Dubbi, perplessità ‘democratiche’

Forse ai limiti, forse oltre le violenze della guerriglia politica in corso nel Paese, Conte e il suo governo giallorosso possono, forse devono dar fuoco alla miccia della mina, che la furbizia di Renzi mostra a ripetizione per tentare l’ardua risalita nel gotha del protagonismo: se si vuole disinnescare il sabotaggio di Italia Viva, teso a  superare l’handicap del minimo consenso ratificato dai sondaggi, l’antidoto è ribaltare la minaccia di crisi, del conseguente ricorso alle elezioni, e vedere l’effetto della minaccia sulle truppe ridotte all’osso dei transfughi dal Pd, per nulla sicuri della rielezione e soprattutto di far parte di un nuovo esecutivo. Sul fronte antagonista, con la grande questione aperta della pandemia, che monopolizza l’attenzione generale, emergono gli storici, strutturali difetti storici della politica. Sostenute da interessi contrastanti, che i partiti interpretano nel ruolo di cinghie di trasmissione, le troppe situazioni di stallo opprimono il decisionismo e provocano paresi, paralisi destrutturanti. Cade in errore, senza colpa, chi è indotto a giudicare aspetti di normale dialettica interpartitica le permanenti difficoltà di decidere. Esemplare è lo stallo che impedisce di usufruire delle risorse europee del Mes e del Recovery Fund, giusto o sbagliato che sia accedervi. Non è meno preoccupante il ricorso a continui protocolli sicurezza anti Covid, in parte farraginosi, a volte contradditori e molto probabilmente condizionati dalla pletora di opinionisti scientifici, che discettano pubblicamente e orientano alternativamente le restrizioni, il loro contrario. Non lo è meno la pressione per ‘aperture’ esercitata dai diktat delle potenti categorie produttive. Sicuramente negativo è il via libera a interpretazioni locali per uscire dal buio della pandemia. Il vaccino: prima agli operatori sanitari, ovvio, poi agli anziani, ai soggetti più esposti per gravi patologie concomitanti, agli over settanta-ottanta, a studenti e insegnanti. Ai bambini, sì o no…? Estrapolato da un contesto generale di incertezze e decisioni ‘anarchiche’, desta stupore e ragionevole ostilità il caso denunciato dai media della Asl 1 di Napoli, che finge di ignorare i criteri di priorità suggeriti dal mondo scientifico e dal governo e decide di procedere alla vaccinazione convocando i candidati in ordine alfabetico, a prescindere da ogni criterio di precedenza. Ma poi, ecco la disomogenea classifica della consegna dei primi quantitativi di vaccino alle Regioni: Lombardia, circa 95mila, Sicilia 55mila, Emilia Romagna oltre 50mila, Lazio e Veneto più di 45mila, Piemonte 40mila, Toscana e Puglia più di 30mila, Liguria oltre 15mila, Calabria 12mila e a decrescere Friuli-Venezia-Giulia, Abruzzo e Molise 9mila, poi Marche, Trentino-Alto Adige, Basilicata e Sardegna. Alla Campania solo 3.500 (???) e in ultima posizione la Valle d’Aosta con meno di mille dosi. Disparità, con quale incomprensibile criterio? L’app immuni funziona e in che misura? La frenetica, labirintica mappa dei giorni di lockdown totale, parziale, colorati di giallo, arancione, rosso, del si può, non si può, sì ma, no mai, i perché del mancato copia-incolla italiano della furbizia tedesca, che ha prenotato milioni di dosi del vaccino oltre alla quota ripartita dalla Ue a ciascuno dei suoi membri, l’incertezza sull’organizzazione delle priorità, ovvero come avverrà la convocazione dei candidati alla vaccinazione e con quale controllo? Perché regalare assi nella manica alla destra, allo smagrito drappello dei “meno male che Silvio c’è”, ai sabotatori della maggioranza, in quota Renzi?

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