JULIAN ASSANGE / IL REGNO UNITO DECIDE DI ESTRADARLO NEGLI USA

Svolta nel giallo di Julian Assange, il fondatore di ‘WikiLeaks’ che gli Stati Uniti vogliono a tutti i costi nelle loro carceri per fargli pagare caro e salato il conto: aver svelato, al mondo intero, con una grande operazione di giornalismo da vera contro-informazione, molte notizie e documenti ‘top secret’ degli Usa sui loro molteplici crimini internazionali, con particolare riferimento a quelli commessi in Iraq e in Afghanistan. Materiali poi diffusi tramite ‘WikiLeaks’ e tre testate internazionali.

Invece di ricevere quanto meno il Pulitzer, ora Assange rischia 175 anni (per 18 diversi capi d’accusa) nelle certamente non ospitali galere a stelle e strisce.

Ecco le news.

Come scontato, il ministro dell’Interno britannico, Priti Patel, ha firmato l’ordine di estradizione negli Usa di Assange, che attualmente si trova nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, a pochi chilometri da Londra.

Ecco come asetticamente commenta la decisione il ministero britannico dell’Interno: “I tribunali del Regno Unito non hanno ritenuto che sarebbe oppressivo, ingiusto o un abuso di potere estradare Assange. I tribunali non hanno ritenuto che l’estradizione sia incompatibile con i diritti umani, compreso il suo diritto a un processo equo e alla libertà d’espressione”.

Negli Stati Uniti – assicurano, forse disponendo di una sfera di cristallo – “sarà trattato in modo appropriato, anche in relazione alla sua salute”. Molto precaria, e da svariati mesi, come hanno documentato alcune perizie mediche.

E’ del tutto evidente che l’accelerazione nella decisione è dovuta al conflitto in Ucraina, e all’odio montante da parte del governo guidato dal ‘festaiolo guerrafondaio’ Boris Johnson contro Vladimir Putin e ai rapporti sempre più stretti con gli Usa di Joe Biden, al quale – con la consegna della ‘preda’ Assange – il premier britannico intende fare un gran cadeau: anche per mostrare il più alto grado e tasso di deferenza e vassallaggio (come a casa nostra sta facendo tutti i giorni il nostro prono premier Mario Draghi, in attesa di spiccare il volo verso l’agognata poltrona di Segretario generale della NATO, che Jeans Stoltemberg dovrà lasciare a fine anno).

Restano appena due settimane, ai legali di Assange, per presentare l’ultimo appello, il cui esito è però già ben scritto: ok all’estradizione.

Resta poi la speranza finale, ossia il ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, che fa capo al Consiglio d’Europa, di cui la Gran Bretagna (pur dopo la Brexit) continua (non si va bene a qual titolo) a far parte. Già praticamente scritto, anche in questo caso, l’esito.

Non resta che sperare in una crescente mobilitazione popolare internazionale, in grado di far sentire la sua voce contro i Moloch del Potere, emblematicamente rappresentati da Usa e Regno Unito, che vogliono radere al suolo quel poco che resta del diritto di tutti i cittadini all’informazione: come sta plasticamente mostrando il manistream occidentale nel corso del conflitto in Ucraina, totalmente omologato, appiattito, cloroformizzato per seguire i diktat provenienti ogni giorno dalla Casa Bianca e dal Dipartimento di Stato Usa. Senza contare l’ultima trovata degli yankee: l’attivazione di un vero e proprio ‘Ministero della Verità’ (come neanche in tempi del nostro ‘Minculpop’), affidato nelle mani di un personaggio che più chiacchierato (come ‘creatore di fake news’) non si può, Nina Jankowicz, proprio di origini ucraine, da sempre nemica acerrima di Assange e secondo cui ‘WikiLeaks’ è solo “feccia” e “organica al sistema di propaganda e disinformazione russa”. Il piatto ‘americano’ per Assange, come si vede, è già pronto in tavola.

Ma veniamo alle ultime reazioni.

‘WikiLeaks’ fa sapere, attraverso il suo account twitter, che questo “è un giorno oscuro per la libertà di stampa e per la democrazia britannica”, e aggiunge che “chiunque in questo Paese tenga alla libertà d’espressione dovrebbe vergognarsi profondamente che il ministro dell’Interno abbia approvato l’estradizione di Julian Assange negli Usa”.

“Il nostro fondatore – viene aggiunto – non ha commesso alcun crimine. E’ un giornalista e un editore ed è punito per aver svolto il suo lavoro. La strada per la sua libertà è lunga e tortuosa. Oggi non è la fine della lotta. E’ solo l’inizio di una nuova battaglia legale. Combatteremo più forte e grideremo più forte per le strade, organizzeremo e faremo conoscere a tutti la storia di Julian”.

Edward Snowden

Edward Snowden, l’ex agente della US National Security Agency e della CIA, che nel 2013 ha avuto il coraggio – come Assange – di rivelare al mondo un’altra marea di segreti Usa, soprattutto per quanto concerne i giganteschi programmi di spionaggio elettronico, ha vissuto una storia per certi versi ‘parallela’. Braccato dagli americani, ha trovato in questi anni riparo in una località segreta russa.

A proposito degli ultimi sviluppi del caso Assange, sottolinea Snowden: “l’estradizione di Julian è un simbolo atroce ed è la dimostrazione palese di quanto l’impegno dei governi inglese e americano per il rispetto dei diritti umani sia ormai totalmente svanito. Le proteste nel mondo a favore della libertà di stampa ci sono, ma non riescono a incidere abbastanza. Bisogna fare di più”.

 

 

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