Dure analisi di due think tank americani sulla gestione del conflitto in Ucraina da parte dell’amministrazione Biden.
Si tratta dell’Hudson Institute e del Mises Institute.
Il primo, fondato nel 1961 dal fisico Herman Kahn, si occupa di “politiche per la pianificazione strategica del cambiamento”. Una delle sue ricercatrici più autorevoli è Rebecca Heinrichs che dirige un suo importante dipartimento, ossia la ‘Keystone Defence Initiative’ ed è docente all’ ‘Institute of World Politics’ dove insegna ‘Teoria della deterrenza nucleare’, l’argomento bollente in queste angosciose settimane del conflitto, che rischia sempre più un’escalation.
Ecco alcuni passaggi di un intervento firmato dalla Heirichs titolato ‘U.S. is warming un in Ukraine before the conflict with China’, ossia ‘Gli Stati Uniti si stanno riscaldando in Ucraina prima del conflitto con la Cina’.
“Se gli Stati Uniti decidessero di non sostenere l’Ucraina, sarebbero estremamente mal preparati a combattere poi la Cina”.
“La decisione di sostenere l’Ucraina ripristina alcuni elementi della base militare-industriale e una sana forza lavoro manifatturiera”, fondamentale per gli Usa in caso di scontro (sempre più probabile) con Pechino, o quanto meno di ‘contenimento’.
La Heinrichs rammenta quanto ha sostenuto di recente l’ammiraglio della Marina statunitense Charles Richard: “Gli Stati Uniti devono basarsi sui risultati ottenuti in Ucraina e prepararsi per una battaglia più grande che non possono permettersi di perdere.
Del resto, nelle linee guida della ‘Strategia di difesa nazionale degli Stati Uniti’, la Cina viene definita come “la sfida più completa e seria della sicurezza nazionale”, mentre la Russia rappresenta la “minaccia acuta” del momento.
Un altro ammiraglio a stelle e strisce, del resto, si lanciò in una previsione: “il 2025 sarà l’anno strategico per la resa dei conti. In quell’anno ci saranno le presidenziali sia negli Stati Uniti che a Taiwan. E sono sicuro che quell’anno io sarò in servizio a Taiwan”.
Più chiari di così…
Molto più dettagliata la disamina effettata da Rayan McMaken, senior editor al Mises Institute, collaboratore per diverse testate americane, tra cui ‘The Washington Post’, ‘Politico’, ‘Bloomberg’, ‘The Hill’. Anche il Mises è un thint tank, fondato nel 1982, molto vicino alle posizioni del senatore Ron Paul, un ‘libertario non interventista’, il più attivo al Congresso Usa nel firmare e portare avanti proposte bipartizan, convinto sostenitore dell’idea di ridurre il potere di Cia, Fbi e altre agenzie di intelligence.
Ecco alcuni passaggi salienti del lungo intervento firmato da McMaken, che potete leggere integralmente (in lingue originale) cliccando sul link in basso e titolato ‘One Year Later in Ukraine: Washington and NATO Got it very Wrong’, ossia ‘Un anno dopo in Ucraina: Washington e la NATO hanno sbagliato molto’.
“Gli Stati Uniti vogliono chiaramente combattere la guerra fino all’ultimo ucraino, in quella che stanno confezionando come una crociata globale nello stile della seconda guerra mondiale. Ma sembra ora che i pensatori più pragmatici, cioè francesi e tedeschi, riconoscano che i negoziati sono la soluzione più umana.”.
Nel paragrafo intitolato ‘La Russia non è mai stata una minaccia globale’, così scrive: “E’ stato chiaro, fin dall’inizio, che la Russia non ha mai avuto la capacità di sostenere un’occupazione di aree che non contengano già un numero considerevole di russi etnici o simpatizzanti russi”.
“La Russia non rappresenta una minaccia per gli Stati Uniti, a meno che gli Stati Uniti non si intensifichino fino al punto di una guerra nucleare. Se gli europei si sentono minacciati, possono difendersi facilmente data l’enorme dimensione del loro blocco economico rispetto alla Russia”.
Nel successivo paragrafo ‘Il mondo non è unito contro la Russia’, commenta: “Forse visto che la Russia non presenta alcuna minaccia militare convenzionale al di là del suo ‘vicino all’estero’, la maggior parte del mondo non ha approvato l’inizio di una nuova guerra fredda. Sebbene i portavoce della NATO siano stati entusiasti dell’approvazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite che condannano la Russia, è notevole il numero dei paesi che hanno scelto di astenersi dal voto. La leadership politica in questi paesi non semplicemente non è disposta a impoverire la sua popolazione per compiacere Washington. Le invasioni statunitensi e le campagne di bombardamento contro l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia e la Siria hanno chiarito che gli Stati Uniti sono perfettamente a loro agio nel violare la sovranità nazionale quando si adatta alle ambizioni di Washington”.
“Cosa significa tutto questo per la Russia? Significa che alcune delle più grandi economie del mondo hanno segnalato di non avere piani per tagliare fuori la Russia dall’economia globale e che si rifiutano di tagliarsi fuori dal petrolio, dal gas e dai prodotti alimentari russi”.
Nell’ulteriore paragrafo ‘Le sanzioni non hanno rovinato la Russia’ sostiene: “Nonostante tutta la spavalderia degli Stati Uniti, le sanzioni Usa non sono chiaramente riuscite a rovinare economicamente la Russia. Al contrario, le sanzioni hanno creato un’ulteriore motivazione per le nazioni a trovare modi per aggirarle anche in futuro. Come osserva Agathe Demarais in ‘Foreign Policy’, ‘Russia, Iran, Cina e altri paesi in contrasto con gli Usa stanno raddoppiando gli sforzi per vaccinare le loro economie contro le sanzioni. Queste misure hanno poco a che fare con le sanzioni: rappresentano invece misure preventive per rendere le potenziali sanzioni finanziarie del tutto inefficaci. Tali meccanismi includono sforzi di dedollarizzazione, lo sviluppo di alternative al sistema SWIFT e la creazione di valute digitali della banca centrale’”.
Prosegue McMaken: “Continuiamo a ripetere che la Russia non deve vincere, ma cosa significa? ‘Se la guerra continuerà abbastanza a lungo con questa intensità, le perdite dell’Ucraina diventeranno insopportabili’ – ha detto un alto funzionario francese – e nessuno crede che saranno in grado di recuperare la Crimea’. Il generale Peter Pavel, presidente eletto della Repubblica ceca ed ex comandante della NATO, ha dichiarato alla conferenza di Monaco dei G20: ‘Potremmo finire in una situazione in cui la liberazione di alcune parti del territorio ucraino potrebbero comportare più perdite di vite umane, un peso insopportabile. Potrebbe esserci un momento in cui gli ucraini possono iniziare a pensare ad un altro risultato’”.
Così conclude l’editorialista del Moses Institute: “La fine dei giochi sta arrivando ed è una soluzione negoziata. Sfortunatamente è un accordo che arriverà solo dopo un’immensa perdita di vite umane, sia per gli ucraini che per i russi e al prezzo di un’enorme perdita di capitali e infrastrutture. Un accordo probabilmente avrebbe potuto essere raggiunto prima. Gli Stati Uniti avrebbero potuto rinunciare alla loro ossessione di fare dell’Ucraina un avamposto della NATO. Il regime ucraino avrebbe potuto rinunciare a cercare di trasformare l’Ucraina in uno stato etnico in cui i russi sono cittadini di seconda classe. Gli Stati Uniti e l’Ucraina avrebbero potuto ammettere che non recupereranno la Crimea. Invece hanno scelto di prolungare il conflitto e il risultato sono state centinaia di migliaia di morti inutili. Pertanto, una politica estera responsabile per quegli stati sta nel prendere posizioni che limitino inutili spargimenti di sangue, trovando al contempo modi per coesistere con i russi. Invece Usa e Ucraina hanno deciso di diventare filosofici sulla rettitudine morale mentre i leader della NATO recitano il loro elenco di punti sul cambio di regime a Mosca e la vittoria totale, Monaco e un ‘ordine basato su regole’. Niente aiuta a salvare vite umane. Coloro che hanno promosso la necessità di una guerra su vasta scala e ‘niente pace fino alla vittoria totale’ si sono sbagliati in modo sbalorditivo e ciò si è rivelato molto costoso”.
LINK
One Year Later in Ukraine: Washington and NATO Got It Very Wrong
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