LA “LESA MAESTÀ” DEI MAGISTRATI – IL CASO DEL “FOGLIO”

165 milioni di euro. E’ quanto i cittadini italiani hanno speso in soli quattro anni, dal 2018 al 2022, per risarcire 3.749 persone ingiustamente arrestate. Un dato da brividi, quello che ci viene periodicamente comunicato dal deputato di Azione Enrico Costa, specie se confrontato con gli appena 70.000 euro di risarcimenti che in media paga la Spagna ogni anno ed i poco meno di 100.000 che paga la Francia, come documentato nel libro “La Repubblica delle Toghe” di Rita Pennarola.

Enrico Costa

Ma perché i magistrati italiani sbagliano tanto rispetto ai loro colleghi d’oltralpe, sbattendo in galera migliaia di innocenti? E, soprattutto, pagano solo i contribuenti per i loro errori? Anche questa risposta la fornisce l’onorevole Costa: a fronte dei 3.749 errori sono state avviate solo 80 azioni disciplinari. L’esito? Solo una carezza da parte del CSM: 44 non doversi procedere, 27 assoluzioni, 8 censure, 1 ammonimento.

Risultato: sì, pagano solo gli italiani: sia gli innocenti finiti in carcere, sia i contribuenti, che per giunta vedono destinate a riparare quegli errori le stesse somme che potrebbero invece essere utilmente stanziate a bilancio per migliorare welfare, sanità e lo stesso funzionamento della Giustizia.

Questioni che tornano oggi alla ribalta, in forme incandescenti, per l’allucinante vicenda che ha colpito il Foglio diretto da Claudio Cerasa ed il suo coraggioso cronista di giudiziaria, Ermes Antonucci.

In un articolo del 13 aprile scorso Antonucci aveva messo in fila una serie di fatti, incontrovertibili e non smentiti, avvenuti recentemente alla Procura di Firenze, dove sono in uscita numerosi magistrati d’assalto, che il CSM avrebbe colto la palla al balzo per “accompagnare all’uscita”. Dopo la promozione a procuratore capo di Prato di Luca Tescaroli, ha scritto Antonucci, il Csm non si sarebbe prodigato per garantire continuità alla stagione delle sue indagini, in particolare quelle condotte per anni ed anni senza successo contro Berlusconi e Dell’Utri accusati, perfino dopo la morte del Cavaliere, di essere i mandanti esterni delle stragi di Cosa Nostra.

Ermes Antonucci

Ed era considerato vicino alla «vecchia guardia attivista della procura» il pm Gabriele Mazzotta, appena trasferito in Cassazione. Ancora, alla guida della procura è arrivato Filippo Spiezia, considerato vicino alla corrente moderata Magistratura Indipendente. Inoltre, scrive il Foglio, il CSM «di fatto non si è prodigato per garantire continuità alla stagione di un pm come Luca Turco, prossimo alla pensione», più volte balzato alle cronache per le inchieste contro Matteo Renzi e i suoi stretti familiari: i genitori, la sorella, il cognato, tutti poi risultati innocenti rispetto ai reati che venivano loro ascritti. L’attività del pm Turco peraltro, come ricorda Il Foglio, «è stata condannata, oltre che dalla Cassazione per cinque volte, anche dalla Consulta, proprio in merito a un’indagine contro Renzi». Fatti. Non opinioni.

Apriti cielo. Contestando il giornale diretto da Cerasa e l’articolo di Antonucci, “reo” di aver messo in fila quei fatti, il procuratore capo Spiezia solo due giorni fa ha chiesto al CSM una pratica a tutela, perché a suo dire quell’articolo rappresenterebbe «un’inaccettabile e pericolosa delegittimazione dell’operato dei magistrati dell’Ufficio».

Su questa ennesima, brutta storia, non abbiamo sentito finora niente da Ordine del giornalisti e sindacato, nemmeno le rituali prese di posizione, che restano “regolarmente” solo sulla carta.

Chi invece ha deciso di associarsi concretamente ai giornalisti in questa battaglia è stato il Movimento Forense, che da tempo opera in maniera indipendente, al di fuori del tradizionali schemi associativi dell’Avvocatura.«Ermes, un giovane d’esperienza, classe 1991 – scrive in un comunicato del 19 aprile la presidente, Elisa Demma – tra le tante ha seguito le vicende della Procura di Firenze, documentandone alcuni errori, alcuni consecutivi fallimenti, per i quali si è dovuta pronunziare, più volte, la Corte di Cassazione e finanche la Corte Costituzionale». Segue il rapido resoconto dell’accaduto. Quindi la netta condanna dell’iniziativa intrapresa dalla procura di Firenze: «La libertà di stampa – scrive l’avvocato Demma – non è un orpello, non può essere proclamata a caso e, soprattutto, non può ritenersi ammissibile che un Organo dello Stato sia strumentalizzato perché un giornalista si limita a riportare il vero, il dato che segna l’operato di uno o più magistrati come errato, il tutto ovviamente ex post».

Rita Pennarola

Resta il fatto che, quanto meno, il Foglio sia arrivato a scrivere quella stessa verità minuziosamente documentata nel libro di Rita Pennarola, basato anche sulla incessante attività in difesa del diritto portata avanti, in solitario ma con grande forza, da Enrico Costa. E cioè che, come scrive il direttore Cirasa concludendo l’articolo sulla vicenda: «i magistrati sono delle figure sacre, come dei sacerdoti, e qualunque critica possa essere mossa contro di loro equivale a un oltraggio, a una lesa maestà, a un atto al quale si può rispondere solo lanciando una fatwa contro chi ha osato mostrare la presenza di un re nudo».

Bisognava provarlo sulla pelle, come tante volte è accaduto a noi della Voce, per arrivare a questa elementare, per quanto agghiacciante, conclusione.

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