“La libertà (Giorgio Gaber) non è solo un’intenzione”

Freedom, magia di un’idea in assonanza con “rivoluzione”, progetto di libertà, ma con le ali tarpate dal loro contrario, dalla rassegnazione alla schiavitù non solo fisica, dalla repressione largamente diffusa dei diritti fondamentali. Freedom come utopia, provare per credere: immaginare  trasformare l’esercizio di fantasia anticonformista in concretezza, disintossicarsi dalla droga del nostro tempo, subdola più degli stupefacenti, smettere di avvelenarsi con la nicotina, di finire nel buio dell’alcolismo, della ludopatia. Provare, darsi un appuntamento con un giorno particolare, quando la Tv non attira dipendenza da ascolti,   l’ultimo episodio della fiction preferita è alle spalle, il campionato di calcio è in standby per sosta da festività, lo smartphone è in riparazione per recupero dati, il forno a micro onde riposa in pace, in previsione di pranzo e cena in trasferta primaverile, il computer si è serenamente spento dopo prolungata agonia da vecchiaia. Questo sarebbe il giorno perfetto per affrontare il test della libertà da televisione, cellulare e altri strumenti del nostro tempo iper condizionato. Ovvero, il giorno della sperimentazione in retromarcia, del ritorno alla stagione perduta dell’appagamento da lettura di un buon libro, del ‘silenzio stampa’, della tempesta negata di notizie vere, false, angoscianti su guerre, pandemie, femminicidi, terremoti e alluvioni, siccità, transizione ecologica andante passo lento. In assenza del quotidiano tsunami informativo, in dissolvenza, esondano dalla percezione quotidiana fatti e misfatti del pianeta avvelenato da guerre, attentati climatici alla sopravvivenza della Terra, immagini di bambini africani scheletrici, migranti sepolti nel Mediterraneo, ricchezze e povertà smisurate, dittature di destra, rigurgiti di nazifascismo, facce da incubo, dei Trump, Putin, Bolsonaro, Netanyau. Assaporata la grande bellezza di una giornata speciale, di drogati in uscita dai veleni dell’ossessiva routine, perché no, è possibile prolungare l’esperienza perché diventi scudo seriale antisistema, premio meritato di freedom riconquistata. Altrimenti, per esempio oggi, ci piomberebbe addosso l’Italia in nero della destra che fa man bassa di nomine,  Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, cognato della premier, che in stile Hitler insiste sull’etnia italiana minacciata dai nigranti africani, la bieca storia di un padre, che abusa della figlia e filma l’oscenità, di De Laurentiis in delirio di onnipotenza da vincitore dello scudetto, che   prova a diventare il deus ex machina del calcio e ripropone una competizione ‘simil mondiali’, tra le sei squadre migliori dei cinque campionati europei, idea già bocciata perché discriminante, di élite, contraria alla dimensione sportiva popolare. Per non dimenticare cos’è la destra, l’infelice esternazione di Barbareschi, negazionista indiretto di chi compie abusi sessuali e osa sostenere che le attrici li denunciano per farsi pubblicità: “Io – dice – per ‘scopare’ (che linguaggio raffinato, ndr) non l’ho mai fatto”.

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