Su il sipario

Si rialza il sipario sull’opulento circuito, sul gran circo universale del football, del calcio come si dice dalle nostra parti, e di scena per le prime due serate di gala, sono i quattro protagonisti dello star system intorno a cui volteggiano i bilanci ultramilionari delle leghe con la A maiuscola di Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Russia, Giappone, Italia e parenti prossimi (Portogallo, Grecia, Svizzera, Paesi dell’est ex Urss). Da qualche tempo la ‘grandeur’ del gigante Cina lo ha spinto a intrufolarsi come ricco neofita nel pianeta del cosiddetto ‘mercato’, a ‘importare’ calciatori e allenatori, spesso al termine di gloriose carriere, ma di recente anche giovani di talento, a suon di renminbi, di yuan in quantità allettanti, tanto da rendere accettabile la rivoluzione di trasferirsi in un Paese per molte ragioni ‘alieno’.
L’affollatissimo mondo dei dipendenti dalla droga calcio ha maledettamente sofferto la crisi di astinenza coatta, imposta dalla pandemia del coronavirus, ma poi così tanto? La mancata somministrazione di dosi eccessive di ‘pallonite’ ha provocato crisi, perfino isteriche di chi si è iniettato flebo di sport pedatorio televisivo, radiofonico, cartaceo, costretto dall’infernale tam tam quotidiano dei media. Per capire di che si parla è utile conoscere i dati di vendita dei quotidiani sportivi, le alte percentuali di abbonati che pagano i network quasi esclusivamente perché detentori dei diritti di trasmissione delle partite, l’incredibile chattare con le Tv, grandi e piccole per discettare sulla squadra del cuore. L’Italia dei poeti e dei naviganti deve completare il suo identikit con l’integrazione ‘degli allenatori’, condizione largamente condivisa dai tifosi.  Per altri è stata una pausa liberatoria.
L’incipit della fase 3 del coronavirus consente alcuni comportamenti, grazie a protocolli di sicurezza meno repressivi e coincide con l’ok al calcio giocato, almeno in parte, ovvero a ‘porte chiuse’, senza tifosi sugli spalti. Questa sera Juventus-Milan, a Torino, domani sera Napoli-Inter al San Paolo, semifinali di Coppa Italia. Per gli azzurri non è una prima volta: nel 1987, per la Coppa Campioni, il Napoli di Maradona incontrò il Real Madrid nello stadio interdetto al pubblico.  Il ricordo più vivo che ne ho dalla tribuna stampa: la voce dei portieri, che al rinvio da fondo campo scambiavano informazioni di gioco con gli attaccanti, a distanza di sessanta, settanta metri. Allucinante. Chi ha vissuto in campo l’esperienza sostiene che ad avvantaggiarsene è la squadra in trasferta non condizionata dal tifo dell’avversaria. Non fu così per gli azzurri, sconfitti dagli spagnoli per due a zero.
Insomma si ricomincia, sempre se avrà ragione l’ottimismo di alcuni esperti che escludono la probabilità di una seconda ondata della pandemia. Da domani si riattiva l’operosità della galassia informativa della stampa sportiva e il ritorno al bombardamento quotidiano provocherà una ricaduta dei drogati alla dipendenza. Il danno da overd
ose non è chiaro a tutti. Tra gli effetti collaterali indicati da un ipotetico ‘bugiardino’ ci sono l’obiettiva proprietà del calcio ossessivo di favorire la ‘distrazione di massa’, l’indecenza di quotazioni astronomiche di alcuni calciatori, il bubbone del razzismo di tifoserie violente per infiltrazioni di neofascisti e mafiosi, in casi limite la criminalità del calcio scommesse. Sullo sfondo dominano gli eccessi di campanilismo per squadre che non mettono in campo neppure un giocatore della propria città. Il mito dei Messi, Ronaldo e campioni di pari fama è a sua volta una variante della droga calcio: induce genitori fanatici a puntare sui figli maschi (ma tra non molto anche sulle femmine) perché tentino di emularli e alimentano la prassi indecorosa di contratti a mini calciatori, del colonialismo di talent scout che portano in Italia promettenti ragazzi africani.
Si ricomincia e sgombrato il terreno da critiche, censure, che dire, il calcio, ad alto livello, è sport spettacolare, non a caso capillarmente diffuso nel mondo intero e allora “ben tornato”.

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