BESTIARIO PARLAMENTARE / GOVERNO AL MARE, IL PD PENSA AI COLORI

Ormai viviamo in un mondo totalmente ‘distopico’, in una realtà assolutamente capovolta. Dove la morale e la logica non hanno più alcun diritto di cittadinanza.

Parliamo delle ultime vicende di casa nostra, che si tingono di autentica, drammatica ‘sceneggiata’ alla napoletana, che più doc non si può.

Il governo deve votare la manovra del secolo, mettere un punto fermo alla questione diventata ‘di vita o di morte’. E’ l’appuntamento al quale nessuno, della maggioranza, può mancare, per dare un segno forte: l’esecutivo c’è, è saldo, e rispetta gli impegni presi.

L’incontro a Downing Street fra Meloni e Sunak. Sopra, Elly Schlein su Vogue

E invece cosa succede, proprio mentre il nostro primo ministro incontra a Downing street, immortalata tutta in sorrisi, col premier britannico Rishi Sunak? Che la norma del secolo non passa, con un balbettante Fabio Rampelli, il vicepresidente della Camera, intento a farfugliare un numero che non torna. Mancano 9 voti ad una maggioranza che più blindata non si può.

Sbianca al cellulare, appena viene a conoscenza della ferale notizia, la Meloni uscita gongolante dall’incontro col premier britannico. Non sa che pesci prendere, farfuglia anche lei qualche parola, si scusa quasi…

Dilettanti allo sbaraglio. E poco importa che il giorno dopo tutto fili liscio perché altrimenti sarebbero corsi fiumi d’olio di ricino o preferibilmente, per il nazi Benito La Russa, la fucilazione dei reprobi.

E’ comunque subito cominciata la caccia ai traditori, ai franchi tiratori d’un tempo (molto più serio, quel tempo, di questo mondo nostro totalmente capovolto, distopico, appunto), sparsi tra leghisti e forzisti soprattutto, ma anche tra i confratelli d’Italia.

E parallelamente è partita la caccia alle ‘scuse’, alle pezze a colori da piazzare subito come salvifici cerotti per nascondere la figuraccia, appunto, del secolo, anche davanti all’Europa.

Prima scusa: è tutta colpa del lungo ponte causato da quel maledetto primo di maggio, venuto subito dopo lo stramaledetto 25 aprile che ha raggiunto l’apice della follia con gli insulti multipli, carpiati, in piroetta alla Resistenza, le offese alla Memoria dei partigiani, di tanti morti innocenti, con la chicca della faccia da perfetto SS di Benito La Russa che non dirà mai  ‘antifascista’ neanche sotto le torture che i suoi cari nazi facevano regolarmente nei loro campi di sterminio. E poi doversi sorbire la solita cazzata che più pazzesca non si può: siamo contro tutti i totalitarismi e il comunismo ha fatto più crimini del fascismo e del nazismo, come ha delirato perfino una giornalista del Corserache fino ad oggi non aveva dato segni di squilibrio, Maria Teresa Meli.

Ignazio Benito La Russa

E torniamo a bomba, le scuse, le pezze a colori. Il ponte (non quello sullo Stretto, l’altra boutade del secolo, con tutti i problemi che abbiamo) che ha fatto andare al mare parecchi parlamentari; il numero ridotto, voluto da quell’aborto di riforma che non ha ridotto i vergognosi stipendi (come sacrosanto, livellandoli alla media europea), ma il numero, il che significa minore rappresentanza e quindi minore democrazia. Lo capisce anche un bambino, loro no, l’hanno voluto e fatto: e questo è uno dei primi frutti avvelenati prodotti da lorsignori.

La figuraccia epocale resta. La sensazione di un esecutivo di incapaci, ignoranti, del tutto inadatti a gestire un condominio, figurarsi un Paese, esce più rafforzata che mai. Soprattutto se si pensa ai giganteschi problemi, che abbiamo di fronte alti come una montagna: come potrà mai una banda di giovani marmotte (nel migliore dei casi), di boy scout fronteggiare questioni epocali? Meglio non pensarci.

Anche perché di fronte non ha un’opposizione, che comunque è sempre utile, per pungolare, spronare, con la quale scazzarsi in modo serio. Perché di fronte c’è il nulla.

Ma prima di passare al nulla, ancora una chicca sul ‘nulla’ governativo. Hanno avuto la faccia di bronzo di convocare i sindacati, proprio il primo maggio, per dire loro: avete visto, ce l’abbiamo fatta? Sì, in corner. Ma quale senso mai ha un incontro con il sindacato a cose fatte? E come mai il sindacato s’è genuflesso e ha accettato il meeting che è puramente formale invece di mandare un sonoro vaffa di risposta e scendere il piazza non il 1 maggio per il solito rito del lavoro, ma a partire dal 2 come in Francia, per due mesi di seguito e buttare sul piatto le questioni gravissime di cui il governo se ne strafotte: pensioni minime sociali da aumentare non oggi ma ieri, perché da fame, indegne per un paese civile (ma noi siamo ormai un popolo di bantù); lavoro ai giovani e lavoro comunque, visto che è stato fatto a brandelli il reddito di cittadinanza: totalmente da riformare, da cambiare, da far funzionare, da assegnare non a profittatori e scansafatiche, ma a chi ne ha realmente diritto. Invece cancellato praticamente del tutto senza creare una alternativa!

E il sindacato che fa? Niente, braccia conserte, a guardare, invece di mobilitare tutti i cittadini come succede in Francia e perfino in Germania. Sindacato ormai a livello di larva, di scendiletto padronale, di ectoplasma allo stato puro.

 

E la sinistra, l’opposizione dicevamo? Parole, proteste vocali, schiamazzi da cortile. Ma nessuna proposta concreta, nessun programma di lotta sociale autentico, anche qui di discesa in piazza con argomenti tosti da imbracciare, come appunto il lavoro, le pensioni, la Giustizia Sociale che è sempre più un sogno lontano, una utopia quasi irraggiungibile ormai.

Ma cosa di fa, proprio in questi giorni, il Neo Segretario del Nuovo Partito, al secolo Elly Schlein? Concede un’intervista a ‘Vogue’.

Proprio come ha fatto, mesi fa, lady Zelensky. Pari pari.

Parla di politica, la numero uno del Pd? No, la vera notizia che salta fuori dallo scoop griffato Vogue è che lei, il Segretario, e la sua compagna, si servono della professionalità di un’amica che viene pagata 350 euro ora per dare una consulenza in materia di abbinamento dei colori (non voglio neanche mettere nero su bianco il nome di questa neo-professione, che va ben oltre quella del lookologo).

Enrico Berlinguer

Insomma, lavoratori, lavoratrici, occupati, disoccupati, sappiate che da ora in poi avrete al fianco, per occuparsi dei vostri interessi, un Segretario che sa quali abiti indossare, con gli abbinamenti giusti dei colori: se il rosso non va più e sarebbe scontato, allora un grigio a fasce rosse, un jeans con tante bandierine americane sparse qua e là (tanto l’amicizia con gli Usa resta più solida che mai, la NATO non si discute, per l’Ucraina armi a iosa).

Riportate alla memoria, anche solo per un istante, l’immagine di Enrico Berlinguer, l’ultimo comunista vero, l’ultimo leader degno di un partito che voglia rappresentare i lavoratori e il progresso (dopo di lui, il diluvio), che pensa a come abbinare giacca e cravatta. Ed è quello il suo cruccio, il problema esistenziale che lo attanaglia. Povero Enrico, starà facendo la trottola nella sua tomba.

Alla fine dei giochi, Meloni che regge il governo del nulla, può dormire comunque sonni tranquilli: tanto la sua ‘competitor’ pensa ai colori!

Altro che mondo capovolto….!!!


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