L’allegra vacanza dell’evangelico amico di Donald

Che male ha fatto l’umanità perché i due giganti mondiali Usa e Russia impongano al resto della Terra soggetti esecrabili quali sono Trump e Putin. In vista delle elezioni americane per il rinnovo del presidente il National Counterintelligence and Security Center rivela che se la Cina non gradisce la rielezione del tycoon, la Russia manovra contro la candidatura di Biden, come fece al tempo di Hillary Clinton, stavolta con un ventaglio di diffamazioni e l’insinuazione su casi di corruzione in cui sarebbe coinvolto il leader democratico. Intanto, come a voler peggiorare la già compromessa candidatura di Trump, ne spunta una al giorno. Uno dei suoi più accaniti e potenti sostenitori, tale Jerry Falwell, leader degli evangelici, che insieme alle lobby di cattolici ‘sovranisti’ lavorano per presidenze contro progressiste, è nei guai per la sua mania di selfie esibizionisti. Una foto pubblicata su Instagram, di lui in vacanza, lo ritrae su una ‘barca’ lussuosa, in jeans e maglietta nera (ovvio, nera) con la cerniera dei pantaloni aperta e la t-shirt sollevata fino a scoprirgli la pancia. L’istantanea non è proprio consona per la figura di famoso predicatore (oltre che politico e ricco business man). Tra l’altro Falwell, tempo fa venne fotografato mentre se la spassava in un night club.
Senti, senti: dopo 159 anni (quanti ci separano dall’unità d’Italia) di governi che hanno spaccato il Paese e privilegiato il Nord, tra l’altro predatore impunito di risorse del Mezzogiorno, i signori delle regioni ‘coccolate’ protestano, sostengono che la politica del governo Conte discrimina a favore del Sud. E si unisce al coro perfino la maggioranza di governo, nella persona dell’ex segretario Pd Martina.  A lui, il milanese Corriere della Sera dà voce: “Vorrei che si sminasse qualsiasi sentimento anti-settentrionale…” Ma dov’era Martina, dov’era la sinistra quando a discriminare in forme dirette e indirette di razzismo secessionista è stato il Nord?  Il Corriere si tiene sul vago, non chiarisce cosa e come sarebbe penalizzato il Nord, ma una cosa è lapalissiana: non è un caso se il leader della protesta, questa sì antimeridionalista, è il valpadano Salvini.
Tra ingenuità e prosopopea juventina, un big dello staff dirigenziale ha velatamente ‘confessato’ che Sarri, ad Agnelli proprio non andava giù. All’atto dell’esodo di Allegri, deciso a prendersi una lunga vacanza, una specie di anno sabatico, il giovane e rampante presidente del club bianconero, non aveva acquisito tra i dati del nuovo allenatore l’empatia per la sinistra, poi, forse, emersa nel rapporto ‘socialista’ con i giocatori e da supporre non gradita ai ‘comandanti’ dello spogliatoio. Solo per fare qualche nome al despota Ronaldo.  Domanda dell’intervistatore: “Il cambio al timone della squadra è stato dettato da un impulso estemporaneo? Quando è nata l’idea di Pirlo?” I contatti, ha raccontato il dirigente in risposta all’astuta sollecitazione, sono iniziati per tempo, al fine di consentire alla società di sondare emotivamente il prescelto e conoscere la sua consistenza di futuro tecnico, futuro perché vergine nel ruolo di allenatore. Insomma, la decisione di licenziare Sarri è precedente all’esito del campionato e dell’impegno di Champions, del nono tricolore e dell’eliminazione nonostante la vittoria sul Lione. I più sgamati aficionados del pallone avrebbero scommesso la camicia sul ritorno di Allegri e, voilà, Agnelli li ha lasciati basiti, con l’annuncio che la Juve non è affidata a un ‘pirla’ (scusate l’accostamento irriverente) ma al neofita Pirlo. Il tempo dirà se è stato un atto di coraggio o di spericolato azzardo.  Buon futuro, Sarri.

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