America, non ci deludere

Ai più, a torto, non provoca ansia e neppure esagerata curiosità l’elections day del Paese, che per inerzia generalizzata si continua a elogiare come prototipo di democrazia mondiale, ‘passando su’ alle nefandezze di centrale di razzismo, ingiustizia sociale, minaccia nucleare dichiarata per imporre il suo suprematismo economico. Il disinteresse di una consistente quota di italiani per il futuro politico degli States e di gran parte dell’umanità, è figlio dell’idea da ‘piano Marshall’ dell’America ‘amica’, ritenuta garante del contrasto occidentale alla potenza di Russia e Cina. A giudicare dall’inondazione mediatica di news, commenti, interviste, pronostici, opinioni più meno autorevoli di esperti, c’è però ambito parallelo di interesse per l’esito del voto, che potrebbe far rinsavire l’America dell’incoscienza, sgovernata dall’individuo che ne rappresenta il peggio, affidando il ‘restauro’ ai democratici, con la speranza di vedere il ‘così-così’ Biden affiancato, meglio ancora, guidato da uno staff di alta qualità operativa. Per gli addetti ai lavori, giornalisti e uomini della politica consapevoli dell’importanza globale del voto, la disparità dei rispettivi fusi orari prospetta il faticoso impegno di una notte insonne, forse neppure sufficiente a conoscere chi abiterà per i prossimi quattro anni la Casa Bianca. Il voto di Stati chiave dell’Unione, per esempio in Michigan, o Wisconsin probabilmente non sarà noto in tempo utile per assegnare la vittoria all’alba di domattina, sono quasi 100 milioni i voti ‘postali’ da scrutinare. Comunque, gli osservatori più ottimisti ritengono che se la differenza dei  per Biden e Trump non sarà striminzita, aslla fine della nottata si potrebbe ragionevolmente proclamare il nuovo presidente Usa. Primi a chiudere i seggi, all’una di notte, saranno Georgia e Florida (se in questi due Stati prevalesse Biden, la sua vittoria finale sarebbe quasi certa). Idem se il candidato democratico vincesse valesse in Ohio, in Texas. In Pennsylvania, i voti ‘in presenza’ potrebbero favorire Trump, ma l’esito reale della consultazione è condizionato dallo spoglio dei voti postali, in maggioranza attribuiti a Biden. In Iowa e Nevada si preannuncia l’’affermazione del candidato dem. Biden, dicono i sondaggi, dovrebbe spuntarla su Traump farcela se vincesse in Iowa, Michigan, Minnesota, North Dakota, South Dakota e Wisconsin).
Perché non essere indifferenti all’esito dell’Election day americano: l’Europa, è opinione dominante, ha bisogno dell’America, ma l’America ha bisogno dell’Europa? La risposta è forse nell’affermazione di autarchia ultranazionalista di Trump “America first” (prima l’America), che ha alimentato l’antiamericanismo del Vecchio Continente, complice l’atteggiamento di aperta antipatia di Trump. Al tycoon il dramma del degrado ambientale non interessa e che il comparto industriale americano inquini ‘non gliene frega!’, il Covid l’avrebbe sconfitto? dazi sui prodotti europei, e “Pronta un’arma nucleare di sconosciuta potenza”.
Dell’ultima ora: per consolidare il sodalizio con l’America che inquina e ha contribuito alla sua elezione, Trump ha firmato una disposizione che protegge l’industria inquinante petrolifera e del gas.
L’America degli intellettuali, dei personaggi in vista di cinema, musica, sport, è contro Trump. Fra tanti, a un passo dal voto, Julia Roberts, Jenniffer Lawrence (“Non sono più repubblicana, ‘merito’ di Trump”), Michael Keaton (“Non potrei sopravvivere ad altri quattro anni di amministrazione Trump”), Demi Lovato (ha lanciato una canzone che attacca l’inquilino della Casa Bianca), la figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis, ha usato il profilo da 4 milioni di followers per ricordare l’importanza del voto e sentirsi parte di un cambiamento urgente e necessario; Benjamin Fontaine,  modella e attrice molto amata dalla generazione Z, non  nasconde la sua posizione contro l’attuale presidente degli Stati Uniti. Conteranno i loro orientamenti di democratici o avrà la meglio l’America del razzismo suprematista? C’è questo in gioco.

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