Anti-pandemia: Italia in chiaroscuro.

Abbandoniamo in fretta la vituperata condanna per la defaillance antiCovid, del tandem aglo-americano, che abbiamo lungamente ‘sfottuto’ per ‘l’incoscienza cosciente’ del tycoon e il negazionismo parallelo del bizzarro premier britannico. Gli Stati Uniti, sanificati dall’elezione di Biden, marciano spediti sulla retta via dell’immunità di gregge, grazie a una capillare campagna di vaccinazione, agevolata dalla fornitura privilegiata dell’americana Pfizer, e Boris, recuperato alla immunità di massa, imprime velocità da record alla gara mondiale per la sconfitta del coronavirus. Un pizzico di amara ironia endogena si legittima per il confronto del ‘come eravamo bravi’ nella fase uno della pandemia e “mannaggia, non lo siamo quando sarebbe decisivo mettere in angolo il Covid e tirare un lungo liberatorio respiro di sollievo’.  Il nocciolo della questione è la titubante incertezza nell’assumere con coraggio la sentenza degli scienziati più rigorosi nel contrasto al contagio e operare per il tempo necessario a contenerlo con il confinamento totale, sgradito, con qualche ragione, da molte categorie produttive, ma unica strategia per cancellare i periodici ricorsi a zone variamente colorate e danni consistenti. Non è facile decifrare il nodo cruciale del deficit di vaccini, causa primaria del rischio micidiale di una fase tre della pandemia. I grandi produttori mondiali (con l’eccezione di Cina e Russia) tagliano pericolosamente le rispettive forniture e i numeri ridotti di italiani vaccinati è molto lontano dalle quote scientificamente indicate per sconfiggere la pandemia. È tardiva la consapevolezza di puntare all’autonomia produttiva per ovviare al razionamento dei vaccini disponibili. Assunta la decisione di ovviare all’errore, il governo Draghi decide di liberalizzarne la produzione autarchica, affidata ad aziende italiane, che rispondono “presente”. Purtroppo la disponibilità rimane per il momento un generoso ‘sì’: si scopre (ecco i ritardi di previsione) che mancano gli indispensabili bioreattori e per rimediare alla grave mancanza sono necessari tempi lunghi. Una volta acquisiti, ci vorrebbero molti mesi per ottenere la disponibilità di vaccini made in Italy. Scoraggiano le difficoltà, specialmente se confrontate con i primati della Gran Bretagna, dove grazie all’impatto spettacolare con la prevenzione delle forme più gravi della pandemia e l’imponente mole di vaccinazioni, sono crollati i ricoveri per Covid: quattro settimane dopo la prima dose sono diminuiti dell’85 per cento e del 94 per cento rispettivamente per i vaccini Pfizer e AstraZeneca. Tra gli ultraottantenni la riduzione complessiva è dell’81 per cento. L’Inghilterra, com’è noto, ha adottato la strategia di ritardare di tre mesi la seconda iniezione dei vaccini: con quali risultati sull’immunità? I dati indicano che una prima dose impedisce alla maggior parte delle persone di ammalarsi gravemente. Rimane da indagare la trasmissibilità dei contagi dopo una sola dose somministrata, ma globalmente la scelta del sistema sanitario britannico è molto interessante.


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