Meno male che c’è Fanpage

È di La 7 il privilegio di rendere pubblico un episodio esemplare di giornalismo d’inchiesta, genere che sopravvive all’appiattimento dei media e agli editti bulgari. È di Giovanni Floris, esule della Rai per l’insipienza, ma soprattutto per la subordinazione dei vertici aziendali ai partiti (presidenza, consiglio di amministrazione, direzione generale, di reti e dell’informazione), il coraggio professionale di trasmettere un primo step dello straordinario lavoro che ha permesso a ‘Fanpage’ di impallinare chi dovrebbe essere processto per il reato previsto dal dettato costituzionale e da una legge dello Stato, che vietano  ricostituzione e apologia del fascismo. Un giornalista di Fanpage ha indossato i panni, sicuramente molto scomodi per lui, di uomo ben introdotto nel mondo della finanza, interessato a trattare affari con Fratelli d’Italia. L’intrusione nell’arcipelago dello sfacciato, repellente fascismo, del malaffare che ingloba uomini delle istituzioni in ruoli di rilievo, nella piena consapevolezza della Meloni, ha documentato con testimonianze dirette e dettagli inequivocabili che l’Italia democratica ha colpevolmente tollerato il work in progress del neofascismo. Nasce da questa semplice riflessione lo sconcerto per le complicità a tutto campo che lo hanno sottovalutato, peggio ignorato e hanno consentito di rispondere alle accuse purtroppo fragili con l’alibi della ‘libertà di espressione’. È scontato il riconoscimento della rara qualità del giornalismo d’inchiesta di Fanpage, al servizio di verità sommerse, oscurate, protette da omertà. Alcune di tante inchieste: ‘Depositi di rifiuti nucleari nella provincia radioattiva di Brescia’, ‘Discarica tossica più grande d’Europa nel casertano’, ‘Violenze nel carcere di Poggioreale’, ‘Funerali show del boss Casamonica, ‘Fondi neri della Lega’ e sul caso Durigon (Fanpage ha subìto un’ordinanza di sequestro del sito firmata dal giudice candidato nel 2013 con ‘Fiamma Tricolore’, e dopo 24 ore non operante per la mobilitazione di giornalisti e personalità pubbliche).  L’operazione verità di Fanpage sui rigurgiti fascisti, diffusi più di quanto non abbiano denunciato i media e la politica, rivela la pericolosa deriva del neofascismo, che mente nel dissociarsi da saluti ‘romani’, raduni squadristi, celebrazioni mussoliniane, violenze razziste. omofobia, dal ruolo di terminale del sovranismo antidemocratico di Putin o dei primatisti americani che finanziano la destra italiana. Lunga vita a Fanpage, alla sua coraggiosa redazione, ma contemporaneamente l’amara delusione per l’inerzia di chi rappresenta la democrazia del nostro Paese. Con gli strumenti operativi di cui dispone avrebbe potuto e dovuto stroncare sul nascere ogni minimo accenno a legittimare la sciagura del Ventennio, che si identifica in Fratelli d’Italia e la contiguità di formazioni eversive


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