GIUSEPPE DE DONNO / A POCHI MESI DAL “SUICIDIO”, ARRIVA IL PLAUSO INTERNAZIONALE    

Il ‘metodo De Donno’ basato sulla somministrazione di plasma iperimmune ai pazienti appena colpiti da Covid-19, criminalmente osteggiato in Italia da media e scienziati taroccati, trova oggi una consacrazione a livello internazionale.

La cura funziona, è molto efficace e costa pochissimo. Lo certificano gli studi condotti un’equipe coordinata da David Sullivan, epidemiologo presso la ‘John Hopkin University’ negli Usa, i cui risultati sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista scientifica ‘New England Journal of Medicine’.

Peccato che Giuseppe De Donno, il medico di campagna come  amava definirsi, non possa festeggiare perché è morto, in circostanze mai chiarite, la scorsa estate, il 27 luglio 2021.

Un suicidio certamente anomalo, il suo: una complessa impiccagione, tanto più inconcepibile in un medico, che sa bene come farla finita in mondo molto più semplice e sicuro. Nella migliore delle ipotesi, comunque, c’è l’induzione al suicidio, vista la forsennata campagna mediatica che – in modo certamente ‘scientifico’- gli è stata scatenata contro dalla ‘scienza’ (sic) ufficiale, da Big Pharma, dai soloni di Vaccini & Provette.

Come mai, fino ad oggi, non si hanno notizie di inchieste giudiziarie avviate per far luce sulla opaca vicenda?

Dava tanto più fastidio, quel metodo, soprattutto perché costava poco, circa 70 euro per il trattamento infusivo con plasma iperimmune.

Ecco cosa dichiarò De Donno il 15 giugno 2020, a pochi mesi dallo scoppio della pandemia: “La terapia con plasma costa poco, funziona benissimo, non fa miliardari. E io sono un medico di campagna, non un azionista di Big Pharma”.

E proprio per questo non pochi ‘annusarono’ il possibile maxibusiness, industrializzando quel metodo. In prima fila ‘Kedrion’, il colosso degli emoderivati in Italia e tra i big a livello mondiale. Venne addirittura organizzata, in Senato, un’apposita audizione, per illustrale i profili produttivi dell’operazione, alla quale presero parte, tra gli altri, i due fratelli Marcucci, azionisti di Kedrion: Andrea in qualità, all’epoca (circa un anno e mezzo fa), di capogruppo del PD a palazzo Madama; Paolo come amministrare delegato di Kedrion. Il business, però, non è andato (almeno allora) in porto, anche per via della bagarre suscitata da un’inchiesta al calor bianco delle ‘Iene’, che ha di certo rotto non poche uova nel paniere.

Andrea Marcucci. In apertura Giuseppe De Donno

Anche la Voce scrisse di quel giallo al Senato e della spericolata manovra orchestrata dai Marcucci: che ci hanno querelati. Abbiamo vinto quel round giudiziario (ora è in atto un secondo round, sempre al tribunale di Napoli) perché nella sua ordinanza

del 7 giugno 2021 il gip Valentina Gallo ha sottolineato che l’articolo della Voce (che potete rileggere cliccando sul link in basso) rientrava perfettamente nei limiti della ‘verità dei fatti’ e della ‘continenza’, elementi base per caratterizzare il diritto di cronaca.

Ma torniamo al plauso dell’equipe scientifica e del ‘New England Medical Journal’.

La ricerca si è svolta nel periodo compreso tra il 1 giugno 2020 e l’1 ottobre 2021: un lasso di tempo, quindi, estremamente lungo e significativo per testare il metodo su 1881 pazienti che hanno ricevuto una trasfusione in media entro i primi 6 giorni dall’insorgenza dei sintomi.

Le conclusioni tratte dai ricercatori si possono sintetizzare in due punti: il primo è che nei pazienti affetti da Covid, la somministrazione di plasma iperimmune ha ridotto in misura notevole (pari al 54 per cento) il rischio di progressione della malattia che porta al ricovero in ospedale. Il secondo è che il plasma può rappresentare dei vantaggi rispetto agli anticorpi monoclonali, che “sono costosi da produrre, richiedono tempo per l’approvazione e potrebbero non essere ampiamente disponibili durante i picchi di infezione da Covid-19”.

Sorge spontanea la domanda. Come mai quanto accertato ora dal team di ricerca contrasta in modo evidente con quanto sempre sostenuto dall’AIFA e perfino dall’Istituto Superiore di Sanità, che hanno sempre osteggiato il metodo? Sul sito dell’Istituto, infatti, si legge ancor oggi che l’indagine condotta sulla terapia “non evidenziò un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni”.

Così spiega il mistero la autorevole rivista scientifica: “i risultati contrastanti potrebbero essere dovuti alla mancanza di moderni progetti di studio, piccole dimensioni del campione oppure ad una somministrazione tardiva rispetto all’inizio della malattia”.

Ma stanno lì a rigirarsi i pollici gli illustri ricercatori di AIFA e ISS?

 

 

 

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