CALCIO / MARCIO ALLA RADICE. E PEGGIO CON LA ‘GIUSTIZIA’ (SIC) 

Non l’avrei fatto, ma l’amico di una vita, Luciano Scateni, mi obbliga a scendere in campo per qualche considerazione sul pandemonio pallonaro al quale, ormai da troppi anni, stiamo assistendo e che sta raggiungendo livelli paradossali.

Partiamo dalle news per risalire a monte.

Un campionato, quello ancora in corso per due giornate, totalmente falsato da una ‘giustizia sportiva’ che ha toccato il fondo. -15 alla Juve, poi penalizzazione azzerata, quindi ri-penalizzazione da 10, proprio a pochi minuti dallo svolgimento dell’ultima partita strapersa per 4 a 1 dai bianconeri con l’Empoli.

Possibile una sceneggiata del genere?

Possibile un tale e totale caos?

Possibile, per rammentarne una, che quel giudice autore della prima sentenza da meno 15 – del quale preferiamo non rammentare il nome e cognome per carità di patria – nel corso di un convegno pubblico che si svolse nel 2019 espresse con candore tutto il suo odio per la Juve e abbia potuto, dopo quella farneticante esternazione, fare ancora il giudice?

La giustizia sportiva, anche a livello internazionale, ha toccato il fondo, il minimo storico. Non ha più alcuna credibilità né autorevolezza né legittimazione. Basti pensare al TAS di Losanna, il massimo livello (sic) della giustizia sportiva nel mondo dell’atletica: una cloaca, un’autentica discarica a cielo aperto dove passa di tutto e di più.

Oliver Niggli

Il direttore generale della ‘World Antidoping Association’ (WADA), Olivier Niggli, arriva a dire: “La giustizia ordinaria non serve a niente. Noi crediamo solo nella giustizia sportiva”. Ha ragione: la giustizia ordinaria, all’estero e soprattutto in Italia, fa acqua da tutte le parti e ha perso gran parte della poca credibilità rimasta.

Ma quella sportiva letteralmente ‘non esiste’, è una pura astrazione metafisica: che però fa schifo e produce i suoi frutti che più avvelenati non si può.

 

 

Torniamo a noi. E’ ormai stranoto, è sotto gli occhi di tutti, che i campionati di calcio di casa nostra sono totalmente taroccati. Nessuno ferma la macchina perché nessuno ha il coraggio di stoppare un’industria che macina miliardi con la pala e poi perché è il gioco più bello del mondo al quale ancora credono in molti: sarebbe come togliere il giocattolo del cuore ad un bambino, e siamo un popolo in bambini.

Il calcio è taroccato alle fondamenta proprio a causa di quei colossali giri d’affari che vi ruotano intorno e che lo sostanziano. Ovvio, quindi, che i bilanci di tutte le società di calcio, nessuna esclusa, siano fasulli. E’ ovvio: se li falsifico io e li falsifica l’altro, poi tutti falsificano perché è diventata la prassi e chi non falsifica è fesso, of course. Quindi, in proporzioni di tutta evidenza diverse, proprio in base ai fatturati, tutti i bilanci delle società dovrebbero essere respinti al mittente da quella ‘Covisoc’ che chiude non uno ma due o tre occhi e fa passare ogni artificio contabile e finanziario: altrimenti, dovrebbe sospendere le iscrizioni delle squadre e non far partire i campionati. Non si può rompere, appunto, il giocattolo che fa comodo a tutti.

Quindi è farsesco che oggi la Juve debba pagare per tutti. Come fu farsesco, quindici anni e passa fa, togliere quegli scudetti alla Juve e assegnarli automaticamente all’Inter, che ne combinava ben di peggio. Furono campionati irregolari, comprati? Bene. Nessuno se lo aggiudica. Tantomeno l’Inter, appunto, che solo per amor di patria non è stata inchiodata alle sue responsabilità pur con delle evidenze giudiziarie clamorose eppure insabbiate:  vero mister petrolio, alias Massimo Moratti?

 

Massimo Moratti

Il calcio, ormai, è marcio e va riformato da cima a fondo. A partire, proprio, dai bilanci societari, con tutta la giungla di plusvalenze e dintorni, giocatori scambiati e valutati per milioni di euro quando sono dei brocchi e servono solo per aggiustare quei fottuti bilanci. Per non parlare della piaga dei procuratori, che hanno legittimato i ricatti con la scusa di rendere liberi i calciatori dopo la legge Bosman: come al solito, una legge giusta viene disapplicata, snaturata e distorta totalmente.

 

 

Torniamo alle news. Giusto trionfo per il Napoli che ha vinto lo scudetto con pieno merito, riuscendo a far esplodere giocatori pagati dieci e che oggi valgono 100.

Ma tutto il resto è fogna. Compresa quella folle sosta che ha spezzato la stagione a metà, per via dei Mondiali in Qatar (s’è poi visto il ‘Qatargate’ al Parlamento europeo!) addirittura in pieno    inverno – per i campionati europei – calpestando le regolarità di tutti i tornei.

E, ciliegina sulla torta, queste sentenze a singhiozzo durante il nostro campionato già in farsa (appunto perché interrotto a metà).

Possibile non vedere poco più in là del proprio naso, continuare con la litania della Juve ladra e non accorgersi che il Re è nudo, tutto il sistema calcio è marcio dalle fondamenta e va ricostruito pezzo dopo pezzo?

L’è tutto da rifare, come diceva giustamente e profeticamente Gino Bartali tanti anni fa.

Proprio come l’Italia, che frana ogni giorno di più, si sgretola sotto i nostri occhi e non sappiamo vedere le responsabilità: preferiamo sempre la sceneggiata tutta lacrime per qualche giorno e poi la giostra riprende a girare.

Come se niente fosse mai successo.

Proprio tutto da rifare…

 

 

DIGNITA’? PRESTIGIO?

 

DI LUCIANO SCATENI

 

Non è il caso di infierire sulla protervia di una società qual è la Juventus, vera e propria azienda quotata in borsa, obbligata a rispettare la legge e specialmente quella di settore, ma una domanda è lecita: per la seconda volta (la prima volta finì in serie B) la Juve commette reati accertati, che comportano la retrocessione della squadra nella serie inferiore. Per ora non è successo, anzi la prima sentenza, che ha privato il club di 15 punti, è stata edulcorata, ridotta a dieci. Il sospetto è che si voglia consentire ai bianconeri di vincere le prossime partite e agguantare comunque un posto per la prossima edizione della Champions League. Qualcuno, ma è purtroppo sentimento diffuso, chiede l’assoluzione di Agnelli e compagni di disavventura: “Non si può ignorare che la Juventus è ‘brand’ di alto livello”. Proprio perché è colpevole un ‘brand’ del calcio, non si può essere d’accordo con i difensori d’ufficio della ‘vecchia signora’e il giudizio sulle sue accertate manipolazioni di bilancio è giustamente drastico, ‘tranchant’. Il racconto della gloriosa Gazzetta dello Sport, che non nasconde l’empatia leghista per le squadre del Nord, riporta le reazioni dei tifosi, gli stessi noti per ingiurie razziste e xenofobe e titola ‘La furia sui social dei tifosi’: “Difendiamo il nome, il prestigio (?) i colori, la dignità (dignità?) di questa maglia. Sempre con voi fino alla fine (anche in B? ndr). Rompete questo sistema, fate ricorso, bloccate tutto, chiedete i danni. Basta chiacchiere andiamo al Tar, bloccate i campionati fino a ottobre”. La rabbia esagitata arriva a ipotizzare una sentenza ‘a orologeria’, arrivata alla vigilia di Empoli-Juventus. È miopia da ultra: fosse vero, Allegri e la sua ricca compagine avrebbero dovuto reagire con gara perfetta e vincente. Domanda agli arrabbiati tifosi juventini: “È dignitoso rispondere con la resa senza condizioni a una squadra di modesto livello?

Il via alla lotteria sulla ruota di Napoli è un rumor martellante  di che meravigliarsi, il premio per la ’tombola’ è la guida dei campioni d’Italia, l’ambizione di De Laurentiis di aggiungere ala palmares degli azzurri la Champions, di abitare il gotha delle sei big europee per progettare la grande bellezza di un mini torneo del calcio spettacolare. Nel bussolotto dei papabili per l’investitura di erede di Spalletti, circolano nomi altisonanti: Luis Enrique, ex ct della Spagna, in pole position. A seguire Thiago Motta, Gasperini, Conte. Il Luciano delle sorprese sembrerebbe orientato a godere un anno di ozi familiari, per scegliere con calma il suo futuro. Chissà che non si sia già accasato concordato con chi accrescerà il personale tesoretto. Ciao Spalletti, un ciao che include alla pari rammarico per l’esodo e dispetto per il ‘tradimento’.

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