In nome della Leopolda, che non è una giovane donna

Berlusca docet. La goliardica e insieme illecita, illegale connessione tra processi e condanne, ‘incombenze’ sopportate con rassegnazione tutt’altro che cristiana e la ‘bella vita’ di nababbo che ogni cosa se gli va può far sua a suon di milioni, ispira il giramondo strapagato, esule dal Pd, fondatore di Italia Viva teso a emulare il ‘maestro’, che ha incantato il popolo frustrato di ammiratori esclusi dall’allegria godereccia di fanciulle in fiore disposte a prestazioni tra il burlescque e il sollazzo, come dire, più intimo del ‘generoso datore di lavoro, rosi dall’invidia per la costosa goduria del padrone di Mediaset e di molto altro. Arduo ogni tentativo di emulare la perfezione del tempo strappato dal “meno male che Silvio c’è”, alla politica, alle fonti del suo arricchimento, alla crescita esponenziale dei network televisivi del ‘biscione’, alle alleanze imprenditoriali, agli investimenti immobiliari. Con mezzi, strategie, tempi di imparagonabile entità, ma identica supponenza, ci prova un personaggio compatibile solo con la democrazia imperfetta dell’Italia, il Matteo, nonché Renzi, studente ambizioso, rappresentate di classe (prodromo della vocazione alla leadership). Si racconta che abbia sgobbato per assimilare la ‘tecnica’ dei politici illustri avvitati alle poltrone del potere. Per lui, ragazzetto, è stato formativo capire e far sua l’ideologia centrista dei demo (prefisso che non costa nulla) cristiani (chiesa cattolica); agganciare la capacità di accreditarsi con le masse per influenzarle politicamente e catturare il loro consenso elettorale. Giunto alla maggiore età, il ‘nostro’ si è lasciato rapidamente alle spalle i primi gradini della scala istituzionale e si è rivelato talento vincente dell’‘X Factor’ della partitocrazia italiana, priva di figure carismatiche. Non si è fatto mancare nulla il Renzi Matteo. I tanti ami immersi nello specchio di mare della sinistra smarrita hanno catturato ampi consensi e l’illusione dei progressisti in disarmo di aver generato il salvatore della Patria. La tessitura di un progetto a medio e lungo temine ha coinvolto soggetti istituzionali, dell’imprenditoria, di vari poteri in attesa di un messia. Con il sonoro di un botto reboante, ha minato e ha fatto implodere lo stato confusionale del Pd, l’ingenua tracotanza di Salvini. Con un crescendo di ammiccamenti, di esternazioni ambivalenti, ha disegnato il piano per proporsi ago della bilancia del sistema politico italiano, affermazione condivisa da Rosati e dalla fedelissima Elena Boschi. Il presuntuoso ragionamenti di Italia Viva: “Se prosegue il sodalizio Pd-populisti5Stelle e la destra si conferma come alleanza bipolare Salvini-Meloni, per noi si spalanca una prateria” (cioè per Renzi, Calenda, pezzi di Forza Italia, Bonino, ex democristiani, moderati di varia estrazione, cattocristiani di fede cardinalizia antipapa Francesco). Niente di nuovo sotto il cielo del nostro Bel Paese afflitto da memoria corta. Succede che l’enfasi mediatica di giornali e tv per scandali, reati, magagne, si esaurisce presto. Finiscono in discarica fatti e misfatti di personaggi indagati, processati, condannati. Comportamenti eticamente sconvenienti (l’amicizia, con tanto di lodi per il contestato principe saudita, i milioni intascati da Paesi stranieri nei confronti dei quali, come leader di un partito e senatore della Repubblica potrebbe essere chiamato a pronunciarsi) l’opacità della fondazione su cui indaga la Procura di Firenze: tutti ‘titoli’ che Renzi trasforma per favorire l’endorsement dell’Italia nostalgica degli anni di tangentopoli, della contiguità politica-mafie. La sintesi di questo delirio di megalomania è firmata con piglio di pasionaria proprio dalla Boschi, che a proposito del ko del governo determinato dalla convergenza del voto di Italia Viva con il centrodestra (Renzi lo ha vanamente smentito), dichiara di aver dimostrato che i loro numeri contano. Chissà se con astuzia o ingenuità conferma la strategia di ricattare il Pd per partecipare con ruoli importanti all’esecutivo Draghi e contemporaneamente lavorare per affossarlo con il ripristino di un polo di centro. Per cominciare con la proposta del moderato centrista Gentiloni come erede di Mattarella, o in alternativa di Casini, Amato, Casellati e di chissà quale alto nome utile alla causa di Renzi allievo di Berlusconi. Ora, tra i nemici del ‘rottamatore’ c’è Conte, forse perché concorrente del centrismo? Giusto criticare la sua protesta per l’esclusione dei 5Stelle dalle nomine Rai. Conte avrebbe dovuto contestare prima di tutto il nuovo esempio di totale subordinazione dell’emittenza pubblica ai partiti. È invece insolente oltre misura la battuta “Dategli almeno Rai Gulp” (tv dei bambini). Per amplificare la voce di Italia Viva, Renzi annuncia il via da gennaio della ‘sua’ radio Leopolda.

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