COVID / QUELLE VENTILAZIONI KILLER. IL J’ACCUSE DI UNA RICERCA AMERICANA

Non solo i vaccini stanno uccidendo più di quanto abbia fatto il Covid-19.

Ma anche le ‘non cure’, i protocolli farlocchi durante la pandemia, alcune prassi ‘scientifiche’ usate in modo del tutto anomalo, hanno ucciso molto più dello stesso virus.

E su questo fronte ‘bollente’ (che tira in ballo crimini e responsabilità a molti livelli) è stato appena reso noto e pubblicato dall’autorevole ‘Journal of Clinacal Investigation’ uno studio elaborato da un team di scienziati della ‘Feinberg School of Medicine’ che fa capo alla Northwestern University’ di Chicago.

La ricerca è titolata “Machine learning links unresolving pneumonia, including Covid 19”.

Dallo studio emerge in modo clamoroso come la polmonite batterica secondaria sia stata la principale causa nei decessi di pazienti colpiti da Covid-19. Polmonite batterica scatenata da quelle maledette ventilazioni a livello polmonare così in voga nei mesi caldi della pandemia: quando – come certo ricorderete – si scatenò la corsa all’acquisto dei ventilatori in tutti i reparti d’urgenza negli ospedali italiani (e certo non solo): ventilatori che oggi possiamo definire ‘killer’.

E pensare come quei ricercatori ‘fuori dal coro’ che avevano osato criticarne l’uso sulla base di precisi motivi scientifici, vennero linciati e delegittimati da tante Virostar di turno e dai politici al guinzaglio di Big Pharma!

Roberto Speranza

E da noi? Colpevole in prima battuta il ‘Comitato Tecnico Scientifico’, che ogni giorno sfornava cifre taroccate e del tutto cervellotiche sul numero dei decessi. Il ministro della Salute Roberto Speranza, of course, che non ha mosso un dito, ha impedito le cure che pure esistevano (un nome per tutti, l’idrossiclorochina) ed è andato avanti per mesi sul leit motiv assassino ‘Tachipirina e Vigile Attesa”! Altro che Commissione parlamentare d’inchiesta, ci vuole un processo vero, una volta per tutte e per tutti i responsabili di quella strage dei 120 mila morti nei primi dieci mesi della pandemi

Poi sono arrivati i vaccini: e qui entriamo nel secondo capitolo del massacro scientifica ad opera di Big Pharma e, per far subito due nomi, ‘Pfizer’ e ‘Moderna’, i cui vaccini killer sono stati messi in circolazione dal dicembre 2020: vaccini ‘sperimentali’, ‘inefficaci’, ‘insicuri’ e solo capaci di produrre ‘effetti avversi’ a caterve, 10 milioni nei soli Stati Uniti, di cui la metà ‘gravi’, soprattutto a carico del sistema cardiocircolatorio.

Ma torniamo alla ricerca dell’equipe che fa capo alla prestigiosa ‘Northwestern Chicago University’.

Afferma Benjamin Singer, docente di Medicina Polmonare e in servizio presso il reparto di terapia intensiva della Northwestern Medicine: “I nostri dati suggeriscono che la mortalità correlata al virus stesso è relativamente bassa, ma altre cose che accadono durante la degenza in terapia intensiva, come la polmonite batterica secondaria, compensano questo stato”.

Uno dei punti di partenza dello studio era rappresentato dall’osservazione dei diversi casi di polmonite batterica: e in base ad esso, viene clamorosamente smentita la teoria della cosiddetta ‘tempesta di citochine’ che si riteneva, falsamente, fosse responsabile nei decessi dei pazienti Covid. La tempesta di citochine è una reazione infiammatoria che provoca la compromissione di organi come i polmoni, i reni e il cervello. Però, sottolinea Singer, “se la tempesta di citochine fosse il motivo principale della lunga permanenza in terapia intensiva dei pazienti, ci saremmo aspettati di vedere frequenti transizioni verso stati caratterizzati da una multipla disfunzione degli organi. Ma non è quello che abbiamo visto”.

Benjamin Singer

La ricerca dell’equipe ha preso in esame 585 pazienti nell’unità di terapia intensiva del ‘Nortwestern Memorial Hospital’ ricoverati con una diagnosi di polmonite grave e insufficienza respiratoria. Di questi 190 avevano contatto il Covid. Spiegano i ricercatori: “Sulla base di dati clinici e microbiologici è emerso che il dato del trattamento della ventilazione era sovrapponibile a quello di una maggiore mortalità in questi soggetti. Data la durata relativamente lunga della degenza in terapia intensiva tra i pazienti con Covid, abbiamo sviluppato un approccio di apprendimento chiamato CarpeDiem, che raggruppa giorni di pazienti in terapia intensiva simili in stati clinici sulla base dei dati delle cartelle cliniche elettroniche”.

Ne consegue che la stessa durata relativamente lunga della degenza tra i pazienti Covid è soprattutto dovuta a una prolungata insufficienza respiratoria, che li espone a un rischio di più elevato di ventilazione meccanica: che è stata la vera causa, poi, dei decessi. E tutto ciò si sarebbe potuto evitare.

Quindi, esistono precise responsabilità a carico di coloro i quali hanno ‘deciso’ di percorrere la strada- killer delle ventilazioni.

E non dimentichiamo un fatto: sull’acquisto e quindi la fornitura dei ventilatori sì è giocato un grande business. Che a questo punto si rivela macabro: affari sulla pelle (e le vie respiratorie, in questo caso) dei cittadini.

Da galera. Ma da noi pagherà mai qualcuno?

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