Incompatibili compatibilità

Il signor Cencelli se la ride beato. Felicemente pensionato della politica, navigatore di lungo corso in acque inquiete, mosse da correnti in perenne tumulto, riempì il suo manuale di inediti logaritmi per distribuire con minuziosa, quasi maniacale suddivisione ‘pani e pesci’ a famelici invitati della Dc al menù succulento farcito di cariche e incarichi, in proporzione al tasso di consensi ottenuti in sede di elezioni.

Missione impossibile connotare Draghi politicamente e la sua esegesi se ne sta precario sul bilico nebuloso ‘né di destra, né di sinistra’, con la sola variante di consigliere del ministro del Tesoro Goria nel governo Craxi, personaggio non estraneo al ‘cencellismo’. Dai comignoli di Palazzo Chigi, una vaporosa fumata bianca annuncia al popolo ‘abemus vice ministri e sottosegretari. Accade per volontà di Draghi, a ragione stufo di aspettare i ‘comodi’ dei partiti.

Mister Cencelli sarebbe contento al 30% della lista di 39 ‘unti del Signore: i premi hanno rispettato, seppure con qualche approssimazione, la consistenza dei partiti di appartenenza proposta dai sondaggisti. Undici, uno in meno rispetto alle ultime elezioni politiche è dei grillini, 9 della Lega, gratificata per la fulminea, quanto sospetta riconversione ‘democratica’, sei in quota Pd, alla pari con Forza Italia (pareggio che ignora la debacle berlusconiana ed esprime riconoscenza per la sua partecipazione al  ‘tutti insieme appassionatamente’ da cui è stato generato il  neo esecutivo). Così si sdogana il pluri processato ‘cavaliere’ e si distrae dall’attuale stato di profonda depressione. Draghi affida a Gabrielli (unico tecnico) la delicatissima delega ai servizi segreti e non dimentica la campagna pubblicitaria di Tabacci, suo pubblico e reiterato estimatore. Gli riserva un sottosegretariato alla Politica Economica. Zingaretti, pressato da fuoco amico e bordate extra Pd, ‘sacrifica’ cinque dei sei incarchi a favore delle donne e prova a farsi perdonare il discrimine di non aver proposto neppure una ministra. Per acquietare le ‘ire funeste’ di Scarfalotto (Italia Viva) gli s’indora la pillola con la delega al ministero dell’Interno. Bellanova, pasionaria ex tutrice dell’agricoltura, chissà perché è dirottata al dicastero Infrastrutture e Trasporti. Ma ecco un paio di capolavori: Berlusconi (Mediaset e quotidiani) piazza tale Moles (Forza Italia,) sottosegretario all’informazione e all’editoria, perché vigili sui propri affari, incarico scippato al dem Martella. Sisto (altro forzataliota) va alla giustizia, su cui fa molto comodo contare per chi come il ‘cavaliere’ frequenta i tribunali.  Salvini la spunta con la nomina del Leghista all’interno Molteni, acerrimo sostenitore del ‘no’ allo sbarco dei migranti, con il fine di condizionare la ministra ‘nemica’ Lamorgese. Accontenta la Nisini (toh, che colpo: alle politiche sociali). Briciole, si fa per dire anche per il contestatore di Conte Della Vedova (+ Europa) e per Cecilia Guerra (Leu). In verità: Draghi non ha condotto la gestazione dell’esecutivo in piena autonomia, ma chi mai ha pronosticato qualcosa di diverso dallo stato di prigionia politica del neo premier?

In una comoda poltrona di prima fila, il creativo Cencelli si gode lo spettacolo, apprezza l’interpretazione tragicomica del suo storico copione e gli sembra di ringiovanire, lieto nell’osservare in veneranda età che scene e interpreti operano in continuità con il canovaccio dell’‘uno a me, uno a te’ in auge negli anni di Gava, Andreotti, Fanfani e compagnia ‘bella’.

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