Giulio, Patrick e l’Italia degli affari

Grida vendetta un improduttivo coro internazionale di condanna, che molto somiglia a furba strategia di auto assoluzione del mondo civile, democratico, senza alcuna ricaduta sulla drammatica condizione di Zaky detenuto senza uno straccio di prova. Ecco cosa inficia il comportamento, soprattutto dei Paesi europei, che abbondano in proclami di solidarietà ‘gratuita’ per il giovane studente dell’Università di Bologna e si guardano bene dal boicottare le relazioni commerciali, industriali, militari con l’Egitto, che interrotte drasticamente, costringerebbero il Cairo a porre fine, con la scarcerazione, al calvario di Zaky, detenuto da 19 mesi e minacciato di subire la condanna  a cinque anni di prigione senza un perché, o peggio, per rispondere all’assurda accusa di aver diffuso in patria e all’estero, notizie false contro lo Stato egiziano. L’incredibile motivazione? Un articolo del 2019 per la rivista on line Darraj, in cui lo studente denuncia la discriminazione subita da un militare di religione copta morto nel Sinai, dove lo Stato egiziano conduce da anni una “campagna anti-terrorismo”. L’Organizzazione mondiale ‘Human Rights Watch’:“Centinaia di esecuzioni extragiudiziali archiviate come sparatorie”.

Dopo quasi 600 giorni di prigionia Patrick compare per la prima volta di fronte a un giudice, che deve decidere sul suo futuro e gli dovrebbe far conoscere le ragioni della detenzione prolungata in assenza di accuse precise. L’evento coincide con il viaggio del presidente egiziano Al Sisi all’assemblea delle Nazioni Unite, altra opportunità per imputare all’Egitto il mancato rispetto dei diritti umani e la segregazione immotivata di Zaky.  Il paradosso è nel motivo che ha portato Al Sisi a New York, dove presenterà (non è uno scherzo di cattivo gusto) il documento “Iniziativa statale sui diritti umani”, che stride con la tragedia di migliaia di egiziani incarcerati per anni, in attesa di processo. Al Sisi incontrerà il democratico Joe Biden, ‘in amicizia’ e i rappresentanti di tutti i Paesi, Italia inclusa, che com’è accaduto finora eviterà di mettere l’Egitto con le spalle al muro con l’interruzione delle relazioni internazionali e il blocco di forniture militari, lo stop a contratti commerciali. Italia-Egitto, ecco un esempio del vorticoso giro d’affari: dal 2018 al 2019 il valore della nostra vendita di armi è balzato da 7 a 69 milioni di euro. I settori degli interessi italiani: gas (Eni), turismo e soprattutto armi. Il boom del business ha coinciso con l’inutile e propagandistica iniziativa del governo italiano di chiedere il ritiro del nostro ambasciatore dal Cairo, mentre la diplomazia lavorava a pieno regime per consolidare ed estendere i rapporti economici tra i due Paesi. Non fosse ammantata di amara ironia, ecco la testimonianza della ‘negligenza’ interessata dell’Italia nei confronti del caso ‘Regeni’ e ora di Zaky: Dialogo” è il termine scelto per confermare le normali relazioni con il regime del Cairo e “diffondere l’immagine di un paese amico”.


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