GIALLO ORLANDI / LA FAMIGLIA SI OPPONE ALL’ENNESIMA ARCHIVIAZIONE

La famiglia di Emanuela Orlandi di nuovo in campo per opporsi all’archiviazione del giallo sui resti ritrovati nel Cimitero Teutonico, deciso dal tribunale vaticano.

Il legale Laura Sgrò, infatti, ha appena presentato un’istanza al giudice unico della Città del Vaticano.

Con l’istanza si chiede sia che venga ascoltato il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, sia che venga acquisita tutta la documentazione relativa all’attività svolta dall’ufficio vaticano del “Promotore”, compresa una copia integrale dei filmati delle perizie.

Un anno fa venne svolta, in fretta e furia, nell’arco di 48 ore, una perizia sui resti emersi dal Cimitero Teutonico. Esaminati in non si sa bene quale modo e con quale criterio: ora la famiglia chiede che vengano chiarite per filo e per segno le quanto meno anomale modalità nell’esecuzione della rapida perizia.

I resti trovati sono stati poi rinchiusi in una ventina di cassette conservate nei depositi della gendarmeria vaticana.

La famiglia di Emanuela, comunque, ha già deciso di procedere con accertamenti su alcuni frammenti, pur se tale attività risulta molto costosa.

Gli stessi familiari contestano integralmente le motivazioni con le quali l’Ufficio del Promotore di Giustizia (sic) ha chiesto l’archiviazione del caso.

L’avvocato Alessandro Diddi

Scrive l’avvocato Sgrò. “In primo luogo perché, dopo l’apertura del vano sottostante la tomba della principessa Sophie von Holenhle, indicata dalla difesa come luogo che custodiva i resti di Emanuela, è apparso chiaro a tutti che la via più accessibile al vano non era affatto quella praticata dagli operai ma che sarebbe bastato spostare la lastra di marmo posizionata accanto alla tomba per avere immediato accesso”.

E proprio per questo motivo Sgrò chiede una copia della video registrazione delle attività peritali, considerata determinante ai fini della valutazione delle modalità di accesso al vano.

Le conclusioni “non sono condivisibili” – sottolinea Sgrò – neanche sul piano scientifico: “Non è possibile, per l’antropologia forense, escludere ‘nella maniera più categorica’ una datazione, basandosi solo su una analisi ottica dei reperti”.

Da rammentare che da un anno e mezzo il “capo” del tribunale Vaticano è Giuseppe Pignatone: il quale, appena andato in pensione e dopo aver per anni occupato la poltrona bollente di procuratore capo a Roma, ha colto la balla al balzo per andare ad occupare una postazione di altrettanto prestigio.

A sedere sulla seconda poltrona calda, in qualità di super procuratore, è l’avvocato Alessandro Diddi, ex toga di grido del foro capitolino. Uno dei suoi ultimi imputati eccellenti nel processo Mafia Capitale, Salvatore Buzzi, è appena tornato libero come un fringuello.

 

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