Occidente in crac, sull’orlo del baratro finanziario, oltre che economico e, soprattutto, sociale.
Mentre cresce continuamente il numero delle nazioni che vogliono aderire ai BRICS, l’organizzazione promossa da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica con un peso economico-politico in forte espansione.
Partiamo dalle più che dolenti note in arrivo dagli Usa.
Secondo le news, come riportati da ‘Eirn’, “i costi degli interessi sul debito federale degli Stati Uniti hanno raggiunto i 90 miliardi di dollari nel solo mese di ottobre”. Un incredibile raddoppio nel giro di un solo anno: infatti nel 2022 si attestavano a 47 miliardi e mezzo.
Continua l’impietosa analisi: “L’interesse medio su tutti i titoli di debito del Tesoro in circolazione ha raggiunto il 3,05 per cento a ottobre. Mentre era del 2,18 un anno prima”.
E “questa media è ancora in aumento, poiché l’attuale ondata di nuovo debito comporta tassi di interesse del 4,5-5 per cento”.
Non è certo finita qui. “Le entrate fiscali federali, nonostante le affermazioni sulla ‘Bildenomics’ e nonostante una stima di 60 miliardi di dollari di entrate derivanti dalle nuove tasse in vigore nel 2023, sono diminuite complessivamente del 9 per cento nell’anno fiscale 2023: è stato di circa 4,4 trilioni di dollari, in calo rispetto ai 4,95 trilioni nell’anno fiscale 2022”.
La crisi è diffusa in tutti i 50 Stati, tanto che le entrate fiscali complessive sono calate del 13 per cento sia nel 2022 che nel 2023.
Uno dei motivi principali del crac è il netto calo della produzione industriale e manifatturiera.
Passiamo ad alcune stime elaborate da ‘Bloomberg News’ che così valuta la situazione: “a fine ottobre 2023, il pagamento degli interessi sul debito pubblico federale, calcolato su 12 mesi, ha raggiunto circa 1.000 miliardi di dollari. Il livello annualizzato degli interessi pagati è raddoppiato rispetto alla fine di marzo 2022”.
Rammentiamo che già per ben due volte quest’anno, a fine giugno e a fine ottobre, il bilancio Usa è stato vicinissimo al default – come annunciò a metà giugno il Segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen – evitato in extremis con un accordo raggiunto tra democratici e repubblicani alzando, in modo artificioso, il tetto del debito e promettendo tagli alla spesa.
Un mero artificio contabile, appunto, che non può durare all’infinito, come ha preconizzato un grande economista, il quale ha previsto il default per il 2024 che – tenete presente – è l’anno clou delle presidenziali di fine anno.
Cosa faranno le autorità Usa?
Altre pezze a colori fino al voto?
E tenete anche presente che il famoso Welfare Usa sta cadendo man mano a pezzi: con una sanità pubblica sempre più sforacchiata e non più in grado di garantire minimi standard di salute ai poveri, il cui numero sta crescendo a livello esponenziale.
Se Washington piange certo Berlino non ride.
Pesa come un macigno la fresca sentenza della Corte Costituzionale tedesca che si è pronunciata contro i ‘trucchi fiscali’ del governo per raccogliere fondi destinati a finanziare ‘L’Agenda di protezione del clima’. Subito a seguire un’altra doccia fredda per il governo di coalizione guidato da un sempre più impresentabile Olaf Scholz: stavolta arriva dalla Corte dei Conti tedesca che ha lanciato un vero e proprio monito alle autorità in vista del bilancio di previsione per l’anno fiscale 2024. Secondo l’autorità contabile, non va approvato così come elaborato dal governo e quindi chiede numerosi chiarimenti e modifiche.
Nella sua disamina, la Corte dei Conti mette in discussione non solo i provvedimenti per il clima, ma anche “il finanziamento di tutti i fondi speciali”, che sforano abbondantemente i tetti previsti per l’indebitamento. Ma fanno una sola eccezione che, guarda caso, riguarda il fondo speciale da ben 100 miliardi di euro “per l’equipaggiamento delle forze armate tedesche”. Tanto per significare: si può e si deve tagliare tutto, ma non le spese militari! Secondo una ferrea logica teutonica, per non dire nazi…
Da rammentare una vicenda non poco inquietante di un anno fa: quando i deputati del Bundestaghanno addirittura manomesso la Costituzione tedesca, ossia la ‘Grundgesetz’, proprio per aumentare il tetto della spesa militare.
Stando alle stime elaborate dai revisori della Corte dei Conti, quest’anno il tetto del debito verrà superato di quasi 140 miliardi di euro, crescendo di ulteriori 49 milioni nel 2024, per un totale ‘monstre’ da quasi 190 miliardi di euro entro la fine del prossimo anno. Una situazione che somiglia – pur con le dovute proporzioni – proprio a quella degli Stati Uniti, con un rischio continuo di default. E proprio come negli Usa, per decidere uno sforamento del tetto, occorre un accordo tra i partiti, capace di garantire il voto dei due terzi dei parlamentari.
In un clima di tale emergenza, il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, ha deciso che “tutte le autorizzazioni di spesa previste per il 2024 sono sospese”: saranno ammesse solo e soltanto quelle che avranno un’approvazione ad hoc per motivi di ‘emergenza’.
Il ‘Fondo Monetario Internazionale’ ad ottobre ha previsto che la Germania sarà l’economia occidentale che subirà la più forte penalizzazione, causata anche dalla crescente crisi energetica, a sua volta provocata dalle sanzioni anti Russia.
La produzione industriale è in sensibile, sempre più preoccupante calo. Per il settore chimico gli esperti parlano di un vero e proprio crollo, così come per quello automobilistico.
Passiamo all’altra (quasi) metà del mondo, rappresentata in modo significativo dai BRICS.
E da una fresca notizia, ossia la richiesta di adesione da parte del Pakistan. Lo ha appena annunciato il nuovo ambasciatore di Islamabad a Mosca, Muhammad Khalid Jamali, il quale ha precisato che il suo Paese ha presentato la domanda, contando sull’appoggio di Mosca, anche perché la Russia avrà la presidenza dei Brics per il 2024 (il vertice si terrà l’anno prossimo a Kazan).
Ecco le sue parole: “Il Pakistan vorrebbe far parte di questa importante organizzazione e stiamo contattando i paesi membri in generale e la Federazione Russa in particolare per estendere il sostegno all’adesione del Pakistan”.
Moltissime nazioni sono in lista di ‘attesa’ per entrare a far parte dell’organizzazione, che punta soprattutto a sviluppare gli interscambi commerciali tra i paesi aderenti, in un’ottica di proficua cooperazione e soprattutto a livello paritario (cioè senza che vi siano paesi di serie A e di serie B), secondo un principio di ‘multipolarità globale’. Tra essi, Argentina (bisogna però vedere cosa succede con fresco cambio presidenziale), Algeria, Bolivia, Egitto, Etiopia, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Iran.
Secondo gli analisti, anche se solo una parte delle richieste verranno approvate (a quanto pare la lista è arrivata fino a una quarantina di nazioni), la forza economica dei Brics supererà – e di non poco – quella dei paesi G7.
Da alcuni anni svolge una funzione molto attiva la ‘New Development Bank’ (NDB), ossia la banca di sviluppo dei Brics, che un anno e mezzo fa ha eletto come presidente Dilma Rousseff, già presidente del Brasile e storico braccio destro del rieletto capo dello Stato carioca, Ignacio Lula da Silva. Rousseff si è sempre espressa a favore di un progressivo processo internazionale di de-dollarizzazione, meta che si prefiggono soprattutto i paesi ‘emergenti’, quelli che un tempo si definivano che del ‘terzo mondo’ e sono stati sempre sotto il tallone degli Usa.
Nei giorni scorsi la NDB ha deciso di concedere un grosso prestito, pari a 765 milioni di dollari, al Bangladesh.
Di seguito, vi proponiamo la lettura (basta cliccare sui link in basso) di due interessanti articoli.
Il primo, pubblicato da ‘Controinformazione’, firmato da Mario Lettieri e Paolo Raimondi, riguarda la drammatica situazione finanziaria in cui si trovano gli Stati Uniti e infatti si intitola
Usa: gli interessi sul debito superano le spese militari.
Il secondo, tratto dall’ottimo sito francese (per questo dovete attivare il traduttore automatico) ‘Observateur Continental’, è titolato
Les BRICS plus que jamais en position de force
(I BRICS più che mai in una posizione di forza)
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