Il P… artito (di) D…ante

Il crescente rammarico per le ‘assenze da Covid’ pesa come un macigno sullo stato della salute mentale di quanti affidano la propria serenità, non solo intellettuale, alla frequentazione delle suggestioni offerte dall’universo della cultura, che siano musica, teatro, arte. La prova di questa ovvietà è nell’effetto taumaturgico delle idee messe in campo per compensare il vuoto di umanità nei luoghi appunto della cultura: teatro e musica televisivi, ovvero concerti, prosa, incursioni in musei e gallerie, documentari…è nell’attesa soddisfatta, di incontrare, anche se a distanza televisiva, mitiche eccellenze e in particolare l’erede di mostri sacri rivisitati come Gassmann, Carmelo Bene, Albertazzi che hanno declamato pagine dell’Alighieri poetica. Il ‘Dantedì’, a settecento anni dalla morte del sommo poeta, Quirinale lo ha celebrato il Quirinale con una serata di assoluta perfezione che Roberto Benigni ha illuminato, perché geniale interprete della Divina Commedia. In piena pandemia, riscoprire il suo genio senza pari ha proposto  un ulteriore esempio di alternativa alla cultura zittita dalla pandemia. Nell’austera atmosfera del palazzo presidenziale ha suscitato emozione il vis a vis dell’attore toscano con Mattarella, visibilmente commosso, durante la performance del racconto memorizzato prodigiosamente del 25esimo canto del paradiso, e non meno per la qualità dal prologo, che ha disegnato in forma inedita il profilo di Dante, il suo ruolo politico di guelfo, poi ghibellino e infine di leader di sé stesso. Benigni: “Dante è stato un grande poeta e un grande politico. Era con i guelfi, tra i Priori e poi nel Consiglio dei 100. La politica non gli ha portato bene. Lo hanno esiliato ingiustamente da Firenze e condannato, quindi è passato tra i ghibellini. Alla fine ha detto basta con la politica e ha fondato il partito di Dante, il P d, che non ha vinto mai. Si sono scissi, troppe correnti. Il Pd sono 700 anni che non trova pace”. Perché proprio il canto 25 del Paradiso? “Dante lo ha scritto per rimuovere le persone dallo stato di tristezza, di miseria, di povertà nel quale si trovano e condurli a uno stato di felicità. Voleva la felicità. Dopo aver letto il Paradiso, se lo si legge lasciandosi andare, non si guardano più le altre persone con distrazione o indifferenza, ma come scrigni di un mistero, depositarie di un destino immenso.” Anche lui, anche un figlio paludato della sinistra, che assembla come nessun altro, intelligenza e genialità di sinistra, manifesta in una sede prestigiosa e con le armi proprie della satira, il disagio politico per lo snaturamento d’identità degli eredi del Pci. E per non tradire l’attualità, l’avance della renziana Boschi sul perché a Italia Viva, inconsistente costola del Pd, spetti il sindaco di una grande città, tra Milano, Rona, Napoli, o la competizione al femminile tra Deborah Serracchiani e Marianna Madia, per la presidenza dei deputati Pd.

Che dire della buona volontà di Letta, disposto a dialogare con Renzi, nemico giurato di qualche tempo fa e attivista dell’intenzione pseudo democristiana di riesumare un ‘grande centro’?

Avesse ragione l’“adda passà ’a nuttata” di Eduardo, pazienza, ma con queste premesse altro che una notte deve transitare sul percorso della ripristinata identità della sinistra.

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