La borgatara della Garbatella

Effettivamente: centrale in questa balorda campagna elettorale è la borgatara della Garbatella che confessa l’abuso aggressivo (eufemismo) del suo italiano con evidenti incursioni nel romanesco, quanto meno per cadenze dialettali. Peccato veniale, i politici non perdono tempo per migliorare la dizione, che siano uomini e donne del sud o del Nord, unico caso di equivalenza dell’Italia. Quando il gossip era semplice pettegolezzo tra comari, le nonne a difesa dei soggetti chiacchierati proponevano il detto popolare “Si parli anche male, purché si parli di me”. La saggezza di questa assoluzione del gossip cicaleccio ben si adatta alla strategia di personaggi della politica altrimenti ignorati. All’estremo della riflessione sul tema spicca l’indubbio potere mediatico dei cosiddetti social e pere fare un esempio, gli esperti di informatica hanno svelato la ‘truffa’ di politici che barano con sistemi sofisticati per aumentare falsi record di ‘like’ al proprio profilo.  Non è noto se i service della statistica che operano i sondaggi hanno monitorato il dilagante presenzialismo di soggetti in primissimo e costante primo piano nei quotidiani, nelle Tv, Facebook, Instagram, Twitter, Linkedin, Tik-Tok.  Il primato, nessun dubbio, è di “Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana”, contesa dai media ‘amici’ e contestata dai ‘nemici’. Un’ orgia che fa impallidire l’interesse per Letta, suo più diretto competitor.  Un gradino più giù staziona Salvni, ‘carrocciaro valpadano’, con il suo faccione da divoratore di hamburgher e patate, insediato da Berlusconi, Conte, Renzi, Calenda e a grande distanza da Bonino, Fratoianni, invasori di spazi informativi di serie B. Agli avversari della “Sarò io la premier, sfugge l’esito boomerang di ineccepibili addebiti, che la portabandiera e portavoce del neofascismo trasforma in controffensiva, per ingenua complicità di quel poco che resta dei media antagonisti con lo tasunami di giornali e tv della destra. Non è esente da questo addebito la mole di note quotidiane come questa, impegnate a raccontare i perché della sciagurata probabilità di ritrovarci il 26 settembre, con la riedizione del Ventennio. Non è un grande problema mettere in stand by i due sensi dell’udito e della vista. Facile, basta oscurare al momento giusto i canali Tv di Mediaset e purtroppo della Rai, destrofila per essere in linea con i futuri ‘padroni’ post voto, e passare oltre le news on line appena compaio facce e articoli del nemico. A impedire la totale ignoranza di Mloni-Slvini-Berlusconi è il post elezioni la destra confermasse la letale ambizione di governare l’Italia. La sciagurata ipotesi provocherebbe un già vissuto stop alla libertà di pensiero dopo settant’anni, di cui la “Yo soy….” si avvale per dare un colpo al cerchio e uno alla botte, per spacciarsi come moderata con gli italiani brava gente e sovranista, dispotica, neofascista, con lo zoccolo duro della destra. Una certezza: dal dal rispetto del ‘fioretto’, che impone di oscurare la destra, si vive meglio, molto meglio. Un ultimo strappo all’impegno, l’invito-satira di Cecilia, figlia di Gino Strada alla ‘Yo soy, eccetera’: “Con la Meloni una vacanza in mare a bordo di una nave di soccorso che recupera i migranti la farei molto volentieri”.

 


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