IL COLOSSO WEBUILD / REALIZZA MAXI DIGHE, FA CROLLARE I PARCHEGGI

Non sanno fare neanche i parcheggi. Ma realizzano dighe & ponti, ospedali & caserme in mezzo mondo.

Protagonista della story è il colosso mattonaro ASTALDI, che ha ‘messo su’ a Napoli l’Ospedale del Mare, finito al centro delle cronache qualche giorno fa per il collasso dell’intera area parcheggio. Solo per un miracolo neanche un morto, vista l’ora estremamente mattutina – erano le 6 e 30 – e solo alcune auto sepolte sotto tonnellate di cemento e terriccio.

Hanno subito diagnosticato gli esperti (sic) dell’Azienda sanitaria locale numero 1 di Napoli, la più grande e ‘sgarrupata’ del Mezzogiorno: “ci sono state troppe piogge nei giorni precedenti, quindi la causa principale sono le infiltrazioni d’acqua”.

Semplice, appunto, come bere un bicchier d’acqua.

 

Il crollo all’Ospedale del Mare di pochi giorni fa

 

PIOGGERELLE & MOZZICONI KILLER

Così come erano stati i mozziconi di sigarette – appena un anno e mezzo fa – ad allagare l’intero nosocomio, il “fiore all’occhiello” della Regione Campania, tanto da essere inaugurato per ben due volte – da guinness dei primati – ossia dall’ex governatore, il berlusconiano Stefano Caldoro, e poi dal suo successore, lo Zar targato PD Vincenzo De Luca.

Una struttura, quindi, nuova di zecca, perché il primo taglio del nastro è del 2015, appena cinque anni fa. E non piuttosto vetusta, come è stato invece sottolineato dai media, sia locali che nazionali, che ne attribuivano il parto addirittura a fine anni ’90, tanto per camuffare meglio le schifezze del ‘nuovo’ griffato Napoli. E, in questo caso, super griffato Astaldi.

A questo punto passiamo ai raggi x la protagonista di tanto sfascio, Astaldi, su cui nell’inchiesta di qualche giorno fa avevamo speso solo poche parole, parlando di “stato di liquidazione”.

La Astaldi story, invece, è molto più complessa e intricata di quanto sembri. Cerchiamo di sintetizzarla per sommi capi.

 

ASTALDI STORY

Una sigla storica nel panorama mattonaro nazionale, Astaldi. Tanti anni di vacche grasse soprattutto sul versante dei lavori pubblici, le grandi infrastrutture in Italia e anche all’estero.

Poi la crisi, per un flop negli ordini e una sempre più forte carenza di liquidità. Le banche cominciano a bussare alla porta, il rosso supera quota due miliardi di euro. A questo punto i soci sono costretti a portare – come si dice ritualmente – i libri in tribunale affinchè venga avviata una procedura di un ‘concordato in continuità’. Che dura per quasi un paio d’anni. Senza che peraltro Astaldi perda la possibilità di aggiudicarsi alcune gare importanti e di proseguire lavori già iniziati.

Tre anni fa cominciano le intense trattative: sia con le banche creditrici che con la Cassa Depositi e Prestiti e con il gruppo Salini-Impregilo, il colosso mattonaro interessato all’acquisto.

Ecco così che il ‘capitale’ perduto va man mano ricostruendosi: con l’immissione di ossigeno bancario per diverse centinaia di milioni di euro.

Un anno e mezzo fa la svolta: la trattativa con il numero uno in Italia, Salini-Impregilo, va in porto. Astaldi viene incorporata.

Fino alla ciliegina finale di appena pochi mesi fa: quando nasce il colosso dei colossi, ‘WEBUILD’ (vale a dire, ‘Noi Costruiamo’), una vera potenza di fuoco capace di presentarsi con le carte in regola per rastrellare appalti in mezzo mondo.

Ecco l’assetto azionario di WEBUILD: il 45 per cento delle azioni è nelle mani del gruppo Salini-Impregilo, il 19 per cento fa capo all’onnipresente Cassa Depositi e Prestiti (con il suo fondo equity), il 25 per cento è capitale flottante (quindi sul mercato borsistico), le restanti quote sono suddivise tra le banche creditrici, che hanno pensato bene di trasformare i vecchi debiti in azioni. Si tratta di Intesa Sanpaolo, con il 5,2 per cento delle quote di Webuild, di Unicredit, con un altro 5,2 per cento, e di Banco BPM con la minuscola quota dello 0,6 per cento.

Un autentico colosso, il cui portafoglio lavori svaria dall’Italia a mezzo mondo (oltre 50 nazioni). A colpi di autostrade, dighe. ospedali, scuole, infrastrutture d’ogni tipo. Per fare solo qualche numero: le dighe in portafoglio sono 257, 7 mila i chilometri di ferrovie in fase di realizzazione, 400 i chilometri di metropolitane, 350 i ponti. A lavorare nel super gruppo oltre 5 mila dipendenti. In soldoni, gli appalti esteri rappresentano il 43 per cento del totale, a fronte di un 37 per cento localizzato a casa nostra.

Cifre da capogiro.

 

LA MAXI STAZIONE USA DI SIGONELLA

Ma facciamo un passo indietro e torniamo ai tempi in cui Astaldi navigava a vista, cercava di tirare avanti e qualsiasi nuovo appalto era una grossa boccata d’ossigeno, soprattutto per essere più presentabili al tavolo delle trattative con banche e il corteggiatore di turno, il gruppo Salini-Impregilo.

Arriva quindi il salvagente di lusso, lanciato nientemeno che dagli americani. Si tratta, infatti, di un maxi appalto per la strategica base a stelle e strisce di Sigonella, in Sicilia. Nel maggio 2018 (e quindi in piena trattativa per il passaggio nell’orbita Salini-Impregilo) arriva l’affidamento dei lavori per realizzare la gigantesca stazione AGS di Sigonella. Un complesso sistema di sorveglianza terrestre che si basa soprattutto sul lavoro dei sempre più sofisticati (e killer) droni, uno dei piatti forti di casa NATO. Nelle cui strategie militari l’avamposto siciliano è stato individuato come ‘main base’ e centro di comando e controllo dei velivoli senza pilota che possono operare dall’Oceano Atlantico al Medio Oriente, dal Baltico fino al Sud Africa.

La base di Sigonella

Scrive il blogger antimilitarista Antonio Mazzeo: “Per l’ambizioso e costosissimo programma dell’Alleanza Atlantica sono in corso imponenti lavori infrastrutturali che cambieranno il volto di Sigonella. In cantiere la realizzazione di 14 edifici in una superficie complessiva di 26.700 metri quadrati, per ospitare centri radio, uffici, caserme, hangar e officine di manutenzione dei droni NATO”. Cinque gli ultimi arrivati: sono i ‘Phoenix’, i “gioielli di morte del complesso militare-industriale statunitense”, le star del nuovo sistema di ‘sorveglianza terrestre’ AGS.

Continua Mazzeo: “Per i lavori a Sigonella che si concluderanno a fine estate 2021, Astaldi ha selezionati diversi sub-contractor italiani. La progettazione e la produzione del sistema strutturale di undici corpi di fabbrica sono andate allo Sterchele Group, cui fanno capo due società, ossia Sterchele spa di Isola Vicentina, e S.D. srl di Monticello Conte”.

E ancora: “Per la progettazione degli impianti elettrici e dei sistemi idrici e antincendio del Centro di comando e controllo dei droni AGS, Astaldi si è affidata invece alla C2G srl di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, società costituita dagli ingegneri Davide e Stefano Calleri”.

 

LE STRAORDINARIE PERFORMANCE DI INTEGRA AGS

Ed eccoci ad un’altra chicca: “Ancora più rilevante – continua Mazzeo – il ruolo assunto da una delle società di consulenza e architettura di edifici e sistemi più nota nel panorama nazionale, Integra AES srl di Roma: ad essa è andata la progettazione generale del nuovo complesso NATO, nonché la direzione dei lavori e il coordinamento della sicurezza. Project director per l’esecuzione delle opere è stato nominato l’ingegner Luca Montesi, odierno presidente del Cda di Integra ed ex presidente della Commissione urbanistica dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma”.

Un’altra super-story, quella di Integra AES: basta scorrere il suo portafoglio di consulenze per rendersene conto. Smisurato, dalle Alpi alle Piramidi, lungo e in largo per il mondo. Tutto a favore di una ‘società di consulenza’ di cui non è facile conoscere il nome degli azionisti.


Mazzeo ne dettaglia le performance sugli scenari di guerra, che sono tra i preferiti. Scorriamo in rapida carrellata.

“Dalla sua creazione nel 2007, Integra AES ha progettato infrastrutture in Europa, Medio Oriente, Asia Centrale e Nord Africa per conto di enti statali, istituzioni finanziarie, agenzie Onu, forze armate e organizzazioni militari”.

“E’ nelle zone più devastate da sanguinosi conflitti che la società capitolina opera maggiormente. In Afghanistan, ad esempio, Integra è presente da oltre un decennio progettando infrastrutture e compound militari, misure di force protection, sistemi di produzione e distribuzione elettrica. Sui progetti realizzati viene mantenuto il massimo riserbo. Nel 2019 sono stati affidati i lavori di potenziamento dei sistemi di controllo video e protezione del quartier generale delle forze di polizia a Kabul”.

Passiamo all’Iraq, dove Integra “opera da quattro anni a supporto delle aziende italiane presenti”; tra l’altro “presso la diga di Mosul situata lungo il fiume Tigri”. A Baghdad, poi “ha potenziato i sistemi di sicurezza di una base militare e progettato i lavori del nuovo centro di addestramento della Polizia irachena, ‘Camp Dablin’, finanziato grazie ai fondi Ue e inaugurato il 9 maggio 2018 dall’allora ministro della Difesa Roberta Pinotti”.


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