L’Italia smarrita di Sandro Abruzzese

– In Mezzogiorno padano e CasaperCasa il Sud (e il Paese) dal vero –

  

Certo, Torre del Greco “non è Manhattan”, e questo lo si sapeva, vicina com’è alla “terra dei fuochi” e all’epicentro di Gomorra. La vera rivelazione, semmai, è che neanche la ricca, civile, progressista Emilia-Romagna può più accreditarsi come la “terra promessa” per i tanti che, di nuovo e silenziosamente, emigrano dal Sud per una vita migliore: “questa non è Hollywood”, sentenzia amaramente Maria, che da Torre del Greco si è trasferita con la famiglia a Parma per assicurare a sua figlia, affetta dalla nascita da una malattia rara, un’assistenza sanitaria adeguata. Senonchè, quello che doveva essere un temporaneo “pellegrinaggio della salute”, da Sud a Nord, è diventato invece un trasferimento definitivo: permanente e senza via d’uscita come la solitudine assoluta con cui Maria è costretta a convivere in quella “immensa e ricca pianura in cui, quando mi sento sola, non resta che andarsene all’iper, a fare la spesa”. Più simile alla depressione strisciante che ad una forma di sognante saudade, questa solitudine amplifica nell’animo della casalinga venuta dall’area vesuviana quel magma di nostalgia, sensi di colpa e rassegnazione di cui è irrimediabilmente prigioniera da ormai vent’anni.

No, non è davvero Hollywood, e non le somiglia neanche lontanamente, quella Padania che da oltre un decennio accoglie (ma sarebbe più corretto dire: ospita) gli attori della nuova e inarrestabile ondata migratoria dalle regioni del Sud Italia: un movimento carsico, inedito nelle sue dinamiche, che ancora oggi i più preferiscono rimuovere, pochi si sforzano di analizzare, quasi nessuno ha raccontato davvero.

Per questo è importante, ricco com’è di qualità letteraria e di coraggio civile, l’esordio narrativo di Sandro Abruzzese, che tre anni fa con Mezzogiorno padano, edito da manifestolibri con prefazione di Vito Teti, ha dato vita ad una sorta di “Spoon River meridiana” dei nostri giorni, intrecciando con uno stile già coinvolgente e maturo storie personali di donne e uomini del Sud, sopravvissuti e resistenti, marginali o migranti. Storie semplici nella loro struttura eppure emblematiche, percorse da un vivo realismo e da una partecipe e a tratti vibrante caratterizzazione dei personaggi: “Queste storie apparentemente separate appaiono un unico romanzo sul dolore del nostro tempo presente. Queste storie, apparentemente fatte di scarti e di frammenti, raccontano le vicende eroiche e drammatiche della normalità, di un mondo di sradicati, di persone in fuga per arrivare in nessun luogo e per accorgersi che il luogo forse, come recitano i versi di Scotellaro, è là dove nasce l’erba nella terra e là dove il seme può spostarsi per trapiantarsi lontano”, scrive nella prefazione Teti, autorevole antropologo e meridionalista, estimatore convinto di Abruzzese (che dalla nativa Grottaminarda si è trasferito da anni a Ferrara), tanto da inserirlo fra le firme della nuova collana che dirige per Rubbettino, “Che ci faccio qui?”, per la sua seconda opera narrativa CasaperCasa, con la quale il giovane docente irpino, blogger e fondatore del progetto “Racconti viandanti” (attraverso cui promuove incontri sul tema dell’erranza) si conferma come una delle voci più interessanti e sincere della nuova narrativa italiana, in grado di cimentarsi con una polifonia di temi, generi e toni.

In apertura Sandro Abruzzese. Qui sopra il suo libro

Se Mezzogiorno padano è infatti una silloge ben articolata di storie e racconti, filtrati dalle voci e dal flusso di memoria dei protagonisti, CasaperCasa è una sorta di odissea esistenziale, con echi joyciani, del protagonista (un insegnante in anno sabbatico dopo un matrimonio fallito) che si svolge tra le strade, le case e l’hinterland di Ferrara, fitta di sensazioni ed incontri a cui l’io narrante cerca di dare un ordine narrativo, costruendo così, come rileva l’estensore della scheda editoriale, “un reportage involontario, ironico e disarmante, di una ricerca di senso condotta con tenacia e leggerezza”.

Il reportage foto-cartografico rappresenta una delle particolarità dell’opera seconda di Abruzzese, oltre alla tenace, progressiva conquista di uno stile sempre più personale ed interiorizzato, senza rinunciare (al contrario, esternandoli quasi con orgogliosa passione) ai richiami e agli apporti linguistici e morali di una solida teoria di buone letture e visioni d’autore.

La Ferrara narrata dal giovane scrittore meridiano non ha più l’opulenza fascinosa e dai risvolti talora torbidi del “romanzo di Ferrara” di Bassani o l’aristocratica eleganza di certi squarci dei film di Antonioni, per citare due tra i suoi figli più illustri, bensì è pienamente partecipe del grigio declino dell’Italia e d’Europa, di cui anche l’ampia e suggestiva appendice fotografica di CasaperCasa sembra restituirci, insieme all’antica bellezza, un retrogusto di spenta grandeur di provincia, di ripiegamento e di vuoto.

«Paese incridibile questo, Alecsandro, tantasorpresa, tanto riccopaese questo, o no? Anche tanto stranopaese di questi cosechecapita in riccopaese, o no? Certi volte questo che sento qui è di paesestrano, molto moltoancora più di che Ucraina sai?», commenta nel suo improbabile italiano Giorgio “Aggiustatutto”, l’immigrato ucraino che diventa compagno di viaggio ed amico del tormentato Ulisse di CasaperCasa, finendo per scoprire una città ed una Italia molto più complesse, tristi e ripiegate in se stesse di quanto lui, e come lui tanti migranti attratti dal “miraggio europeo”, avrebbe potuto mai prevedere. Ma non va meglio, peraltro, a tanti personaggi autoctoni, emigrati dal Sud o residenti “storici”, feriti e confusi da una vita privata e collettiva sempre più povera di umanità e di sorrisi, di relazioni sociali, di antidoti etici e culturali a una sorda, e sempre meno sotterranea, violenza.

Questa non è Hollywood, appunto. E non tornerà ad esserlo, se mai lo è stata. Perché se il futuro appare problematico e incerto, ancor meno senso ha il rifugio nella nostalgia di un recente passato, benchè indubbiamente migliore.

Scrive Abruzzese in una delle pagine più profonde del libro, citando uno dei suoi autori preferiti: “Portami con te, scrive in una poesia dedicata al figlio Attilio il poeta Caproni, e invece sa benissimo che il bello di questo mondo è prendere la propria strada, sperando sia la volta buona, il verso giusto, tentare di inseguirlo”.

Come l’Ulisse che è in ognuno di noi, il più delle volte represso o nascosto in nome di un’esistenza più comoda e sicura. Ma di quelle certezze rassicuranti che hanno come protetto in un involucro di benessere, fino a ieri, Ferrara e l’Emilia e gran parte d’Italia, non vi è traccia nei personaggi di Mezzogiorno padano e di CasaperCasa. Ai quali non resta che affidarsi, in una vita che è sempre più resistenza quotidiana, alle residue risorse di vitalità ed ai barlumi di solidarietà umana e civile che a tratti illuminano la lunga strada, piena di foschia, che li separa dall’approdo alla loro personale e ancor sconosciuta Itaca.


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