ha preceduta, ho condiviso lo smarrimento di italiano coinvolto per motivi professionali nel racconto di eventi politici immersi nel caos. Sotto choc per il colpevole ritardo democratico nello stroncare sul nascere rigurgiti neofascisti ho scelto il no del silenzio stampa, una rigeneratrice lontananza dalle balle sparate a destra e a manca, da programmi sottoscritti in diretta, secondo un copione déjàvu, da truffe verbali, le promesse impossibili da rimangiarsi un minuto dopo l’esito del voto. Mi sono rifiutato di seguire, per evitare il rischio del torcicollo il ping-pong di insulti tra competitori, i loro post infamanti sui social e, noia mortale, il bilancino del farmacista in bella evidenza negli studi dei telegiornali per dosare minuti e secondi distribuire secondo l’idiozia della par condicio a maggioranza, opposizioni e inedite formazioni elettorali.

Se derogo dal “fioretto” di non scrivere più di politica, almeno fino al 5 marzo, è per svelare che non voterò 5 Stelle. In nome della libertà di pensiero sono certo che Rita Pennarola, prezioso deus machina di questa coraggiosa, insostituibile, storica testata, pubblicherà questa riflessione, magari accanto all’importante contributo di Andrea Cinquegrani, altro pilastro della Voce delle Voci, che dei 5 Stelle è convinto estimatore.

LUCIANO SCATENI

 

Voto per chi avrà il coraggio di riformare la giustizia

salvando il Paese dalla dittatura

Una recente ricerca mostra che l’apparato produttivo del nostro Paese negli ultimi dieci anni è stato devastato molto più dai mali della giustizia che dalla crisi economica. Lassismo, ignoranza, frustrazioni, omissioni: sono tanti i magistrati che, dalle sezioni penali alle fallimentari, fino a quelle del cosiddetto Lavoro o alle civili, hanno pronunciato sentenze e/o emesso provvedimenti cautelari destinati a distruggere, con effetti irreversibili, imprese messe su col sudore e col sangue da generazioni di italiani, i nostri padri, dal dopoguerra in poi. Un’epoca, quella, in cui la Costituente aveva definito gli equilibri fra i tre poteri dello Stato. Non potevano prevedere, i nostri costituenti, che quell’equilibrio sarebbe saltato e che le garanzie necessarie per tutelare l’indipendenza della magistratura sarebbero diventate un pubblico arbitrio, sul quale nessuno possiede poteri di controllo. Tanto meno il legislatore (noi, il Parlamento), che se solo si azzarda con un suo esponente (peggio se rappresentante dell’esecutivo) a nominare riforme della magistratura, viene raggiunto ad horas da avvisi di garanzia, rivolti a lui o ai suoi stretti congiunti. La bombarda Consip, docet.

E’ per questo che, superando qualsiasi categoria storica (del resto ormai dissolta nel turbinoso avanzare dei tempi) non sarà possibile votare per il Partito dei Magistrati, saldamente presente dietro l’asse LEU-M5S, nonostante le competenze e l’onestà di tanti pentastellati, soprattutto fra i parlamentari uscenti.

Ed è per questo che non sarebbe ormai un voto utile quello dato al PD, tornato “a cuccia” dopo essere stato affondato, a colpi di avvisi di garanzia e depistaggi, proprio dal sogno del suo leader Matteo Renzi di risolvere il nodo centrale che frena lo sviluppo del Paese: quello strapotere della magistratura italiana che rappresenta un unicum assoluto, in negativo, nel mondo occidentale.

Resta il centrodestra, con un leader umiliato per anni agli occhi del mondo. E poco importava se questa patetica immagine faceva retrocedere l’Italia nei contesti internazionali.

Giusta o ingiusta che fosse la condanna, l’odore della “vendetta giudiziaria” emanava da tutte le parti. E il danno al Paese, ancora un danno per via giudiziaria, è stato enorme.

Comprendiamo che tutto questo interessi poco a chi ogni 27 del mese incassa un lauto stipendio. E non sa quindi cosa significhi rischiare in proprio, ogni giorno, per tutelare il posto di lavoro e le famiglie dei propri dipendenti. Ma intorno a questa “casta” di privilegiati esiste oggi un Paese con un’economia rasa al suolo. Mentre i veri responsabili restano protetti, al sicuro.

Se vogliamo avere una speranza per le prossime generazioni, questo scempio va fermato.

Si vada a sistemi giudiziari come quelli della Francia, della Spagna, del Belgio o della Germania: garanzie per i magistrati sì, ma impunità assoluta no, mai più.

Se dovessi andare a votare, darei la mia preferenza all’unica coalizione che, almeno nel suo programma, contiene queste promesse.

RITA PENNAROLA

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