MASSIMO GALLI / NON VA DAI PM PER IL CONCORSO TAROCCATO   

Piove sul bagnato per Massimo Galli, la star tivvù dei vaccini, il primario infettivologo dell’ospedale ‘Sacco’ di Milano coinvolto in una maxi inchiesta sui concorsi taroccati alla Statale, il prestigioso ateneo meneghino, ma non solo.

Il nome dello scienziato ricorre in ben 4 casi di concorsi cuciti su misura per i candidati favoriti, secondo le accuse.

Vengano alla luce, intanto, nuove intercettazioni bollenti. Ma lui, serafico, ostenta serenità: tanto da rispedire al mittente – ossia ai pm inquirenti della procura di Milano, Carlo Scalas e Luigi Furno – l’invito a presentarsi.

Così motiva il legale del cattedratico, Ilaria Li Vigni: “Abbiamo valutato di attendere l’avviso di chiusura delle indagini preliminari per capire meglio l’origine e la natura degli addebiti contestati di cui il professore ancora non si capacita”.

Cade dal pero, il luminare milanese, eppure le oltre 500 pagine di carte e documenti raccolti dai pm parlano non poco chiaro.

E a parlar chiaro è, soprattutto, la voce del prof., ‘intercettato’ non poche volte dagli inquirenti, nel corso di amichevoli conversazioni con amici e colleghi.

A proposito del caso più eclatante, quello per il ruolo di professore associato presso il dipartimento di infettivologia del Sacco diretto proprio da Galli, conteso tra il primario del Niguarda e più titolato Massimo Puoti e il pupillo di Galli, Agostino Riva, così scrivono i pm: “I rapporti personali tra Galli e Riva possedevano un’intensità tale da far sorgere il sospetto che il candidato Riva venisse giudicato non in base ai titoli e al risultato delle prove, ma in virtù della precostituita volontà di Galli di avvantaggiarlo”.

Lo stesso Galli, intercettato a luglio 2020, così spiega in una conversazione telefonica: “Ecco, per cercare di uscire dal fondo della classifica (…) abbiamo fatto le operazioni che dovevano essere fatte portando avanti Agostino (…) è chiaro che, insomma, giocare tutte le carte diventa veramente difficile”. Ed aggiunge: “Si fa quel tutto quello che si può fare, eh”. E in un’altra telefonata: “Però, non me lo far dire…”.

Secondo gli inquirenti, tali parole (ed evidentemente non poche altre) rappresentano “la definitiva conferma dei favoritismi compiuti per far conseguire a Riva l’importante incarico”.

E aggiungono: “Occorre evidenziare le spiccate condotte di favoritismo che portavano Galli, alla presenza di Riva, a contattare gli altri membri della commissione per metterli a conoscenza di informazioni riservate”.

Ancora, a proposito della metodologia taroccara: “Ciò che sorprende è che tale attribuzione dei punteggi sia stata preordinatamente decisa da Galli per favorire Riva e comunicata agli altri commissari soltanto in seguito”. Dopo poche ore i punteggi saranno caldi caldi, pronti per l’uso: Riva sopravanza di tre punti il rivale Puoti che si ritira e con la compagna così si sfoga: “Mi hanno fregato sui titoli, penoso”.

Quando poi un docente di Brescia gli annuncia il ritiro di Puoti, Galli   commenta: “Sono molto lieto di avere la possibilità di risolvere un problema in amicizia, senza dovermi trovare a fare cose (…) che non mi si addicono”.

Ma la regia taroccara prosegue anche con la prova orale. “Al riguardo –  notano i pm – giova evidenziare che in relazione alla scelta delle materie non vi era stata alcuna concertazione da parte della commissione ma il mero assenso degli altri componenti alla protagonistica regia di Galli.

E il luminare, intercettato in una conversazione con il collega Mastronardi, osserva: “Ti sta arrivando la proposta delle tre domande”. Domanda Mastronardi: “Che devo fare?”. Galli dà disposizioni chiare: “Devi rispondere: va bene (…) Domani formalmente a lezione, ci siamo capiti”.

Il copione è perfetto, la regia super: così Riva sostiene l’esamino con   Galli al suo fianco, come l’alunno con il maestro. Facile come bere un bicchier d’acqua: la ‘prova’ dura venti minuti scarsi…

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