Contrordine degli sfascisti: niente violenza, domenica si vota

L’ordine di servizio: “In piazza, manifestazioni, scioperi sì, interviste pilotate, ovvero risposte-comizio preparate dai vertici dei partiti della destra e trasmessi con il passa parola, via smartphone ai No Vax pilotati dai capi popolo e dai loro portavoce, imparati a memoria, ripetuti senza una virgola in più o in meno, come dicevamo a scuola ‘a pappagallo’. Ma niente violenza”. L’imminenza dei ballottaggi ha sconsigliato i mandanti della contestazione violenta di provocare nuovi episodi di guerriglia urbana, elettoralmente negativi per i candidati della destra. L’ammonimento ha probabilmente indotto le frange violente di quanti strumentalizzano timori e falsità sulla vaccinazione a non mobilitarsi. Senza il via libera alla violenza degli scontri, senza l’attrattiva di assalti ai luoghi della democrazia, “che gusto c’era’ nel replicare cortei in chiave pacifica?” Di qui l’adesione inferiore al blocco del lavoro e del trasporto, il quasi regolare svolgimento delle attività portuali e solo qualche sbavatura, dovuta a ‘intemperanze’ dei violenti irriducibili: nei confronti di giornalisti (non a caso di Rai 3), e dei lavoratori che intendevano entrare in fabbrica; qualche intervista ‘cattiva’ nei confronti del green pass, ma priva di contenuti scientificamente attendibili, ‘politicamente’ molto deboli. Trieste, che rischia di essere governata per la seconda volta dalla destra, ha fatto registrare com’era prevedibile il più consistente raduno di contestatori motivati da faziosità, da rabbia anti governativa, malamente indottrinati dai mandanti di una protesta che se è ragionevole prendere in considerazione per mancata o falsa informazione di persone impaurite, non trova giustificazione nel ‘no’ pregiudiziale all’unica strategia salvavita antagonista del Covid.  Ieri la ‘partita’ governo-destra l’hanno vinta Draghi, Speranza e l’intero esecutivo della maggioranza, fermi nella decisione di non cedere agli sfascisti e di confermare le linee guida decisive per impedire la tragedia di una terza o quarta ondata della pandemia, che metterebbe in ginocchio l’economia del Paese e imporrebbe nuove, dolorose restrizioni alle libertà individuali e collettive. Ieri ha vinto il lavoro. Di là dai riconoscimenti alla coerenza decisionale del governo, ha vinto l’affermazione del ruolo centrale del lavoro per la salute del Paese e l’anima democratica di gran parte della classe operaia. Niente blocchi, niente paralisi, trasporto garantito. Il governo deve molto al mondo operaio: deve operare e in fretta per azzerare il tragico bilancio di morti uccisi dal lavoro, deve agire con strumenti adeguati per impedire la fuga dal Paese delle multinazionali che disattendono gli accordi sindacali sottoscritti per invadere mercati più convenienti. Uno per tutti, il caso Whirpool. Con decisione immotivata licenzia 320 dipendenti e contribuisce a espropriare Napoli della classe operaia dopo la chiusura a catena di impianti produttivi negli anni 80: Italsider e l’intero comparto industriale a ovest ed est della città. Comunque da Napoli per Roma, con destinazione la manifestazione antifascista sono partiti 50 pullman. Comunque la fermezza riconosciuta al governo è una linea operativa incompleta. Dopo sei anni il Cairo continua a proteggere impunemente mandanti ed esecutori dell’omicidio di Giulio Regeni, consente all’Egitto di tenere in carcere da un anno senza una sola accusa il ricercatore dell’Università di Bologna Zaki, ha qualche titubanza nello stroncare il con fermezza il nazifascismo interno e mostra di subire il sovranismo razzista dei Paesi europei governati dalla destra, nonostante i consistenti aiuti economici che ricevono da Bruxelles.


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