MA NON CI DISTRAIAMO

Il subdolo, costante ricorso all’obnubilante diversivo della cosiddetta ‘distrazione di massa’ è un ritrovato ‘casus belli’, usato a iosa dalla politica per ‘distrarre’ gli italiani e sottrarli alla contestazione di assopite minoranze. È strategia vincente: il gossip funziona come poco altro. Per sviare l’attenzione dalle pochezze del governo meloniano, punta l’indice accusatore sui ricchi, scandalosi compensi che intascano attori, cantanti, opinionisti di certificata autorevolezza, ma anche gli ospiti senz’arte né parte attaccati come cozze a certi programmi TV. La visibilità televisiva li promuove nel tempo, da figuranti a inquilini fissi di salotti, specialmente pomeridiani e non solo, perché la ‘musica’ non cambia in prima serata, con l’insopportabile pletora di talkshow delle reti pubbliche e private, dei network dominanti e lo sconcertante plagio delle emittenti locali. Il ‘media system’ offre ai destinatari di media incultura di tifare per uno dei due pugili ‘suonati’ Biden-Trump, per Zelenski o Putin. Suscita sdegno per il raid terroristico di Hamas e i crimini contro l’umanità di Netanyau, denuncia l’odio razziale, ma asseconda la richiesta di lavoratori stranieri che avanzano le regioni della Lega. Solleva angosciosi quesiti sull’eredità di Berlusconi e l’idea bislacca di vederlo su un francobollo, sul prossimo espulso dall’Isola dei (cosiddetti) Famosi. È in ansia per le ’incognite del Festival di Sanremo 2025 e il permanente default della Ferrari in formula 1. Esaltante è il patriottismo italico per il mito del quasi austriaco Sinner, onnipresente degli spot pubblicitari più disparati. Vive di rendita per i clamorosi esodi dalla Rai. Oscura il chiaro disinteresse degli italiani per il voto europeo con il ‘caso’ dell’inguardabile generale Vannacci corteggiato da Salvini e gli infortuni politici pre elettorali di Pd e FdI.  Da ultimo, inventa la spregevole censura Rai del monologo antifascista di Scurati e il doppio inciampo della Meloni, che ordina ai suoi affiliati dell’emittente pubblica di non trasmettere l’intervento anticipatore del 25 Aprile e peggiora l’operazione da regime mussoliniano nel bacchettare i vertici Rai che non l’hanno informata in anticipo, “con una telefonata” del presunto compenso di 1.800 euro offerti a Scurati. Chiede indispettita: “Perché il compenso non è uscito subito?”. In chiaro, lamenta di non aver potuto legittimare il bavaglio imposto a Scurati con la scusa del compenso ‘alto’. Finge di non sapere che un’intervista delle ‘Belve’ a Fedez è costata alla Rai 70mila euro, cifra concordata con Viale Mazzini e che ospiti di modesta caratura incassano per la partecipazione a programmi di cosiddetto intrattenimento decine di migliaia di euro, che la cifra offerta, poi rifiutata da Scurati, è nei limiti di quanto previsto per gli interventi di scrittori. Ecco, come esempio di ‘distrazione di massa’ anche questo non è niente male: consente alla Meloni e al suo balordo esecutivo di distogliere l’attenzione dal ‘nulla’ del governo che ci s-governa.

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