Poi dice che uno si butta a sinistra (ma succede?)

Ricordi colmi di nostalgia se ne stanno buoni, buoni, in angoli bui della memoria e se di tanto in tanto riemergono dall’oblio è responsabilità di fatti e misfatti narrati dalla cronaca. Negli anni d’oro dell’essere comunisti con orgoglio oltre che con coerenza, infrangere codici di comportamento in linea con le idee di sinistra incorreva nel giudizio severo, non giustizialista, dei saggi del partito, dei ‘compagni’ più autorevoli, dei probiviri. Le figure e il ruolo di questi dirigenti è svanita con il crac che ha privato la politica della fondamentale presenza democratica, del Pci e quanto ne residua è il rosso stinto di una gloriosa bandiera contaminata in lavatrice da indumenti rosa. Il crescendo di episodi opposti all’etica della sinistra, protagonisti uomini dei partiti succeduti al Pci con sempre minore affinità ideologica, è l’inequivocabile conferma della distanza degli eredi di multiforme provenienza partitica da idee e ideali della sinistra. L’opportunità di ragionare su questo presupposto la propongono elementi di cronaca solo in apparenza disomogenei. De Luca, presidente di regione, in discutibile affinità con il Pd che lo ha eletto, calpesta la Costituzione, si erge a legislatore pro dono sua e annuncia la sua terza candidatura a ‘governatore’ della Campania. Emiliano, pari ruolo della Puglia per nulla nuovo a stramberie che nulla hanno in comune con il Pd, ne combina una davvero clamorosa. In vista delle consultazioni amministrative di ottobre, tifa per Pippi Mellone sindaco di Nardò, comune governato dal centro destra. Mellone è arcinoto per aver militato in Azione Giovani (neo fascisti) e non nasconde la simpatia per i fascisti di Casa Pound. Emiliano spara un incredibile segnale di gradimento per Mellone che “mi avrebbe insegnato a liberarmi dei pregiudizi, a conciliare anziché contrapporre”.  Di cosa meravigliarsi la risposta del successore di Augias nella gestione della rubrica delle lettere a ‘Repubblica’ alle contumelie nei confronti dello scrittore Pennacchi, appena deceduto. Queste: “Cos’è un fasciocomunista?  Pennacchi (Premio Strega, ndr) in nessun altro Paese europeo avrebbe dignità culturale”. Il commento di Merlo, in sintesi: “L’antifascismo è stata una cosa seria (ma va…davvero?) ma non esiste univocità delle cose…alla fine della guerra di liberazione una gran confusione (!), uno stridio di uomini e ideali, apparentemente inconciliabili segnò il passaggio di intellettuali e masse, senza soluzione di continuità, dal fascismo al comunismo (!!!)… Nei primi movimenti del ’68 (‘Il lungo viaggio attraverso il fascismo’ di Zangrandi) le radicalità di destra e di sinistra talvolta si ritrovarono insieme: terzomondisti, filopalestinesi, evoliani, missini e comunisti maoisti. Per qualcuno (qualcuno chi?) fu solo una variante del neofascismo…”

Che dire, analisi lucidissima, con un’imperfezione: manca l’emoticon degli applausi che Giorgia Meloni avrà sicuramente postato in coda alla surreale risposta del quotidiano ‘confindustriale’ alla provocazione della lettera citata.

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