NATO / JENS STOLTENBERG VUOLE LA VITTORIA TOTALE DELL’UCRAINA

Pochi mesi prima di lasciare la poltronissima di Segretario Generale della NATO– sulla quale con ogni probabilità andrà a sedersi il nostro ex premier Mario Draghi, sempre più nelle grazie di Joe Biden – il norvegese Jens Stoltenberg ha – come si suol dire – gettato la maschera, mostrando l’autentico spirito guerrafondaio che ha sempre animato e continua ancor più oggi ad animare l’Alleanza Atlantica.

Nel corso di una conferenza stampa congiunta con i vertici ministeriali agli Esteri dei Paesi Bassi, che si è tenuta poche ore fa, rispondendo alle domande di alcuni giornalisti, Stoltemberg ha illustrato le vere intenzioni della NATO e, of course, del suo maggiore ‘azionista’, gli Stati Uniti.

Ecco le parole che lasciano spazio a pochi dubbi: “Il momento dei colloqui di pace non è ancora arrivato, perché l’Ucraina non ha la posizione per dettare i suoi termini. Quindi il compito dell’Alleanza è aiutare le forze armate ucraine a vincere sul campo di battaglia”.

Come vuole con forza il presidente-pupazzo dell’Ucraina, Volodymyr  Zelensky, che ogni giorno chiede sempre più armi agli Usa e agli europei e ha posto come condizione base per iniziare i negoziati la riconquista di tutto il Donbass e della Crimea: condizioni del tutto folli, e quindi, chiaro segno che vuole ottenere il successo sul campo, caso mai per arrivare… fino a Mosca. In soldoni Zelensky, la NATO e gli Usa puntano dritti alla caduta del ‘macellaio’ – così per primo lo definì mesi fa l’agnellino Joe Biden – Vladimir Putin.

Ma torniamo alle frasi di Stoltenberg: “Il compito della NATO è sostenere con tutti i mezzi possibili le forze armate ucraine nei mesi invernali e assicurarsi che Kiev ottenga sul campo quante più vittorie possibili”.

Eppure, non si tratta di partite di football, e un capo NATO dovrebbe immaginarlo.

Ha aggiunto il Segretario uscente: “L’Alleanza non vuole assolutamente che la Russia detti le sue condizioni al tavolo dei negoziati. Quindi l’esito del conflitto sarà deciso unicamente sul campo di battaglia”.

E tanto per far capire anche ai sordi: “Molti conflitti si risolvono al tavolo dei negoziati, ma stavolta non è così e l’Ucraina deve vincere a tutti i costi sul campo. Quindi la sosterremo con tutta la decisione e con tutti i mezzi fino alla vittoria finale”.

Più chiari di così – è proprio il caso di dire – si muore.

Tony Blinken. Sopra, la premier Giorgia Meloni con Stoltenberg

Si torna, in questo modo, di parecchi mesi indietro nell’orologio della storia che oggi più che mai sta correndo all’impazzata e bruciando tutte le tappe. Si torna alle prime minacce di Biden e del numero due del ‘Dipartimento di Stato’, il ‘falco’ Victoria Nuland, che alle prime avvisaglie del conflitto proclamarono: “se la Russia mette un piede in Ucraina sarà guerra totale”.

E si ha ormai la piena impressione che in tutti questi mesi e soprattutto in queste ore abbia preso il sopravvento, sulle decisioni della Casa Bianca, l’arci-guerrafondaio ‘Dipartimento di Stato’ guidato da Tony Blinken (sua vice la Nuland, appunto). Mentre ad esempio il Pentagono (ossia i vertici dell’Esercito a stelle e strisce, i Super Militari) si è sempre mostrato più possibilista, più propenso ai negoziati, molto meno incline alla guerra totale fino “all’ultimo ucraino” per giungere al vero obiettivo, il cambio di potere al Cremlino, la caduta di Putin.

In questa ottica, e soprattutto stando alle freschissime parole di Stoltemberg (il quale parla non solo a nome della NATO, ma of course anche degli Usa), vanno a farsi benedire i tentativi di gettare acqua sul fuoco, gli ‘approcci’ di Bali dove i nemici si sono ‘annusati’ pur a distanza; e soprattutto l’incontro che si sarebbe svolto ad Ankara – sotto gli auspici di Recep Erdogan, nelle stesse ore alle prese con l’attentato con ogni probabilità eterodiretto dagli Usa – tra i vertici dei servizi segreti degli Stati Uniti e della Russia, per ‘distendere’ il clima che più avvelenato non si può.

E pensare che pochi giorni fa lo stesso Stoltenberg aveva incontrato il nostro primo ministro Giorgia Meloni. E’ servito forse a ‘radicalizzarlo’, quel meeting?

Sarebbe la prova ‘maxima’ di fedeltà e genuflessione a Usa e NATO della Giorgia nazionale: forse un atto dovuto e ‘sussurrato’ da Super Mario Draghi…


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