TURCHIA / ERDOGAN OSTAGGIO DI WALL STREET E DELLA CITY DI LONDRA

Stanno succedendo davvero cose turche ad Ankara.

Per ottenere la sua rielezione, infatti, l’inossidabile presidente Recep Tayyip Erdogan ha dovuto letteralmente vendere l’anima al diavolo, ossia agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, per la precisione a Wall Street e alla City di Londra.

Tutto ruota intorno alla nomina di due tasselli fondamentali del nuovo assetto turco, fortemente caldeggiati da Usa e Regno Unito per garantirsi il controllo sull’alleato troppo spesso ‘ondivago’ e con una spiccata propensione a strizzare l’occhiolino a Mosca e ai BRICS, ossia l’asse economico-finanziario tra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.

Ecco quali sono le due pedine-base nel bollente scacchiere turco: il nuovo ministro del Tesoro e delle Finanze, Mehmet Simsek, e il nuovo capo (o meglio, la nuova ‘capa’) della Banca centrale turca, Hafize Gaye Erkan.

Mehmet Simsek. Sopra, Erdogan

Partiamo da un profilo del primo, Simsek. Può contare su una doppia cittadinanza, turca e britannica, ha studiato Economia a Exeter, in Inghilterra, e soprattutto è un ex pezzo da novanta della banca d’investimenti americana a Londra, il colosso ‘Merrill Lynch’.

Ancor più intrigante il pedigree della prima donna a dirigere la Banca centrale turca, Hafize Erkan. Anche lei può contare su una doppia cittadinanza, statunitense e turca; ha conseguito il dottorato in Finanza in una delle più prestigiose università a stelle e strisce, quella di Princeton nel 2006, dove ha poi studiato ricerca operativa e ingegneria finanziaria. Nello stesso periodo è entrata dalla porta principale in uno dei santuari maximi dell’alta finanza internazionale, ‘Goldman Sachs’, dove ha lavorato ai più alti livelli per nove anni, fino a raggiungere nel 2011 il top, ossia la carica di amministratore delegato.

Non è certo finita qui. Perché la sempre più rampante Erkan dopo tre anni, nel 2014, ha lasciato il precedente incarico per assumerne uno di certo meno prestigioso, ma molto più ‘remunerativo’: è passata infatti a dirigere, come responsabile unico, gli investimenti alla altrettanto rampante e aggressiva ‘First Republic Bank’, che si è occupata soprattutto di fatturati & patrimoni delle star di Big Tech, nella Silicon Valley. In pochi anni Erkan ha decuplicato il fatturato della ‘First’, diventandone il CEO nel 2021.

Il resto è cronaca di qualche mese fa, con il crac di svariati istituti di credito made in Usa, tra cui in pole position quelli che facevano affari con le Big Tech, e quindi, of course, solo due mesi fa, a maggio, è saltata ‘First’, che nel corso degli anni – sotto la spregiudicata guida di Erkan – ha compiuto le più acrobatiche e spesso quanto meno ‘oscure’ operazioni finanziarie.

Hafize Gaye Erkan

Erkan è ora citata in giudizio, per il suo ruolo strategico nel crac, da un’azione legale collettiva di risparmiatori che si dichiarano truffati.

Comunque subito è arrivato un gigantesco salvagente, griffato ‘JP Morgan Chase’, la più grande – ma anche la più corrotta – banca statunitense, che ha rilevato, inghiottendola, la‘First’.

Così almeno la etichetta (‘corrotta’) un grande studioso di ‘cose’ americane, l’economista William F. Engdahl, che sull’analisi e la diagnosi del ‘caso Turchia’ va giù durissimo.

“La vicenda First – commenta Enghdal – viene totalmente ignorata poiché, su richiesta del ministro delle Finanze Simsek, Erkan deciderà il futuro dei tassi d’interesse turchi. Secondo informazioni privilegiate, ha accettato di aumentare l’attuale tasso di base dell’8 per cento al 25 per cento nei prossimi mesi. Una terapia d’urto del genere renderebbe Paul Volker un tenero moderato al confronto”.

E continua: “Nel suo primo atto in carica, il 22 giugno, Erkan ha alzato il tasso chiave della banca centrale turca del 6,5 per cento, un enorme aumento rispetto agli standard normali, portandolo a 15 per cento, più del doppio. Ha promesso che è solo l’inizio del grande capovolgimento dell’era dei tassi bassi di Erdogan. I mercati non erano soddisfatti: si erano aspettati un balzo al 25 per cento in quella riunione. Vogliono il sangue. La lira turca è scesa dopo le notizie sui tassi e la scena è ora pronta per la distruzione dell’economia reale del Paese nell’interesse dell’ortodossia monetaria”.

E ancora: “Finora quest’anno la lira turca è scesa di oltre il 20 per cento rispetto al dollaro Usa. Dal 2013 è scesa del 90 per cento. Gli speculatori finanziari globali come Goldman Sachs o JP Morgan Chase ora controllano di fatto l’economia turca. Erdogan ha chiaramente sottoscritto un patto faustiano per assicurarsi la sua rielezione. JP Morgan‘predice’ un tasso di interesse della banca centrale del 30 per cento entro la fine dell’anno. Con Simsek ed Erkan al fermo controllo dell’economia e del credito turchi, Erdogan non sarà in grado di perseguire una strategia di crescita economica, o anche di perseguire un ambizioso programma di sviluppo a base di petrolio e gas che gli darebbe più libertà d’azione. Come avrebbe detto anni fa il vecchio Henry Kissinger, ‘chi controlla il denaro, controlla il mondo…’”.

E l’amara, drastica conclusione: “Per il momento sembra che Wall Street e i banchieri della City di Londra controllino la Turchia di Erdogan. Questo è un momento molto critico per lui e per il futuro geopolitico della Turchia”.


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