Siamo tutti Luna Reyes

L’Italia con il filo spinato lungo i suoi confini di terra e con l’esercito schierato tutto intorno al perimetro dello ‘Stivale’, in missione di respingimento dei migranti, se si crede nella dignità umana e nella correttezza dell’informazione deve accettare l’imputazione di omicidio plurimo aggravato, altrimenti incorrerebbe nel rifugiarsi in falsi racconti, in forme di razzismo subculturale, proprie dell’ignoranza. Nell’ipotesi perfino ottimista del futuro di un’Italia, che blinda il suo territorio e nega l’accesso a uomini e donne di altre etnie, c’è il baratro dello spopolamento e di patologie collaterali: crisi economica irreversibile, gap internazionale,  che ridurrebbe il Paese a ospizio per la terza e la quarta età,  conseguente default dell’Inps, impossibilitato, con le casse vuote, a pagare le pensioni. Osservato con quest’ottica, il pericolo di bloccare l’immigrazione e perseguire nello sfruttamento dei lavoratori stranieri, privati della regolarizzazione, si coniuga tragicamente con il perverso intreccio dell’interesse dell’Italia a cordiali rapporti con la Libia, da cui attingiamo prodotti energetici, petrolio più di ogni altro e con la colpevole tolleranza nei confronti dei libici. Toccherebbe loro di fermare il flusso dell’emigrazione, ma in realtà sono complici di criminali, che lucrano sulla fuga disperata dalle stragi di Paesi in guerra, guidati da dittatori spietati. Assistono cinicamente alla tragedia di vittime del mare, abbandonate senza soccorso: complicità evidenti, o mascherate, estemporanea (per molti convinta, per altri mistificata) commozione ad ogni naufragio, che trascina infondo al Mare Nostrum uomini, donne, bambini; choc quando il mare abbandona sulla spiaggia il corpo senza vita di un bimbo, o diventa sepoltura per donne in gravidanza, padri abbracciati ai figli, che scompaiono tra le onde;  pietà  per i corpi di sopravvissuti scheletrici, torturati; solidarietà e il suo contrario, accoglienza e xenofobia. Carola Rakete, capitana coraggiosa di una nave salva vite insultata, minacciata, processata; una giovane donna spagnola, volontaria della Croce Rossa, stringe al petto un ragazzo africano provato per le sofferenze dell’esodo dalla sua terra, strappato agli affetti di genitori, fratelli, e davanti a sé le incognite del suo futuro in un mondo a lui sconosciuto, privo di certezze, probabilmente di sfruttamento. Un ragazzo con la faccia da adulto, in lacrime per il gesto di straordinaria umanità di Luna Reyes.

Terribile la sequenza di immagini degli scalcagnati barconi stracolmi, abbandonati dagli scafisti, sciacalli disumani, al destino di ribaltarsi nel mare in tempesta, nell’indifferenza del mondo cosiddetto civile, ad occhi chiusi per non vedere, inerte nel pretendere il rispetto delle leggi che impongono di salvare e accogliere i naufraghi, impegolato in accordi farraginosi, non rispettati, strutturati per creare conflitti di interpretazione e scappatoie per eluderli. “I governi europei, e anche molta informazione, dicono spesso che queste persone ‘sono morte’. Non si tratta di ‘incidenti’ o di ‘disgrazie’ imprevedibili. L’Europa ne dovrà rispondere. Perché queste tragedie si ripetono sotto lo sguardo delle autorità nel Mediterraneo”. La denuncia è di Oscar Camps, fondatore dell’ong Open Arms: “Queste persone non sono state “fatte morire” solo dai trafficanti, ma da quei governi che con la mafia libica hanno negoziato, che hanno legittimato le organizzazioni criminali in cambio di qualche barile di petrolio in più, di qualche migrante in meno. Senza chiedere in cambio il rispetto dei diritti umani, fondamentali nei campi di prigionia. Ora i clan mafiosi libici alzano di nuovo il prezzo e ricattano i nostri governi”.

Luna Reyes, oggetto di aggressioni verbali, di odio e minacce, non è solo espressione di meravigliosa umanità: ha indotto il governo del Paese a far suo il gesto di accoglienza. Yolanda Díaz, vice premier: “È un simbolo di speranza e solidarietà”. “Non permetteremo che l’odio vinca” ha dichiarato Rita Maestre, consigliera del Comune di Madrid.


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