Appaio, ergo sum

Protagonismo narcisista. Il virus, che circola dal tempo delle caverne, forse dal parto virtuale di Adamo e della sua costola Eva, è degenerato in pandemia. Il contagio non ha risparmiato nobili e plebei, re e capi di Stato, gente di spettacolo, scienziati, artisti, politici: Nabucodonasor, Cleopatra, Nerone, Napoleone, Einstein, gli zar, Stalin e Churchill, Hitler, Mussolini, Andreotti, eccetera, eccetera. Nel cuore dell’attualità ne sono ‘vittime’ Fedez, Diletta Leotta, La Russa, Meloni, Salvini, Putin e Biden, Zelenski. Indottrinati da specialisti della propaganda politica autoreferenziale, deputati, amministratori locali, candidati, danno l’assalto al ‘forte’ per mettere il sedere su un divano, una poltrona in un salotto di talkshow. Gongolano conduttori e conduttrici se l’incontro diventa scontro, rissa, urla di voci sovrapposte. Mostrano di essere al top della soddisfazione, se volano insulti, che “fanno ascolto”. Il ‘sistema’ si è rapidamente trasferito nelle piazze, amplificato da potenti casse sonore e, indegna emulazione, nelle solenni aule di Montecitorio e Palazzo Madama. Ne sono contagiati a livelli insopportabili gli spot pubblicitari, mesi in onda a volume maggiorato e i conduttori di programmi d’intrattenimento. Ne sa qualcosa chi segue Insinna e la sua ‘Eredità’: si vede costretto a diminuire il volume per evitare di sfondare i timpani. È altamente probabile che Zangrillo, personal doctor di Berlusconi, non abbia scoperto l’antidoto per sconfiggere la variante del virus ‘P’ (Protagonismo). L’inventore di Forza Italia e del potente network televisivo privato conta all’attivo centinaia di interviste concesse, comparse in programmi su reti Rai e Mediaset, video autoprodotti, tutti interpretati con la ‘calma dei forti’, aspetto disteso, sorrisi accattivanti, parole misurate, perché straordinario discepolo di eccelsi comunicatori. Non altrettanto convincente è la sua ultima esternazione pubblica. Neppure il tempo per riappropriarsi di una forma psicofisica prossima alla normalità, dopo un mese di terapia intensiva e ogni rete, Tg, agenzia di stampa, programma di approfondimento hanno proposto agli italiani un monologo di venti minuti. Una pena. Commenta Gasparotti, storico regista responsabile dell’immagine di Berlusconi per quaranta anni, inventore della calza sull’obiettivo della telecamera per rendere fotogenico l’ex premier, professionista della comunicazione: “Il mio re, l’hanno mandato allo sbaraglio. Lo hanno costretto a mostrarsi con il volto che chiede compassione. Ma come, ricordarlo così, in ospedale, provato da un mese di dura degenza?…” E conclude: “…Per amore suo dico che è una vergogna mostrarlo così”. Così come? Con il viso gonfio (per il cortisone?), la voce incerta, gli occhi come due fessure, dietro un misero tavolino recuperato chissà dove nell’ospedale. Chi lo ha costretto dei suoi ‘sudditi’ preoccupati nel veder sfoltire i consensi già ridottissimi di Forza Italia? Il cinismo politico, antitesi del protagonismo dell’apparire nella migliore identità.


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