Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, infatti, sulla base di un insufficiente rapporto del Consiglio Superiore di Sanità, ha firmato un’Ordinanza che vieta per tre mesi l’allevamenti di visoni, ma i tre mesi, fino a febbraio prossimo, sono quelli durante i quali il normale ciclo di “produzione” dei visoni è di fatto fermo. In pratica è come se si fosse vietata la vendita degli ombrelloni da spiaggia, nei mesi invernali!
E questo nonostante, grazie ad una intensa attività di “indagine amministrativa”, la LAV abbia scoperto e reso pubblico che in Italia, già nel mese di agosto il virus SARS-CoV-2 era entrato in almeno un allevamento in Lombardia, nella provincia di Cremona. Due i campioni positivi rilevati con i test diagnostici condotti dopo che un operatore era risultato malato di Covid-19. (https://www.lav.it/news/
Per tutelare animali e salute pubblica, l’unico provvedimento utile da adottare è il definitivo divieto d’allevamento di visoni, come deciso da decine di Paesi europei già da diversi anni, – ad esempio Regno Unito, Austria e Germania – che quindi non hanno problemi di diffusione del virus da queste strutture, o grandi Paesi produttori come Danimarca e Olanda nei quali sono avvenuti contagi fra i visoni, e fra visoni ed esseri umani, che con i loro Organismi sanitari e veterinari non hanno avuto dubbi nel proporre e mettere in pratica lo stop definitivo a questo tipo di allevamenti.
L’ALLEVAMENTO DEI VISONI E I RISCHI PER LA SALUTE PUBBLICA
Dopo 55 giorni di gestazione, i primi cuccioli nascono tra fine aprile e inizio maggio. L’allevamento termina a dicembre con la soppressione (gas) degli animali per ricavarne la pelliccia.
Sospendere l’attività di allevamento dei visoni nel periodo in cui, di fatto, non ci sarà riproduzione di animali, è solo una operazione di facciata che non ha alcun effetto preventivo per la tutela della salute pubblica. In questi allevamenti continueranno ad esserci visoni e che, come ogni anno, nel mese di marzo (scaduta l’Ordinanza ministeriale) verranno ancora una volta utilizzati come riproduttori. Quindi i visoni riproduttori continueranno ad essere potenzialmente esposti al coronavirus con il rischio di formazione di serbatoi, esattamente come avviene già ora.
Centinaia di persone in almeno 7 Paesi risultano essere state infettate dal coronavirus mutato dai visoni (come già segnalato da una recente ricerca pubblica dal Guardian https://www.lav.it/
Tra agosto e settembre in Danimarca una variante del coronavirus derivato dai visoni e denominata Cluster 5, particolarmente insidiosa al punto da minacciare l’efficacia del vaccino anti-Covid19, è stata sequenziata in almeno 12 persone di età compresa tra i 7 e i 79 anni ed ha indotto il governo danese a disporre l’immediato abbattimento di 17 milioni di visoni di tutti gli oltre 1000 allevamenti presenti, oltre che vietare la detenzione di visoni a qualunque titolo (non solo per finalità di allevamento) per tutto il 2021.
Un rischio, quello della variante Cluster 5, considerato concreto (perché di fatto questa variante è già circolata nella popolazione), ma che addirittura potrebbe ripetersi e anche con mutazioni potenzialmente più pericolose così come confermato non solo dalle autorità sanitarie danesi (Statens Serum Institut, Valutazione del Rischio del 3 novembre) ma anche dall’Olanda (OMT-Z Team di Gestione dei Focolai di Zoonosi, Valutazione del Rischio del 9 novembre) e anche dall’Agenzia europea per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC, Valutazione Rapida del Rischio del 12 novembre https://www.lav.it/
GLI ALLEVAMENTI IN ITALIA
La LAV ha realizzato una mappatura (tramite istanze di accesso agli atti a tutte le Regioni) degli allevamenti di visoni presenti in Italia: attualmente sono attivi 8 allevamenti con oltre 66.000 visoni l’anno.
La Lombardia ha la popolazione più alta di visoni nei 3 allevamenti in provincia di Brescia (Calvagese della Riviera, con 7.000 visoni) e Cremona (Capergnanica 3.500 e Capralba, 26.000).
In Emilia Romagna ci sono 2 strutture a Ravenna (frazione San Marco, 10.000) e Forlì-Cesena (Galeata, 2.500).
In Veneto altri 2 allevamenti a Padova (Villa del Conte, 10.000) e Venezia (Scorzè, 1.000).
Un allevamento anche in Abruzzo in provincia de L’Aquila (Castel di Sangro, 1.500).
Fonte:
Ufficio stampa LAV 3290398535 – 3391742586