C’era una volta l’Ucraina

La ragione, la logica, la correttezza dialettica del pensiero privo di pregiudizi, la par condicio, anche quella furbesca, televisiva, dei conductor che infilano nei salotti le chiacchiere di dichiarati provocatori, per dar luogo a risse che tanto fanno ascolto: tutto questo e non solo è utile per capire il perché di una certezza. Provate a immaginare, quanti giorni, forse perfino quante poche ore, avrebbero ridotto l’Ucraina a colonia della confederazione russa, a terra, ricca di risorse naturali come pochi, asservita alla dittatura del Cremlino. Chiedete a un generale, a un ambasciatore, a un attendibile analista geopolitico o semplicemente al vostro intuito, alla vostra materia grigia sgombra di pregiudizi. La risposta univoca, inequivocabile, sarà: Putin e il suo immenso potenziale bellico avrebbe ingoiato in un sol boccone l’intera Ucraina, probabilmente avrebbe fatto fuori Zelenski con il veleno o una sventagliata di kalashnikov e l’aggressione avrebbe proposto al mondo il fatto compiuto di una forma violenta di colonialismo subita da un Paese a democrazia costituzionale, che tende a entrare nella comunità europea. Il ragionamento collaterale: se non è successo, si deve a due componenti della resistenza, all’eroismo patriottico del popolo ucraino, esaltante, ma non decisivo, ai mezzi di difesa ricevuti dal mondo occidentale. La tragedia dei civili vittime dell’aggressione, uccisi dalle  bombe devastanti, a grappoli, al fosforo, la devastazione di intere città, colpite dai missili, con ospedali e scuole incluse, il massacro di uomini, donne, bambini, presenterebbe bilanci ancora più da crimini contro l’umanità se il popolo ucraino non avesse potuto limitarli. La deduzione non è contestabile e lascia intendere che alcune menti di non modesta qualità (  Freccero, Cacciari, di recente Orsini, Santoro) portatrici di  sentenze che addebitano pari responsabilità di Russia e Ucraina, diventano complici di russofani, di pro-Putin, di severi censori degli aiuti militari, oltre che umanitari dell’Occidente al Paese aggredito. Cosa nasconde questa anomala  neutralità con tendenza a legittimare la menzogne di Putin e dei suoi scagnozzi , spinte fino a negare le fosse comuni dove giacciono abbandonati i corpi di ucraini massacrati dai russi,  a ignorare la tragedia dei bambini malati di cancro costretti a interrompere le cure per la distruzione degli ospedali, a  fingere di non conoscere il messaggio di una sposa russa al marito in guerra con l’invito a “stuprare le donne ucraine”, a tacere sul tentativo di uccidere Zelenski, fine riservata a non pochi dissidenti? Cosa nasconde? Doppia ipotesi e cioè la crisi di astinenza da protagonismo, da visibilità televisiva (Freccero, Cacciari, Santoro, l’edonista Orsini), o, nel caso dei primi tre, un caso di forte nostalgia per quel che fu  l’Unione Sovietica nata con la Rivoluzione d’Ottobre, poi degenerata con lo stalinismo: ovvero, l’esasperazione di vetero comunismo che assolve  Putin, dittatore di riferimento di oligarchi e miliardari di un Paese corrotto come pochi, di  ricchezze sconfinate e povertà estreme. Basterebbe non dar loro la parola, coincidente, loro malgrado, con il giornalismo fiancheggiatore della destra, basterebbe ripetere senza sosta, anche a chi storce il naso per l’invio di armi a Zelenski: “Quanto avrebbe impiegato Putin a impadronirsi dell’Ucraina?” Su tutto il resto si può ragionare, sulla brusca involuzione di Biden, costretto dal Paese ipnotizzato dall’invito di Trump e raccolto da oltre metà degli americani di condividere forme di espansionismo armato, o l’amaro risveglio dell’Europa messo di fronte al tema dell’energia dipendente, specialmente dalla Russia o il danno della smemoratezza collettiva, che sembra aver dimenticato le tragedie della guerra.


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